Lo spin off che salva capra cavolo e… azienda

Parliamo di business unit che si sono staccate dalle aziende originarie per farne supporto sia a livello di soluzioni gestionali che tecnologiche. Ma non sempre va bene

Operatori di canale che offrono l’outsourcing ce ne sono. Di fascia, ovviamente, medio alta. Tipicamente system integrator con presenza globale. O con relazioni di business globali che poi è la stessa cosa. Molti di questi sono nati da spin off di aziende, quindi con una specifica competenza tecnologica, ma anche di processi di business.
Ci facciamo aiutare da Claudio Da Rold per ricordare le realtà che hanno seguito questa strada. L’analista vice president di Gartner ricorda «Origin, che prima di fondersi con Atos, uscì da quella che era il bureau d’informatique di Philips. Ma anche Debis, araba fenice della Daimler».

Anche in Italia i casi non mancano: «Elsag da Finmeccanica; Enidata da Eni con un distinguo: Snidata si occupava di applicativo (e forse anche per questo poi è “tornata” in azienda), mentre Eds ha preso in mano la parte infrastrutturale». E ancora ci sarebbe da menzionare lo spin off di Fiat con Its. E sicuramente altri ancora.
Da notare, però, che la bontà delle operazioni si è sempre scontrata con un’incapacità di stare sul «mercato per mancanza di strutture di marketing e commerciali – sono ancora parole di Da Rold -. Piuttosto hanno funzionato molto meglio le joint venture tra cliente e vendor, ma con l’inevitabile destinato che il vendor poi avesse la meglio». Modelli ancora da imitare, facendo lo slalom tra i trabocchetti ormai svelati.

Da outsourcing a multisourcing
Vero è che, quando l’out-sourcing arriva ai piani alti di un’azienda, è fatta. Il più delle volte si esternalizza con l’intento di abbassare i costi. E voi magari perdete un cliente (clientone per lo più). Ma il passato decennio di pratiche di outsourcing può servire anche come monito ai vostri clienti per, magari, convincerli a cambiare strada. Vi proponiamo questa tesi analizzando i consigli che Gartner elargisce ai Cio in merito all’outsourcing. Anzi, meglio al multisourcing che è il meglio delle best practice dell’outsourcing. Sempre Claudio Da Rold è abituato a parlare ai Cio italiani (ai vostri clienti, insomma) e a loro è solito dire: «Se pensate che l’outsourcing sia allocare al di fuori dall’azienda un problema, allora smettetela di usarlo».

Perché questo è uno dei primi miti su cui potete lavorare per sfatare il concorrente che offre outsourcing. Così come è facile dissuadere sul fatto che l’outsourcing sia un’operazione “autonoma” dal resto del contesto aziendale. Figurarsi. Da Rold è chiaro: «È sicuramente una sorta di discontinuità e complessità aggiuntiva, ma alle pratiche di esternalizzazione vanno allineate tutte le strategie aziendali». E poi sgombrate il campo dall’idea che “costi meno” (a meno che non si tratta di acquistare servizi standardizzati, ma siete sicuri che la standardizzazione faccia al caso vostro?).

Perché gli investimenti vanno fatti e rivisti con metodica tempistica, anche rispetto ai continui cambiamenti delle strategie di business della stessa azienda cliente. E poi, evidenziatelo con enfasi, chi può assicurarsi competente nell’outsorcing? «I contratti e le relazioni sono sempre più complesse» fa osservare Da Rold, segno che di Cio con il mal di testa da outsourcing ne ha visti tanti.

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