Liberalizzazione dei domini: la battaglia è tra Amazon e Google

Quasi 2.000 le richieste di domini di primo livello pervenute all’Icann. Se Google e Amazon depositano rispettivamente 76 e 101 domande, Apple e Ibm si attengo alla sobrietà, richiedendo solo il dominio del proprio nome aziendale.

L’iniziativa promossa dall’ICANN ha riscosso un
successo planetario. L’ente che – tra i numerosi incarichi correlati
alla rete Internet – provvede ad assegnare indirizzi IP ed a svolgere
un’attività di gestione dei nomi a dominio di primo livello (TLD; top level domains)
ha recentemente approvato l’introduzione di nuove denominazioni che
possono essere adesso scelte arbitrariamente dalle società interessate. A
fronte di un esborso economico piuttosto oneroso (probabilmente 180.000
dollari per ogni singolo dominio di primo livello), qualunque azienda
può diventare autorizzata ad utilizzare un TLD “di fantasia”.
Ciò significa che oltre ai ccTLD (i domini di primo livello che contraddistinguono le singole nazioni; ad esempio, .it, .fr, .de, .gr e così via) e ai nomi a dominio generici (gTLD), sempre di primo livello, quali .com, .net, .org, .gov, .biz, l’ICANN ha cominciato ad accettare le richieste di registrazione provenienti da singole imprese operanti su scala globale.

Si
tratta di una vera e propria “liberalizzazione” dei nomi a dominio di
primo livello che, a giudicare dal numero di domande avanzate all’ICANN,
porterà nelle casse dell’ente californiano un vero e proprio fiume di
denaro.
La lista dei richiedenti che contempla, per ciascuno di essi,
anche le denominazioni d’interesse è stata resa pubblica proprio
quest’oggi ed è consultabile a questo indirizzo.
Sono ben 1.930 le domande complessivamente presentate all’ICANN: a partire dal 2013, quindi, i 22 gTLD potrebbero essere destinati a diventare centinaia se non migliaia in più.

La
pubblicazione dell’elenco reso noto nella giornata odierna, spiegano i
responsabili dell’ICANN, rappresenta solamente un primo passo. Com’è
facile evincere scorrendo la lista, sono diversi i conflitti tra aziende
(più società che hanno richiesto per sé la medesima denominazione):
l’ICANN dovrà esaminarli uno per uno e decidere se e a chi accordare
l’assegnazione del nome di primo livello.

Amazon è stata una delle società più attive richiedendo per sé ben 76 nomi. Alcuni di essi parlano da soli: .cloud, .app e .dev. Ben 101 TLD sono stati richiesti da Charleston Road Registry che dovrebbe avere agito facendo le veci di Google. Sono infatti moltissimi i TLD che ricalcano i nomi di famosi servizi gestiti dal colosso di Mountain View: .goog, .google, .youtube, .gmail, .android. Nel “portafoglio” composto da Charleston Road Registry spiccano però anche denominazioni di uso piuttosto comune quali .baby, .blog, .buy, .boo, .lol, .fly, .free, .game e molte altre ancora.

Microsoft ha chiesto per sé .azure, .docs (conteso con Google), .bing, .hotmail, .live, .microsoft, .office, .skydrive, .skype, .windows e .xbox.
Apple ed IBM sembrano aver invece snobbato l’iniziativa ICANN richiedendo, rispettivamente, solo i domini .apple e .ibm.

Fra
le aziende con sede in Italia, si leggono i nomi di Fiat, BNL, Hotel
Cipriani, Aruba (il provider aretino ha richiesto il TLD .cloud, come Amazon, Symantec e Google, tra gli altri), Gucci, Lamborghini e Praxi.

L’iter
di esame di ogni singola richiesta avrà inizio nel corso del mese di
luglio in modo tale che con il nuovo anno le società aventi diritto
possano cominciare a sfruttare le nuove denominazioni. L’ICANN non
soltanto verificherà l’opportunità di concedere l’uso di un dominio di
primo livello ma controllerà se il richiedente dispone
dell’infrastruttura tecnica necessaria per amministrarlo adeguatamente.
Una volta che si accenderà il semaforo verde, il TLD “inedito” verrà
aggiunto nelle tabelle dei DNS root.

Attivissimo il Nord
America con 911 richieste. A seguire Europa con 675 domande, Asia con
303, America Latina con 24 ed Africa con 17.

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