Lo zen e l’arte di manutenere l’It

Racconto semiserio, ma non troppo, fatto in prima persona, su vita quotidiana (e notturna) di un responsabile It, alle prese con budget, tecnologie e filosofia occidentale

Il perfetto It manager lavora anche di notte, specie quando è alle prese con la stesura del budget per le attività del proprio ufficio. Un programma niente male, che fa capire quanto un It manager (o Cio, si dice così adesso, no?) possa essere solo di fronte all’universo dei bit, dei soldi e dei dati da gestire. Logico che cerchi aiuto, magari presso qualcuno che detiene le informazioni. Farebbe comodo anche una ricerca, un’analisi da cui poter partire.


Per esempio, esiste qualche studio, statistica, elucubrazione mentale su cui si evidenzino le spese per il comparto informatico in una Pmi? Chiariamoci: stiamo parlando del rapporto tra fatturato e costo (in percentuale). Un indice che, per come è fatto, penalizza i piccoli imprenditori e le aziende commerciali, dato che a ragionare in termini di costo per postazione si produce sempre una cifra sbagliata: come spiego al direttore generale che ogni utente costa alla società 5.000 euro all’anno? Se dovessi calcolare il Roi per ogni investimento (e non tocchiamo il tasto della pianificazione a lungo termine: in una Pmi non se ne parla) non ne uscirei vivo. Quindi, chi mi può dire se il rapporto tra spesa, dimenisioni dell’azienda e livello di servizio sono ragionevoli?


L’ansia che prende l’It manager in casi come questi, è un generatore automatico di dubbi, anche imbarazzanti, tipo: rischio il posto se compro un server blade? Fortuna che, un po’ perché siamo nell’era di Internet, un po’ perché leggo riviste di settore, riesco a entrare in contatto con chi dovrebbe detenere una conoscenza che potrebbe farmi comodo. Chiedo, quindi, una consulenza disinteressata.


Gli esperti, che analizzano il settore ogni giorno, di fronte alle mie esitazioni, mi fanno pervenire parole di conforto che, più o meno, spiegano come generalmente un’azienda, non necessariamente Pmi, se spende l’1,5% del proprio fatturato in Ict ha fatto più che il suo dovere. È anche vero che un server costa lo stesso per un grande cliente e per uno piccolo (anzi, al grande fanno più sconto). Quindi l’incidenza della spesa It sul fatturato, riducendosi la dimensione d’azienda, è probabile che cresca. Ma è anche vero che più l’azienda è grande e più ne ha bisogno. Insomma, siamo di fronte a un cane che si morde la coda. Ma, ha senso creare un rapporto diretto spesa Ict/fatturato, come se esistesse una chiara relazione causa-effetto? Gli investimenti in Ict servono, ma non bastano a rapportarsi con il fatturato. Esiste la stessa relazione fra l’avere una macchina bella e affidabile e il guidarla male.


Il rapporto, dunque, è piu complesso e deve prevedere il costo dell’Ict per far usare i mezzi alla gente, i risparmi che (se usata bene) fa ottenere, gli ordini che aumentano perché si ha un sistema che funziona.


Insomma, il posto non lo si rischia per aver acquistato un blade, se il blade ti serve, lo si mette in un luogo dove non si surriscalda e lo si fa gestire a gente capace di sfruttarne i benefici.


Risposta gradita, ma, ovviamente, il mio interlocutore non può sapere che nel mio inconscio pretendevo una soluzione precotta, né che azienda è la mia, che tipo di quotidianità vivo. Allora inquadro prima di tutto la società: giovane e dinamica, nel settore del mobile. Sede nel ricco Nordest, votata al cliente, 80 dipendenti e ben 65 pc. Io in quest’azienda ci sto dalla mattina alla sera.


La giornata dell’It manager


Mattina, ore 9.30. Al bravo responsabile It, che non inizia mai prima, è stato chiesto di redigere il budget di spesa per l’anno in corso. Quindi, bisogna raccogliere le carte sparse per i 5 mq di scrivania e sei armadi, stampare vari fogli Excel dimenticati nel server e lanciare query Sql sul database. Estraggo così tutti i costi del mio reparto. E, visto il lavoraccio, meglio scrivere quanto prima un programma per archiviare e tenere sott’occhio i costi.


Pomeriggio, ore 14.00. Raccolti i dati sui costi, iniziano le considerazioni: «Ma quanto si spende!» è la prima. Poi, applicando studi e formule, inizia il calcolo del Tco di ogni singola postazione e, prima o poi, andrà affrontato anche il tema del Roi, col dubbio esistenziale se sia giusto cronometrare i dipendenti per dedurre quanto risparmio il nuovo server possa portare. Applicata la funzione su Excel e fatta la somma si procede al confronto con il fatturato: 2%.


Pomeriggio, ore 17.00. A fronte della spesa preventivata alta, si cercano su Internet dati che possano giustificarla. Appare uno studio di Gartner in base al quale in Usa, nel 2003, il Tco medio di una postazione è di 10.000 dollari. Un altro studio del ministero dell’industria inglese dice che l’80% delle aziende che hanno subìto gravi perdite di dati è fallito nel giro di 18 mesi. Per non parlare degli articoli in cui si afferma che aziende concorrenti spendono. Non sa più cosa pensare….


Dopo cena. La scrittura di documenti di Word e fogli di Excel pieni di numeri e paroloni riempie la serata. A questo punto, il buon It manager passa una notte insonne, rimuginando su spese, richieste del capo, sicurezza, backup, posta elettronica, banda larga, continuità di esercizio. Arriva l’alba e il momento delle conclusioni.


Il solo dato dell’1,5% o i 5.000 euro a postazione hanno poco significato se non confrontati con i servizi erogati e il loro livello di affidabilità. D’altro canto sta nell’abilità politica del responsabile It giocare le sue carte per ottenere l’agognato blade, cercando il Roi di ogni spesa, “rubando”, poi, il risparmio reale o potenziale dai budget degli uffici serviti. In questo modo, la coscienza dell’It manager è a posto. E il blade si può comperare, sperando che il condizionatore della server farm non si guasti proprio la notte seguente.

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