Ma chi pagherà i costi di smaltimento?

Secondo la normativa Raee, i produttori sono i responsabili dell’onere finanziario Tuttavia si ipotizza una “visible fee”, tassa che, forse, sarà a carico dei consumatori

Luglio/Agosto 2005, Ormai è chiaro che sono i produttori
i veri responsabili di un approccio all’ambiente legato allo sviluppo sostenibile
e che, tuttavia, nonostante i proclami teorici sull’opportunità della
direttiva sui Raee, si dimostrano piuttosto preoccupati. E preoccupati si
sono incontrati all’ultimo convegno promosso da Anie, la
federazione che rappresenta le imprese elettrotecniche ed elettroniche.
Eppure ci sarebbe di che rallegrarsi: secondo Anie, entro il 2008, il business
del riciclo è stimato attorno ai 230 milioni di euro. Ma l’impegno
finanziario che viene richiesto è proprio il mare che divide il “dire
dal fare”.

In ogni caso alle imprese non si chiede di subire l’obiettivo ambientale,
ma di attivare un approccio che intervenga sulle modalità di produzione
da un lato e sul cercare di modificare le abitudini di consumo dall’altro.
In altre parole, sostituire le sostanze chimiche nocive con quelle alternative
e ridurre la quantità di rifiuti prodotti. Come spiega l’avvocato
Ada Lucia De Cesaris, dell’omonimo studio legale: «Le
imprese devono passare da un modello basato sulla produzione e sul consumo
a modelli produttivi che comportano la riduzione dei rifiuti e l’eventuale
riutilizzo e reimpiego dei prodotti. Il produttore deve farsi carico del
problema e raggiungere obiettivi specifici. Per questo sarebbero necessari
contributi finanziari»
. L’avvocato sottolinea, inoltre, che per
la prima volta si introduce l’onere da parte dei produttori di farsi carico
anche dei rifiuti già prodotti (storici).

I vendor ascoltano attenti e cominciano a fare i loro conti. Come pagheremo
tutto ciò? Ricordiamo che la recente normativa si basa sul principio
del “chi inquina paga”, ovvero la responsabilità è del produttore
a livello individuale, per i prodotti immessi dopo il 13 agosto 2005, mentre
per quelli “storici” (precedenti a quella data), la responsabilità
è collettiva e i costi saranno ripartiti tra i produttori in base
alla quota di mercato (calcolata nell’anno solare in cui si verificano questi
costi). Ed è a questo punto che entra in gioco una novità.
Per far fronte agli oneri sullo smaltimento degli “storici”, le aziende
potranno avvalersi della cosiddetta “visible fee”, una tassa destinata allo
smaltimento dei rifiuti storici, pagata dai consumatori sui prodotti nuovi,
acquistati, cioè, in un periodo che va dal 13 agosto 2005 al 13 febbraio
2011.

Non è detto che venga introdotta e non è chiaro come verrà
segnalata. Il che la rende uno dei temi “caldi” di questa normativa. In
un approccio di sviluppo sostenibile i produttori non sono, comunque, gli
unici soggetti chiamati a essere parte attiva, poiché le responsabilità
vengono condivise con la Pubblica amministrazione che si deve preoccupare
della raccolta dei rifiuti degli utenti e dei costi per l’informazione ai
consumatori e i distributori/rivenditori che, a fronte dell’acquisto di
un nuovo prodotto destinato a uso domestico, dovranno impegnarsi a ritirare
gratuitamente e inviare negli appositi centri i prodotti a fine vita. Ma
i produttori restano i soggetti più coinvolti senza i quali risultati
non se ne avranno.

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