Le Apps per iPhone rendono a pochi

Per metà delle apps il payback time è di 11 anni, ma l’in-apps purchasing potrebbe accelerare il fenomeno: due rapporti a confronto.

“Sviluppatori, inserite l’in-app purchasing nelle vostre applicazioni!”, ha suggerito Vincent Hoogsteder, Ceo della società di analisi Distimo, durante la manifestazione dedicata alle Apps del Gsm Forum edizione asiatica appena tenuta a Hong Kong.
I dati di Hoogsteder mostrano che solo il 2 per cento di tutte le applicazioni disponibili su iPhone offrono la funzione acquisti in-app, ma che queste applicazioni generano il 26 per cento delle entrate. Come dire che il 98% delle apps genera il 74% delle entrate: la differenza di redditività è di 20 volte.

Ma nell’era di Internet il 2% raccoglie le eccezioni e non la regola, e la coda lunga potrebbe essere un’idea sbagliata, per quanto accattivante.
In effetti, guardando i dati più in generale, e contrariamente all’opinione popolare, lo sviluppo di applicazioni per piattaforme high-end come Apple non significa easy money, anzi tutt’altro.
Ad oggi, mentre il business mobile apps è stato valutato 1 miliardo di dollari, la messaggistica mobile raccoglie 150 miliardi e i servizi mobili a valore aggiunto altri 100 miliardi di dollari.
Tomi Ahonen, consulente ed esperto in strategie per la mobilità, ha presentato un’analisi dei dati relativi, valutando che l’iPhone oggi rappresenti solo il 2 per cento degli utenti mobili del mondo e valutando che la metà di tutte le applicazioni a pagamento su App Store otterranno meno di un migliaio di download all’anno. Assumendo un prezzo medio di 1,6 euro, “per chiudere in pareggio, uno di questi sviluppatori dovrebbe aspettare 11 anni”, ha detto Ahonen; “in queste condizioni, solo l’1% dei prodotti nell’App Store fa soldi“.

Seguendo il consiglio di Hoogsteder, probabilmente, le percentuali di successo cambierebbero, almeno inizialmente.

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