Le mosse consigliate per il riposizionamento della professione

L’outplacement, inteso come attività di ricollocamento del dipendente, sia internamente all’azienda che sul libero mercato, può avvalersi della consulenza di società specializzate in queste problematiche. Per il lavoratore è l’occasione per sviluppare nuove competenze.

Al momento congiunturale economico si è aggiunto il panico da terrorismo legato ai fatti dell’11 settembre per cui oggi i mercati stanno reagendo con una pausa di riflessione. A detta degli esperti, la collettività industriale per il momento cerca di evitare progetti che superano il semestre e a concentrare le proprie strategie nella ristrutturazione verticale e orizzontale delle risorse interne.


"Appiattimenti e riduzioni: il management tende a semplificare le sue strutture, trasformando il modello gerarchico delle deleghe in un modello funzionale per il processo – dice Gianfranco Quadrio, presidente Aiso, l’Associazione Italiana Società di Outplacement –. Riduzione, quindi, dei costi fissi, che vengono sempre di più trasformarti in variabili: ciò avviene trasferendo le lavorazioni-strutture non strategiche all’esterno dell’impresa. Nel campo delle risorse umane, viene diminuito il numero dei dipendenti e premiata la flessibilità e la selezione delle competenze non più in funzione del ruolo. Si tratta di un sovvertimento della tradizione, che privilegiava una cultura della conservazione del posto".


Il panorama economico, però, secondo il presidente dell’Aiso sta cambiando: "Già nella finanziaria di due anni fa compariva un’attenzione normativa alle attività di accesso all’impiego relativamente al ricollocamento. Nell’ultimo libro bianco emesso dal governo, viene istituita una definizione di fondo: le aziende hanno il diritto e la necessità di riorganizzare il personale per mantenere l’occupabilità delle persone e la loro impiegabilità".


La risorsa umana in azienda ha una vita sostanzialmente caratterizzata da tre fasi: l’entrata, la permanenza e l’uscita. Mentre le prime due fasi sono improntate a una filosofia positiva e costruttiva, l’ultima è caratterizzata generalmente da negatività e anche disinteresse verso la risorsa, una volta chiusosi il rapporto.

Il supporto di specialisti


L’outplacement (Otp), in quanto attività di reinserimento e riorientamento professionale attraverso aiuti finalizzati che comprendono supporti logistici, metodologici e psicologici a carico dell’azienda, tramite organizzazioni specializzate, indirizzate su quei soggetti la cui attività non è più ritenuta funzionale alle strategie aziendali, costituisce la strada per ingegnerizzare il processo di uscita. Per l’ex-dipendente può diventare l’occasione di sviluppare nuove capacità e investire nelle proprie aspirazioni, mentre per le aziende può costituire una risposta alla necessità di investire in nuove risorse.


A proporre questa soluzione esistono anche in Italia diverse organizzazioni consulting specializzate, operanti al Nord e al Sud e che si rivolgono principalmente alle aziende, più che ai singoli individui, mettendo a disposizione, oltre al proprio personale qualificato e certificato e ai propri contatti, anche delle strutture come, per esempio, stanze-ufficio attrezzate di computer, telefono e fax. Considerando i costi di buona uscita, che per i dirigenti italiani è tra i più alti del mondo, è chiaro che un progetto di Otp può diventare un’ottima soluzione per tutte le parti in causa.


Riqualificare il discorso di conversione, inoltre, significa esorcizzare la paura di diffondere la notizia del proprio licenziamento, primo ostacolo evidenziato dagli analisti nella ricerca di un nuovo posto di lavoro. La cosa più importante è avere un diverso atteggiamento nel considerare la propria attività professionale, vissuta come una scelta che deve essere proattiva, al passo con l’evoluzione dell’azienda e delle tecnologie, suscettibile di miglioramenti e ulteriori sviluppi.

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