L’IT manager alle prese con la filosofia BYOD

Un’analisi sull’It consumerization e sul suo impatto per i CIO,targata Trend Micro, mette in luce come in Italia 4/5 delle imprese consente ai dipendenti di utilizzare in azienda i propri dispositivi personali. Questo ci colloca in cima all’Europa, ma il lavoro per gli IT manger si complica…

Dopo il cloud è sicuramente il tema caldo del momento.
Consumerizzazione, si chiama con un neologismo, anche se chi ama gli acronimi si troverà certo più a suo agio con quel BYOD che negli Stati Uniti, dopo il BYOB e il BYOC che incoraggiano gli invitati a un party a presentarsi muniti di birra e sedie, invita gli utenti a portare in azienda i loro dispositivi personali.
Bring Your Own Device, più che una moda un paradigma, destinato, secondo Gartner a condizionare l’IT nelle imprese almeno per i prossimi dieci anni.

“L’effetto immediato di questa nuova tendenza – spiega Cesare Garlati, Senior Director Consumerization in Trend Micro – è che all’interno delle imprese la fase decisionale spetta sempre meno all’IT pur restando sempre strettamente in carico all’IT, anche tutte le attività di policy management e controllo, da applicare su prodotti e tecnologie sviluppati da aziende che hanno come loro interlocutori principali non le imprese, ma l’utente finale”.
Il fenomeno, comunque, è di quelli ineludibili, tanto che da un’indatine condotta la scorsa primavera da Trend Micro su 600 IT manager di grandi aziende in Germania, Giappone e Stati Uniti, emerge che il BYOD è consentito ormai dal 56% delle imprese.

La percentuale, va da sé, è più importante negli Stati Uniti, dove la possibilità di utilizzare dispositivi personali per attività lavorative viene data nel 75% delle grandi imprese, mentre il Giappone risulta ancora ancorato a un procurement tradizionale, con il 36% di aziende favorevoli al Byod.

“Attenzione però – precisa Garlati – non si tratta semplicemente di dispositivi, ma anche di servizi. Basti pensare, tanto per fare un esempio, a Dropbox. Quando si parla di It consumerisation bisogna prendere in esame tutte quelle componenti che toccano il file system”.

Una “guerra civile” dell’IT
Sul perché di IT consumerisation si parla oggi molto più di quanto non si facesse qualche anno fa, quando comunque il fenomeno era ai suoi albori, Garlati ha una sua convinzione: “Oggi prodotti e servizi sono più affidabili, semplici, intuitivi, facili da usare, perché c’è abbondanza di contenuti e applicazioni e perché entro in azienda figure nuove per età ed esperienze, i digital native”.

Garlati descrive quanto sta accadendo come una sorta di “guerra civile dell’IT”, nella quale gli utenti finiscono di fatto per ribellarsi ai responsabili IT, incaricati di seguire l’intero ciclo di vita del prodotto in azienda, dalla valutazione all’acquisto, fino alla manutenzione e al supporto, troppo spesso ostili e rigidi di fronte alle loro richieste.

“Gli IT manager non possono opporsi al nuovo corso delle cose: non possono fermare il fenomeno già in atto. Meglio, dunque, averne consapevolezza”. E la consapevolezza, secondo Garlati, passa anche dalla disponibilità di supportare i device personali utilizzati in azienda.

Dalla ricerca Trend Micro emerge, dunque, che per un 41% di aziende che non fornisce alcun supporto, c’è un 39% di imprese che lo offre, se pure in forma limitata, e un 20% che addirittura lo offre pieno.
“È un punto nodale – sostiene Garlati – perché molte aziende sono ancora convinte che avere un programma di Bring Your Own Device non implichi l’aiuto alla risoluzione dei problemi degli utenti, perdendo di vista quanto la loro chiusura potrebbe costare di più all’azienda”.

Come cambia il demand management
Le aziende più lungimiranti, tuttavia, affrontano il problema e affidano a dipartimenti specifici l’assistenza dei dispositivi degli utenti. Nella maggior parte dei casi li si affida a chi si occupa di sicurezza, proprio perché le implicazioni maggiori di rischio afferiscono a quest’area, ma c’è chi più pragmaticamente indirizza all’help desk aziendale o a quello specifico dedicato agli endpoint o ai dispositivi mobili.

Gli It manager devono partire da un nuovo paradigma: le reti aziendali seguono gli utenti ovunque essi vanno, i dati sensibili sono memorizzati su dispositivi personali, devono gestire una molteplicità di dispositivi e piattaforme, talvolta privi di tool di gestione per il mondo enterprise.
Non solo.

Pay your own device
Lasciando all’utente individuale la responsabilità dell’acquisto del dispositivo si perdono economie di scala e si crea un aggravio di lavoro per i reparti amministrativi: le spese vive vengono inserite nei rimborsi spese, che implicano costi e lavoro aggiuntivo per essere processate.
I risparmi oggettivi, dunque, sembrano ridotti rispetto a quanto ci si potrebbe in prima battuta aspettare.

In compenso, si evince dalla ricerca, ci si guadagna in agilità e in velocità implementativa, con tempi decisamente più rapidi rispetto ai 12-18 mesi normalmente necessari per introdurre nuove tecnologie all’interno delle imprese, con tutti i vantaggi connessi all’adozione di stili di lavoro virtuali, all’aumento di produttività, alla possibilità di attrarre nuovi talenti, soprattutto tra le generazioni più giovani.

Sono cambiamenti che l’IT manager non può, dunque, rifiutare. Ecco perché, secondo Garlati, l’approccio ottimale è “abbracciare”. Accogliere, dunque, i cambiamenti, purché con una strategia chiara.
“È importante che si crei un piano nel quale siano coinvolte le linee di business, gli early adopter, tenendo ben presente che questo questo nuovo paradigma ha un forte impatto sulla struttura delle risorse umane”.
Non solo.

Il ruolo dell’IT non cessa, si complica
Se è vero che l’IT consumerization assegna all’IT manager un ruolo più morbido rispetto al passato, questo non significa che questi debba dire di sì a qualsiasi richiesta dell’utente: “È compito dell’IT manager definire quali tecnologie sono supportate, tollerate o proibite, profilare gli utenti in base al ruolo, alle linee di business e alla location, mappare le tecnologie in base ai profili utenti”. Ed è sempre compito suo sviluppare una infrastruttura di classe enterprise, nella quale siano prese in giusta considerazione sicurezza, anche mobile, compliance, mobile antimalware, data protection, mobile device management, provisioning, reporting, rafforzamento delle policy, controllo dei costi, supporto.
“Soprattutto, l’IT manager deve smettere di pensare in termini di uno standard aziendale, per spostarsi verso tanti standard coesistenti, mappando tutte le tecnologie presenti in azienda, il personale dei gruppi e per responsabilità, arrivando a definire quale approccio sarà ottimale per ciascuno di essi”.

L’Italia guida l’Europa
In un’ulteriore ricerca, condotta nel mese di ottobre, Trend Micro ha ristretto ulteriormente il focus, analizzando quale è la situazione specifica in Europa e, ancor di più, in Italia.
Così, da un campione giocoforza diverso da quello utilizzato nel primo studio, emerge che in Italia nel 59% delle imprese è consentito utilizzare dispositivi personali. Una percentuale invidiabile, che pone il nostro Paese in seconda posizione nella classifica generale, alle spalle della sola Olanda.
L’indagine non entra nel dettaglio delle motivazioni, ragion per cui non è dato di sapere se il buon piazzamento dell’Italia sia dovuto a lungimiranza, oppure a scelte dettate dalla volontà aggirare budget ristretti ed eccessive burocrazie.
Positivo, però, è il fatto che circa il 70% delle imprese italiane garantisca supporto ai dipendenti che utilizzano i loro dispositivi personali.
Ed è comunque un buon inizio.

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