L’Itu chiama a raccolta i soci per far luce sul “ciclone” VoIp

C’erano 750 delegati al terzo World telecommunication policy forum, organizzato a Ginevra lo scorso marzo dall’Itu (International Telecommunication Union), la “costola” dell’Onu incaricata di guidare e coordinare lo sviluppo delle telecomunicazioni nel …

C’erano 750 delegati al terzo World telecommunication policy forum,
organizzato a Ginevra lo scorso marzo dall’Itu (International Telecommunication Union), la “costola” dell’Onu incaricata di guidare e coordinare lo sviluppo delle telecomunicazioni nel mondo. 15 i ministri delle Tlc, 120 gli stati membri rappresentati (di cui 25 nazioni in via di sviluppo), 100 le aziende private.
Ordine del giorno: l’Ip telephony, definita una “rivoluzione” dagli stessi portavoce dell’evento. La prima constatazione è che se l’Itu decide di indire una sessione plenaria sull’argomento, significa che si aspetta qualcosa di più di un’evoluzione tecnico-architetturale delle centrali telefoniche. Quando l’Information technology, 20 anni fa, iniziò ad abbandonare le piattaforme proprietarie per scoprire i vantaggi dei sistemi aperti, nessuno a livello governativo se ne proccupò. Era una questione da addetti ai lavori.

Non è così, a quanto pare, se la modalità di trasmissione della voce evolve dai circuiti commutati ai pacchetti Ip. Perché, dunque, tanta enfasi su una nuova tecnologia che, alla fine, serve ad avere un servizio vecchio? Ma è davvero necessaria? Inequivocabile la risposta del chairman del forum, Anthony Wong: “L’Ip telephony è un trend non solo emergente ma anche inevitabile per le comunicazioni vocali. I paesi che hanno un atteggiamento scettico dovrebbero piuttosto seguire un approccio più lungimirante, riconoscere che l’Ip telephony ha un impatto positivo nell’evoluzione delle infrastrutture di telecomunicazione e trovare una via per far fronte in modo pragmatico alle difficoltà che potrebbero incontrare”. E aggiunge, lapidario: “Rifiutare quest’idea avrebbe come unico risultato l’allargamento del divario digitale”.
Dalle consultazioni fra i rappresentanti dei governi e delle industrie sono emersi parecchi “paletti” condivisi da tutti, come il fatto che le reti Ip rappresentano una nuova e significativa opportunità per i membri dell’Itu e già costituiscono una parte importante di un mercato emergente, in termini di volume di traffico trasportato e investimenti allocati. Dal punto di vista tecnico, continua il documento ufficiale, le reti Ip realizzeranno la promessa della multimedialità nelle Tlc, diventando la piattaforma di riferimento per le reti convergenti. Grazie a queste reti, inoltre, i prezzi per i consumatori scenderanno, soprattutto per le chiamate internazionali, e le barriere all’entrata per gli operatori diminuiranno. L’Itu si sofferma anche sugli aspetti normativi, sostenendo la necessità di una rivisitazione dello scenario attuale.

Unico vero dilemma, in questo quadro di certezze ampiamente condivise, riguarda i paesi in via di sviluppo. Come reagiranno le fragili economie degli operatori telefonici “tradizionali”? E, soprattutto, dove sono i tecnici in grado di gestire la transizione?

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