Marketplace made in Italy? Questione di aggregazione

La filiale italiana di Cap Gemini Ernest & Young ha un paio di suggerimenti per operare nel mercato business to business di casa nostra. Possibilmente con successo

I portali Internet? Un ponte
di collegamento tra il vissuto tradizionale di un’azienda e il resto del mondo.
Ma se l’argomento di conversazione sono i marketplace di tipo B2B, il cosiddetto
sito-vetrina non basta. Soprattutto in un mercato in cui – come nel caso
dell’Italia – il fenomeno dell’e-commerce non ha ottenuto gli stessi risultati
fatti registrare dagli Stati Uniti o dalla più vicina Inghilterra.
Si tratta
senza dubbio di cose “già viste” e “già dette”, ma Roberto Tavano, vice
president B2B e Supply Chain Service di Cap Gemini Ernest & Young Italia, ne
parla in chiave costruttiva. Secondo Tavano: «Se gli obiettivi ai quali si tende
si chiamano “interesse” e “profitto”, le leve da sfruttare, perché la logica dei
marketplace prenda piede anche nel nostro Paese, si chiamano “aggregazione” e
“collaborazione” tra, e con, i business partner».
Ed ecco allora che casi di
successo come BravoBuild, il primo portale italiano sull’edilizia, Mondus.it di
Seat Pagine Gialle, ItaliaModa.com o Artigianinet.com potrebbero non
rimanere sporadici casi di successo del B2B nostrano.
«Il punto è –
sottolinea Tavano – che da noi le aziende possiedono già un innato senso di
aggregazione. Questo, come in Germania, deriva dal fatto che la maggioranza del
nostro tessuto economico è composto da aziende di medie e piccole dimensioni
portate, per necessità, a dialogare tra di loro. La sfida consiste nell’andare
oltre la connessione a Internet per l’uso della posta elettronica».
Secondo
un’indagine condotta dalla società di ricerca Gartner per conto di un’azienda
internazionale produttrice di sistemi Erp, le difficoltà alla base dello
sviluppo del commercio elettronico di tipo business to business in Italia
sarebbero davvero numerose. Prima fra tutte, l’incapacità, da parte di alcune
realtà, di comprendere appieno le potenzialità offerte dal commercio
elettronico per mezzo della Rete. A corollario, ci sono poi la mancanza di
skill interni, il disinteresse nell’informatizzare le aziende partner, la
difficoltà d’integrare le nuove soluzioni con gli applicativi esistenti e le
preoccupazioni legate ai pagamenti online.
«L’obiettivo in un Paese come il
nostro – ha suggerito Tavano -, deve essere quello di ripensare al modo di fare
business da parte delle aziende che, sempre di più, dovranno saper dialogare con
i cosiddetti abilitatori del business e con le infrastrutture presenti sul
mercato. Solo così il passaggio dai marketplace pubblici a quelli privati potrà
essere attuato. Solo così l’impresa italiana potrà ottimizzare la propria supply
chain e ricavarne benefici funzionali e immediati ritorni sul piano economico e
dell’efficienza».

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