Lavoro remoto: nove italiani su dieci sono favorevoli

Lo stabilisce una ricerca di Dynamic Markets. Le comunicazioni unificate danno una grossa mano ad aziende e lavoratori. E sono anche uno strumento per combattere la “fuga di cervelli”

Secondo i risultati di uno studio incentrato sull’opinione delle aziende e dei dipendenti verso il telelavoro, condotto da Dynamic Markets (e commissionato da Avaya) in sei paesi europei (Francia, Germania, Italia, Russia, Spagna e Regno Unito), il 91% dei dipendenti italiani ha affermato di voler disporre dei benefici offerti dalle tecnologie e dalle policy del telelavoro. Oltre un terzo (38%), poi, la più alta percentuale in Europa, ha confermato di essere pronto a cambiare posto di lavoro, a parità di condizioni, qualora sia offerta flessibilità lavorativa. Considerando, inoltre, che il 42% si dice pronto a prendere in considerazione una proposta analoga, risulta sorprendente vedere che solo il 17% afferma di lavorare presso aziende che offrono condizioni di flessibilità a tutti i dipendenti, e che il 35% invece non dispone ancora di alcun tipo di flessibilità. Una discrepanza sostanziale e per certi aspetti anche rischiosa.

Cosa frena, quindi, le imprese europee dal soddisfare i dipendenti?

In prima battuta non può trattarsi di semplice disinteresse: la posta in gioco è troppo alta, considerando anche il fenomeno della fuga di cervelli. Questa considerazione apre il campo a due possibilità: le preoccupazioni inerenti l’impatto sulla produttività, e, secondariamente, l’incertezza circa la disponibilità degli strumenti necessari.

È sicuramente possibile che il primo elemento rappresenti un forte motivo di inibizione: il 30% dei senior manager europei ha ammesso di ritenere che il telelavoro abbia tutto il potenziale per rendere ancora più competitiva la propria azienda su scala globale; ma cosa pensa il restante 70%? Probabilmente le Pmi che hanno un’esperienza ridotta nell’implementazione di soluzioni di lavoro flessibili temono maggiormente l’impatto sulla produttività. Un dato che potrebbe spiegare la ridotta prevalenza (di circa il 20%) di policy per la flessibilità fra le Pmi rispetto, invece, alle realtà aziendali con oltre 250 dipendenti.

La situazione pare, allora, interlocutoria: sono proprio le Pmi, infatti, quelle che potrebbero trarre grandi vantaggi dall’implementazione di una struttura lavorativa flessibile ottenendo quella operatività 24×7 che i clienti ormai si aspettano. Ciò permetterebbe alle realtà medio-piccole di competere in maniera più efficace sul mercato globale nonostante una presenza fisica inferiore.

La combinazione fra l’applicazione di policy per la flessibilità e l’implementazione di tecnologie di unified communications (Uc) metterebbe i dipendenti nelle condizioni di aumentare l’operatività e lavorare ovunque si trovino, estendendo il numero di ore in cui è possibile servire clienti e partner senza per questo aumentare il tempo lavorativo del singolo dipendente. Inoltre, il fatto di poter scegliere quando e dove lavorare contribuisce ad aumentare la dedizione nei confronti dell’azienda, favorendo la maggiore fidelizzazione dello staff e una superiore stabilità aziendale.

Un dipendente che gestisce la sua attività da casa non rischia di arrivare tardi per problemi di traffico o condizioni climatiche difficoltose (una ricerca separata di Avaya condotta nell’aprile del 2008 evidenzia una perdita annua di 13.000 euro da parte delle imprese italiane a causa dell’assenteismo). Tutti questi potenziali downtime potrebbero essere totalmente eliminati grazie alla flessibilità.

Molto probabilmente le paure legate alla flessibilità risiedono nelle inevitabili complessità della gestione: se i dipendenti possono essere in ufficio o meno, attivi o no, in qualsiasi momento, come può il management sapere quando essi sono tenuti a essere al lavoro e quando invece no? E anche durante l’orario d’ufficio, come contattare in caso di necessità chi non è fisicamente presente alla propria scrivania? Entra in gioco, allora, il concetto di “presenza” reso possibile dalle comunicazioni unificate.

Molte imprese hanno già mosso i primi passi: sono passate al VoIp con l’obiettivo di fornire la telefonia voce su linea fissa insieme con servizi dati. Questa convergenza genera un Roi immediato e di rilievo, predisponendo già l’infrastruttura per le future comunicazioni unificate e intelligenti a fronte di un investimento minimo. Le comunicazioni Uc possono essere integrate poco a poco per mitigare i costi; inoltre si può attendere che ogni singolo passaggio si auto-ripaghi prima di affrontare quello successivo, con possibilità praticamente infinite.

Fornendo un’interfaccia unificata attraverso una ricca gamma di dispositivi e applicazioni, gli utenti ottengono in tempo reale e su un solo display una visione più chiara della “presenza” o della raggiungibilità di un individuo rispetto ai diversi metodi di comunicazione disponibili. Il dipendente la cui presenza sia così facilmente determinabile ha la sicurezza di avere sempre a disposizione le informazioni più aggiornate per la propria attività. Secondo Yankee Group, questo tipo di approccio può aumentare la produttività del 25% al giorno.

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