Home Gestione d'impresa Meg Whitman, HPE: i tre pilastri della trasformazione digitale

Meg Whitman, HPE: i tre pilastri della trasformazione digitale

Nel giro di una ventina di anni quasi tutto quello che ci circonda sarà collegato a Internet e, a seconda di come sarà la vostra dotazione tecnologica, il vostro business potrà morire o riuscirà a sopravvivere”. Così si è espressa Meg Whitman, Ceo di Hewlett Packard Enterprise (HPE), nel suo intervento che ha chiuso l’evento di due giorni in cui la società ha riunito partner e client a Bologna.

Non ha usato mezzi termini la Whitman nel tratteggiare il futuro che ci aspetta e che, soprattutto, attende le aziende. Non è però un futuro a tinte fosche perché la soluzione c’è: saper reagire nel modo più veloce possibile a ogni tipo di cambiamento grazie a una digitalizzazione che sappia fornire gli strumenti adatti per avere sempre risposte in real time.

Un paradigma, secondo le parole della Whitman, che trova riscontro nella nuova strategia di HPE. Dopo essersi liberata degli orpelli che la “rendevano poco agile per soddisfare in modo adeguato le richieste dei clienti” (leggasi computer, stampanti, software e servizi) e aver effettuato una serie di acquisizioni, che hanno permesso di meglio focalizzare il business (tra cui Simplivity, nimblestorage e SGI), l’azienda punta ora su tre elementi fondamentali: “rendere l’It ibrida più semplice, fornire più intelligenza sull’edge e portare competenza anche sui servizi”, ha affermato la Whitman.

L’It è sempre più ibrida

Come riprova della propria asserzione ha citato cifre precise: “Secondo uno studio eseguito da Business Review – ha precisato – il 63% delle aziende intervistate ha dichiarato di voler perseguire una stratega basata sull’It ibrida”. HPE ritiene che in futuro tutte le imprese adotteranno un’It ibrida: “Potrà variare la percentuale di quello che si tiene in casa e di quello che si affida al Web – ha fatto eco alla Whitman Stefano Venturi, amministratore delegato di HPE Italia – ma sicuramente tutti useranno una struttura It che sarà un mix di on-premise e cloud. E con tutta probabilità l’on-premise continuerà a prevalere sul cloud”.

A fronte di questo panorama, HPE ha un obiettivo preciso: favorire l’adozione di un’IT ibrida, tagliata al meglio sulle specifiche esigenze degli utenti.

Meg Whitman e Stefano Venturi
Il Ceo di HPE Meg Whitman e l’amministratore delegato di HPE Italia Stefano venturi

 

 

 

 

 

 

Dal processore alla memoria

Un altro elemento strategico per HPE è la necessità di rendere l’edge più intelligente, dove con edge HPE identifica tutto il mondo al di fuori del data center. “Da una recente ricerca di Idc – ha sottolineato Meg Whitman – emerge che nel 2019 il 43% di tutti i dati ricavati dai dispositivi IoT sarà elaborato nell’edge. Non nel cloud e nemmeno nei data center, ma nell’edge. Perciò rendendo l’edge intelligente possiamo avere informazioni real time e prendere decisioni altrettanto velocemente”.

Un modo per fornire più potenza di calcolo al di fuori del data center potrebbe essere quello proposto dal progetto The Machine su cui sta lavorando HPE. Si tratta di un’innovativa concezione di computer in cui al centro non c’è più il processore bensì la memoria che è utilizzata in grande quantità per potervi archiviare tutti i dati e renderli così sempre disponibili per ogni tipo di elaborazione.

Questa struttura, che prende il nome di in-memory computing, permette di aggirare i colli di bottiglia dovuti al reperimento dei dati nei dispositivi di storage e di dialogo tra memoria e Cpu consentendo di ottenere, in determinate applicazioni, incrementi nella velocità di elaborazione di alcuni ordini di grandezza rispetto ai valori attuali. HPE ha già realizzato un prototipo di macchina per l’in-memory computing con a bordo 160 TB di memoria: la società ha assicurato nelle applicazioni di calcolo finanziarie The Machine può arrivare a incrementi di velocità fino a 8.000 volte rispetto ala velocità attuale.

Fornire più intelligenza all’edge, ha sottolineato la Whitman, non significa però la fine del data center. Tutt’altro, sarà sempre più necessario avere un’unità centrale per il calcolo: infatti, non ci sarà un unico edge, ce ne saranno molti. Nascerà quindi la necessità di centralizzare tutti i dati per poter ottenere l massimo da tutte le informazioni raccolte.

Il ruolo dei servizi

Il terzo punto della strategia della nuova HPE che ha puntualizzato Meg Whitman è stato l’elemento servizi. “La grande domanda – ha detto la Whitman – che sta alla base di un processo di trasformazione digitale è come: come lo inizio? Come posso semplificare il mio attuale environment? Come posso avere più velocità e limitare i rischi?”. Per HPE la risposta a tutti questi interrogativi arriva da Pointnext, mix di consulting e supporto. “I servizi continuano rivestire un ruolo essenziale nella strategia di HPE – ha concluso la Whitman – e Pointnext è un tassello fondamentale per consentire a HPE di fornire assieme ai propri partner il più alto valore possibile ai propri clienti”.

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