L’It italiana va in Cina

Gli esempi di Esa, Microarea e Cezanne dimostrano che l’Oriente può essere una grande opportunità

Non è grande come dimensioni, magari non è molto conosciuta fuori dal mondo
It, eppure esiste anche un’Italia tecnologica che va all’estero
e che non ha paura di misurarsi con la Cina. Dopo gli acquisti oltre frontiera
di distributori come Itway e recentemente Esprinet anche altre aziende,
Software house che operano nel campo dei gestionali stanno
cercando nuove opportunità di business fuori dai confini nazionali.



L’ultima in ordine di tempo è stata
Esa

che ha tradotto il suo Erp Si5 in cinese. La Cina è solo l’ultima tappa di un’espansione internazionale che vede la software house di Rimini presente in 25 Paesi con l’Erp tradotto in 11 lingue. Nord e Sud America, in Europa, Asia, nel Nord Africa nella parte francofona, e anche in Turchia, visto che un cliente italiano che ha aperto a Istanbul ha voluto portarsi dietro il suo Erp.
”Il progetto cinese – spiega il presidente di Esa Antonello Morina –
nasce per seguire la Bitron, un gruppo molto importante, presente in tutto il
mondo. Dal momento che la nostra vocazione è quella di seguire i clienti
in tutte le loro attività di delocalizzazione
, quando Bitron si è spostata in Cina e ha dovuto operare con una manovalanza locale, ci ha chiesto di tradurre il software”
.



Lo sbarco potrebbe anche tradursi nell’apertura di
un ufficio cinese, anche se la decisione non è ancora stata presa. Ma quali sono
state le difficoltà principali della traduzione? “Ci sono state molte
difficoltà da superare
– risponde Morina – derivate dalla diversità del
contesto in cui si opera. Il costo è stato abbastanza elevato e in questo
porting piuttosto complesso abbiamo avuto la collaborazione di Ibm
America
, in particolare l’ufficio di New York, perché il cinese è una
lingua particolare che richiede logiche diverse anche nelle
trascodifiche”
. Per tradurre il
software ci sono voluti otto mesi di lavoro
– spiega Giancarlo Fabbri, responsabile del progetto in Esa – da un lato è
stato semplice, perché non era la prima volta che lo traducevamo, per cui aveva
già tutta l’intelaiatura per la traduzione. Dall’altra parte è stato complesso
perché era il primo linguaggio di tipo orientale che affrontavamo: infatti con
gli ideogrammi ci troviamo davanti al problema di caratteri che
non occupano più un byte ma due . Questo cambia concettualmente tutte le strutture di base dell’applicativo”
.




“La traduzione – prosegue Fabbri – non è stata semplice, perché, per
esempio, in cinese non esiste il concetto di abbreviazione, che
noi usiamo anche per indicare le unità di misura. Tutto questo ha richiesto di
reimpostare completamente alcune stampe e videate per rendere il tutto
comprensibile. Il risultato ottenuto è stato però apprezzato a livello locale:
in questa prima fase abbiamo fatto un’installazione mista, per cui oggi per la
stessa applicazione viene usata sia l’inglese sia il cinese, in modo da aiutare
soprattutto i tecnici stranieri che sono andati localmente ad avviare la
produzione con i colleghi cinesi, e per avere anche la possibilità di
affinare certi termini gergali legati alla produzione, che non sono stati completamente centrati nella traduzione”
.



Esa però non è l’unica società ad avventurarsi nella
traduzione dall’italiano in qualche lingua orientale. Anche Cézanne
Software
, società specializzata in soluzioni per la gestione delle
risorse umane, è recentemente approdata in Thailandia mediante una partnership
con Humanica, società ex Pwc, che venderà i prodotti Cézanne tradotti in lingua
thai. Nell’elenco rientra anche Microarea che nel giugno di
quest’anno ha annunciato una joint venture con il gruppo cinese New World. La
nuova società guiderà dalle sedi di Pechino e di Hong Kong le strategie di
business sviluppate per diffondere nel mercato asiatico OfficePass, il brand con
il quale Microarea commercializzerà, dal giugno del 2005, la propria
piattaforma Erp sul mercato cinese, orientandosi in particolare
verso il segmento delle piccole e medie imprese.

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