L’outsourcing chiama il data center risponde. A tre livelli

L’integrazione tra strutture locali e processi messi a disposizione dai centri di competenza presso gli headquarter, unita ad approcci specifici tagliati sui clienti, rappresenta il filo conduttore per i servizi di Siemens Business Services.

Un mercato in crescita, quello del’outsorucing, che vede i big player in prima linea per colmare le differenze esistenti, a volte particolarmente marcate, a livello regionale. L’Italia continua a rappresentare un mercato potenzialmente interessante, ma ancora sonnecchiante, bisognoso di attenzioni. Attenzioni che Siemens Business Services, non le nega. Al contrario, per i propri servizi, la società prevede l’integrazione tra le strutture locali (local delivery) e i processi messi a disposizione dai centri di competenza presso gli headquarter (global delivery backbone). Anche per lo Stivale, il modello organizzativo si basa su tre livelli: internazionale, regionale e specifico per il cliente.


“L’organizzazione è grosso modo replicata nei vari paesi – ha spiegato Fabio Primerano, responsabile marketing strategico e business development di Siemens Informatica -. Ognuno di questi ha una struttura di delivery, di sviluppo del mercato, di proposal. Per determinate tipologie di servizio, infatti, i clienti, anche per una questione psicologica, preferiscono sapere di poter quasi “toccare con mano”, almeno a livello di country, le infrastrutture di data center.

La struttura orizzontale


A livello generale sono previsti dei data center centralizzati che rispettano le normative di sicurezza e sono certificati da enti governativi, militari e da partner applicativi. La superficie disponibile totale è di 50mila mq, distribuita in 72 sedi. Il 50% è concentrato in Europa (Monaco, Furth, Vienna) e Stati Uniti, che ospitano più di 7mila sistemi attivi, di cui 6mila in ambienti open (Unix/Linux/Nt), e 150 sistemi mainframe. I sistemi di controllo dell’accesso sono basati anche su tecnologie biometriche. La connettività ad alta velocità copre 88 nazioni attraverso la Tns (Telecommunication Network Siemens).


Sono, inoltre, disponibili due Network operation center (Usa ed Europa), un Security operation center e il Virus competence center di Monaco, da dove vengono monitorati e gestiti in tempo reale gli eventi di sicurezza informatica di tutte le reti Siemens e dei clienti. Il cerchio è chiuso dal Customer interaction center, con quattro sedi, per l’erogazione di servizi di help desk multilingua a livello mondiale.

L’Italia si fa in tre


Dal punto di vista strettamente nazionale, Siemens Business Services vanta tre centri (due a Milano e uno ad Avellino) che ospitano infrastrutture di data center, Noc ed help desk e che sono correlati con le infrastrutture internazionali, non ultimo l’help desk in Turchia, Gran Bretagna, Canada, Singapore e Italia stessa.


“I data center possono essere di tipo generalista, come nel caso del sito di via Vipiteno a Milano, oppure sviluppati e governati dando enfasi a determinate tipologie di servizi – ha proseguito Primerano -, come succede per quello campano che è focalizzato sull’Asp”. Il manager pone l’accento sul fatto che il data center non è semplicemente un’infrastruttura fisica ridondata e protetta dove vengono ospitati l’hardware e il software dei clienti bensì un luogo dove vengono costruite, progettate, realizzate e governate apparecchiature sulle quali sono installate le applicazioni. “In realtà di può parlare di veri e propri business center in cui tradizione e innovazione si affiancano – ha continuato Primerano -. Ottimo connubbio delle due cose è il centro milanese di Piazza Trento dove abbiamo creato e strutturato anche applicazioni e sistemi che ben si adattano a seguire una tipologia di mercato verticale come quella delle utility, dando sempre per assodato lo standard qualitativo e di sicurezza”.


I tre hanno in comune dei servizi resi in modo condiviso, tra cui quelli di monitoraggio, help desk e attenzione alle problematiche inerenti virus, “in quanto bisogna fare economia di scala e di scopo, altrimenti il modello economico di un data center non starebbe in piedi”, ha evidenziato il manager. In questo modo, si ottiene l’interrelazione, anche dal punto di vista tecnico e di erogazione del servizio, tra i dc nostrani e quelli all’estero. “Il risultato è che possiamo ottimizzare le strutture di questi servizi, cercando di avere all’interno di ogni country una specializzazione, anche di lingua, e una customizzazione locale ma, dal punto di vista dei contenuti e del know how, mettiamo a fattor comune esperienze e complessità differenti, riuscendo a comprendere e gestire sistemi articolati ed eterogenei, anche nell’ottica di offire dei servizi reali internazionali”.

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