La libertà nel cloud è un valore irrinunciabile

Open cloud è uno dei concetti ricorrenti quando si parla di tecnologia applicata al business. Ma cosa vuol dire in pratica?

Semplice, le aziende dovrebbero avere libertà di selezionare i propri fornitori cloud, poterli cambiare o utilizzare applicazioni di diversi provider, nonché scegliere dove archiviare i propri dati.

Quattro elementi fondamentali da considerare

Primo punto cruciale per un cloud “aperto” è la reversibilità. Si può facilmente decidere di cambiare cloud? In quanto tempo? Bisogna ricreare l’infrastruttura da zero? È possibile esportare le applicazioni da un fornitore cloud a un altro?

Poi c’è l’interoperabilità: le scelte tecnologiche di oggi sono limitanti in futuro, se si decide ad esempio di integrare altri servizi applicativi? È possibile far comunicare tra loro componenti da fornitori diversi, continuando a usare sistemi legacy?

Terzo aspetto importante è la protezione dei dati. Il cliente deve poter scegliere dove archiviarli ed essere informato sul quadro giuridico a cui saranno soggetti. Il cloud è troppo strategico, ed è fondamentale non correre rischi quando si tratta di protezione dei dati. L’Europa è all’avanguardia in tal senso, e lo si è visto con il GDPR in vigore da maggio 2018. Altre leggi europee sono in fase di elaborazione e stanno confermando la particolare attenzione al tema della protezione.

Un quarto aspetto importante è il rispetto della proprietà intellettuale e dei diritti sugli algoritmi utilizzati nell’intelligenza artificiale. Oggi la risposta è semplice: nulla può essere recuperato, occorre ricominciare da zero. Per questo OVH sta lavorando a offerte “open” per intelligenza artificiale, che consentiranno di mantenere i diritti di proprietà intellettuale sul proprio lavoro e investimento.

I vantaggi di un Open Cloud

Serve quindi puntare sull’apertura. Il cloud è di per sé un approccio che semplifica la condivisione delle risorse, ma i vari vendor lo declinano in versioni diverse. Questo può portare alla creazione di “isole”, perfettamente funzionali in sé, ma incapaci di comunicare tra loro. Senza considerare la portabilità. Sono temi che possono essere affrontati con successo solo ricorrendo alla massima apertura e adottando standard condivisi.

Essere “open” non vuol dire solo adottare tecnologie open source, come del resto OVH fa da sempre. Ma anche rispettare gli standard di mercato ed essere pronti al confronto e alla collaborazione con concorrenti e partner, a tutto vantaggio dei clienti finali e con l’obiettivo ultimo di supportare i decisori europei a elaborare un quadro normativo adeguato, in grado di promuovere business e innovazione.

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