Manifesto della convivenza digitale

La centralità del dato e dei suoi attributi sono una delle matite con cui si ridisegna il mondo digitale. Che però è solo una frazione della Terra.

La tecnologia ridefinisce tutti i concetti, ne deforma alcuni, ne inventa di nuovi, tenta di mandare in oblio altri. Con il mondo digitale, la centralità del dato è assoluta. La globalizzazione delle reti, inoltre, richiede l’accordo tra tutti coloro che vogliono realmente cooperare.
Questo sistema di riferimento è estremamente disomogeneo e va amalgamato. Così come per far dialogare elettroniche bisogna affidarsi agli standard e verificarne la robustezza sul campo, allo stesso modo le norme d’impiego dei dati vanno rese uniformi ed estese a tutti i campi nei quali le si desidera applicare.

Questo editoriale prende sputo dall’odierna relazione del Garante della Privacy. Il discorso pronunciato oggi da Pizzetti potrebbe facilmente diventare un libro: “Il manifesto della civile convivenza digitale”, ovviamente dal punto di vista della privacy. Non sarebbe per nulla difficile sviluppare in 200 pagine i concetti delle 23 pagine lette con eccellente presenza dal Garante.

I tanti rivoli che affluiscono al ricco fiume delle azioni intraprese sono tutti meritevoli di lettura, scorrevoli senza tecnicismi, come sa fare solo chi sa comunicare e vuole farlo. Ma l’attuale stagione che si vive in Italia, sia politica sia amministrativa, è densa d’insidie e trabocchetti. Ecco perché di tanto in tanto Pizzetti si nasconde dietro un cerchio ed una botte, come fa citando la “posta digitale” (p.8), i diritti dei funzionari pubblici (p.7) -che si riferisca agli stipendi messi online da poche ore?-, la stessa videosorveglianza (p. 6).

La stampa generalista s’è soffermata di più su aspetti di maggiore attualità dell’informazione odierna, più che sulle implicazioni sui social network (p.9) o sulla policy dei motori di ricerca (p.20), come abbiamo fatto nella cronaca dell’evento.
Quando si parla di tecnologia, però, commettiamo un errore che riconosciamo solo nelle azioni “imperialiste” degli Stati Uniti, ma che è di tutte le nazioni economicamente rivolte ad occidente: ci dimentichiamo di far parte di una élite, ampia ma minoritaria.
Non è il caso di fare moralismo spicciolo, ma solo di considerare attentamente le implicazioni della globalizzazione digitale.
Molte grandi parole, da “democrazia” ad “internet”, si applicano solo ad una parte popolosa ma piccola del globo terracqueo. C’è una zona di confine, in gran parte identificabile con i popoli islamici, e una parte dimenticata, principalmente gran parte dell’Africa.
Le dinamiche di queste macroaree sono diverse dalla nostra, e si vede anche e soprattutto sui cellulari e su Internet.
Continuo a giocare su questa espressione: Internet è guerra-
Ed essendo collegata ad Internet, anche Privacy è guerra.

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