Microsoft: prossima fermata, il datacenter virtuale

L’azienda si prepara a fornire un modello di definizione dei sistemi, la virtualizzazione e il partizionamento delle risorse, l’automazione dei servizi e la gestione delle Api e delle soluzioni.

14 febbraio 2003 Mentre tutta Redmond si prepara al lancio di Windows Server 2003, previsto per aprile, gli sviluppatori Microsoft stanno già lavorando alla prossima sfida: il datacenter virtuale. Rivolgendosi a un ristretto gruppo di partecipanti a un tour del nuovo campus californiano di Microsoft, a Mountain View, Bill Veghte, vice president del Windows Server group, ha ribadito di trasformare la questione del datacenter virtuale in una iniziativa chiave per l’intero settore informatico. Da parte sua Microsoft provvederà a fornire un modello di definizione dei sistemi, la virtualizzazione e il partizionamento delle risorse, l’automazione dei servizi e la gestione delle Api e delle soluzioni, ha detto Veghte. «In questo momento stiamo pensando a ciò che Windows Server potrà fare per quanto riguarda l’implementazione e la gestione dei programmi e su come scrivere le applicazioni e come prodotti server quali Exchange o Sql Server potranno sfruttarle». Veghte ha precisato che Microsoft ha compiuto un netto passo avanti con la piattaforma di application serving che sta trainando la sua strategia sui Web services, riconoscendo tuttavia la presenza di un numero significativo di server Unix sul mercato. «Dovremo faticare parecchio per poter sempre interagire con loro – ha ammesso -. Ritengo che l’interoperabilità con Unix sia un obbligo. Non è giusto che le capacità e il livello di innovazione raggiunti vadano sprecati, anche quando le aziende hanno l’opportunità di godere di tutti i vantaggi di Windows Server. Questa funzionalità è inserita nel nostro prodotto Services for Unix».
A proposito del dibattito con i fautori dell’open source, Veghte ha ammesso che Microsoft può apprendere molte cose dai meccanismi di sviluppo “comunitari”. «La trasparenza del modello di sviluppo, le tecniche di cui il movimento open source dispone per il debugging utilizzando direttamente il sorgente… Sono tutte cose che dobbiamo imparare. Come sviluppatori, dobbiamo reimparare a far parte di una comunità più estesa. Non saprei dire quali siano i modelli più giusti per ciascun gruppo, ma dovremmo interagire molto di più. La nostra ambizione resta quella di riuscire a sposare il meglio dei modelli del software commerciale con il meglio dell’approccio comunitario».

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