Le piccole imprese guidano la classifica dell’euroritardo

Circa la metà delle società con meno di 50 addetti non sarà in grado di compiere la transazione in tempo utile. Oltre a correre rischi di natura legale, l’azienda può trovarsi impossibilitata a proseguire le attività quotidiane e, nel caso peggiore, essere espulsa dalla comunità di business

Agire per tempo e non trascurare i dettagli è il segreto di ogni
buona preparazione. Ciò che molte aziende sembrano aver
dimenticato, se è vero che all’indomani dell’introduzione dell’euro, il 1°
gennaio prossimo, una buona metà delle piccole e medie imprese non avrà ancora
portato a termine il processo di conversione. Non avrà, cioè, completato
l’allineamento dei sistemi contabili e di gestione finanziaria, nè la revisione
delle politiche dei prezzi e delle strategie di marketing; e non avrà provveduto
ad apportare le necessarie modifiche alle infrastrutture di It. Stando a una
recente rilevazione condotta dalla società Dun & Bradstreet, le Pmi, e in
particolare quelle con meno di 50 addetti, accusano i maggiori ritardi e non si
attendono di condurre a termine la conversione dei sistemi amministrativi e
contabili sino al primo trimestre 2002. Il 4% del campione intervistato (500
aziende in Italia, Belgio, Francia, Germania e Olanda) è certo che non sarà in
grado di concludere la transizione in tempo utile, una percentuale pressoché
analoga dichiara di non avere nemmeno avviato il piano di conversione e il 16%
esprime forti dubbi sulla capacità di centrare l’obiettivo. Per quasi un quarto
delle aziende interpellate, insomma, si prospettano guai sicuri all’inizio del
prossimo anno sul fronte dei flussi di cassa. E non solo. «Alle inevitabili difficoltà di fatturare e contabilizzare – dice Fabrizio La Sala, senior marketing consultant di Jd Edwards – si aggiungono i rischi civili e penali per
gli amministratori delle società, responsabili ai sensi della normativa per
eventuali errori nelle scritture e per il mantenimento di sistemi contabili divenuti illegali
». E pure nei confronti di terzi (proprietari, azionisti,
creditori) per le eventuali perdite causate dalla mancata
preparazione.

Complicazioni da evitare
È
evidente che mantenere le registrazioni in lire e ricevere listini,
fatture
ed effetti in euro può portare non solo a errori ma anche
aprire l’azienda
alle frodi e alla perdita del controllo finanziario.
Parimenti, in presenza
di sistemi contabili in lire laddove i prezzi
e i servizi siano espressi in
euro, anche le attività di business
rischiano di complicarsi. L’azienda che
non abbia compiuto la
conversione farà fatica a riconciliare le scritture in
valuta
nazionale con i pagamenti verso i creditori, con ciò che i creditori

dicono di aver ricevuto e con il denaro proveniente dai propri
debitori.
Le banche, infatti, eseguiranno sempre la conversione e
finché l’azienda non
disporrà di un sistema allineato, difficilmente
sarà in grado di
venire a capo delle differenze negli arrotondamenti. All’indomani del 31
dicembre, quando tutti i pagamenti dovranno essere fatti nella nuova unità di
conto (eccetto spiccioli e banconote fino al 28 febbraio), essa vedrà bloccata
la propria operatività, a meno che non abbia la capacità di riutilizzare i
sistemi It esistenti o di procedere manualmente.
Quanto ai rapporti col
fisco, consegnare dichiarazioni che non
rispettano i requisiti di legge
significa doverle ripresentare, e
rischiare così di incorrere nelle
penalità previste per i ritardatari. «Ecco perché attendere le ultime settimane
del 2001 per
procedere
alla conversione è per l’azienda un pericoloso azzardo. Ed ecco i motivi per cui l’intero front office
– aggiunge La Sala –dev’essere assolutamente garantito. Chi si trovi in zona
Cesarini deve attivarsi perché tutto quanto interessa i rapporti con l’esterno o
riguarda i dipendenti risulti allineato al più presto. Priorità assoluta,
dunque, alla fatturazione attiva e passiva e alle posizioni debitorie
».
Sempre secondo quanto rilevato da Dun & Bradstreet, il
numero delle imprese che hanno iniziato a emettere in euro o in doppia valuta la
maggioranza delle fatture non va oltre il 48% del campione osservato. La
tendenza a rimandare alla fine dell’anno il vero e proprio passaggio all’euro è
confermata dalle dichiarazioni del 63% degli interpellati in base alle quali
l’adeguamento effettivo dei sistemi contabili e il passaggio alla fatturazione nella sola divisa
comunitaria
non sono previsti prima del 2002. Un’altra pesante
ricaduta per quanti non
siano pronti alla scadenza riguarda la
posizione
competitiva. Il vantaggio di un tempestivo allineamento si sostanzia anche nell’opportunità di
calibrare le politiche di prezzo
che una conversione frettolosa potrebbe rendere
controproducenti. Basti pensare a quanti operano in mercati altamente
concorrenziali e con margini risicati, magari su prodotti di basso prezzo che
necessitano di lavorare sulle quantità. Una conversione inadeguata può causare
danni notevoli. Tra gli ulteriori rischi per i ritardatari va segnalata, infine,
la possibilità di non trovare aiuto dalle società di consulenza e dei fornitori
di It, incapaci di rendere disponibili le risorse necessarie a fronteggiare il
pur prevedibile picco di richieste dell’ultimo periodo. 

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