Lavoro occasionale accessorio (una casistica)

La natura di accessorietà comporta che le attività disciplinate dall’art. 70, D.Lgs. n. 276/2003, debbano essere svolte direttamente a favore dell’utilizzatore della prestazione, senza il tramite di intermediari. Il ricorso ai buoni lavoro è quindi lim …

La natura di accessorietà comporta che le attività disciplinate dall’art. 70, D.Lgs. n. 276/2003, debbano essere svolte direttamente a favore dell’utilizzatore della prestazione, senza il tramite di intermediari. Il ricorso ai buoni lavoro è quindi limitato al rapporto diretto tra prestatore e utilizzatore finale, mentre è escluso che una impresa possa reclutare e retribuire lavoratori per svolgere prestazioni a favore di terzi come nel caso dell’appalto o della somministrazione (Inps circolare n. 88/2009). Vediamo alcuni settori nei quali è possibile ricorrere a questa forma di prestazione d’opera.

Lavoro accessorio nel settore agricolo
Dopo una sperimentazione limitata alle vendemmie (D.M. 12.3.2008; Inps circ. n. 81/2008), il sistema di pagamento con i buoni lavoro è stato esteso a tutte le attività agricole rientranti nel campo di applicazione dell’istituto (Inps circ. n. 94/2008):
– prestazioni occasionali svolte da pensionati, da casalinghe e da giovani con meno di 25 anni di età, studenti, per le sole attività agricole stagionali in favore di aziende di qualunque dimensione;
– prestazioni occasionali svolte dalla generalità dei soggetti prestatori per la generalità delle attività agricole in favore di aziende aventi un volume di affari annuo inferiore a 7.000 euro. Con riferimento al limite del volume di affari, l’Istituto sottolinea che si tratta di un limite “dimensionale” dell’azienda, non avente quindi riferimento a regimi contabili o amministrativi diversi.
Tra le attività agricole di carattere stagionale rientra la vendita diretta di prodotti agricoli nell’ambito dei farmer’s market (Mercati di Campagna Amica) che sia connessa a quella principale svolta dall’imprenditore agricolo (ML risposta a interpello n. 32/2010).
Con riferimento alla disposizione di carattere transitorio relativa ai lavoratori a tempo parziale ed ai percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito “in tutti i settori produttivi”, il Ministero del lavoro ha precisato che si tratta di una disciplina eccezionale applicabile anche ai produttori agricoli con volume d’affari superiore a 7.000 euro (risposta a interpello n. 16/2010).

Lavoro accessorio nel commercio, nel turismo e nei servizi
Con la circolare n. 104/2008 l’Inps ha reso operativo il sistema dei buoni lavoro nei settori del commercio, turismo e servizi.
Il sistema dei buoni lavoro, in questi settori, può trovare applicazione, da parte di tutte le tipologie di datori di lavoro e imprese, anche con riferimento ai giovani con meno di 25 anni di età, nei limiti stabiliti e per qualunque tipologia di attività lavorativa, nonché con riferimento a manifestazioni sportive, culturali o caritatevoli o di lavori di emergenza o di solidarietà, ai lavori di giardinaggio, pulizia e manutenzione di edifici, strade, parchi e monumenti, alla consegna porta a porta e della vendita ambulante di stampa quotidiana e periodica.
Con riferimento ai giovani studenti, per la individuazione dei “periodi di vacanza” l’Inps ha richiamato quanto già precisato dal Ministero del lavoro in materia di lavoro intermittente (circ. n. 4/2005):
– vacanze natalizie: il periodo che va dal 1° dicembre al 10 gennaio;
– vacanze pasquali: il periodo che va dalla domenica delle Palme al martedì successivo il lunedì dell’Angelo;
– vacanze estive: i giorni compresi dal 1° giugno al 30 settembre.

Lavoro accessorio nell’ambito dell’impresa familiare
Secondo le istruzioni impartite dall’Inps (circolari n. 76/2009 e 17/2010), ai fini della disciplina sul lavoro accessorio rilevano le imprese familiari, legalmente costituite, regolate dall’art. 230-bis cod. civ., indipendentemente dalla forma giuridica assunta dall’imprenditore (titolare di impresa individuale, società in nome collettivo, socio accomandatario di s.a.s e socio di s.r.l.) e dalla gestione previdenziale cui sono iscritti i titolari e/o soci dell’impresa familiare stessa. Dell’impresa familiare fanno parte il titolare ed i familiari – anche non conviventi con il titolare – che prestano la loro attività nell’impresa in modo continuativo e prevalente (si intendono per familiari il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado).
Premesso che la norma sul lavoro occasionale di tipo accessorio considera le imprese familiari quali “datori di lavoro” nei riguardi di soggetti estranei all’imprenditore e all’impresa familiare stessa, possono realizzarsi le due seguenti situazioni:
a) qualora l’impresa familiare utilizzi prestatori all’interno dell’attività normalmente esercitata, può fare ricorso ai buoni alla sola condizione di applicare il regime contributivo e assicurativo del lavoro subordinato (con conseguente applicazione dell’aliquota prevista per i lavoratori dipendenti, fissata nella misura complessiva del 33% di cui 9,19% a carico del lavoratore, e valore netto del voucher da 10 euro nominali pari a 5,80 euro). In questo caso non operano limitazioni in ordine alle modalità dell’attività esercitata, salvo il fatto che essa sia svolta da soggetti estranei all’imprenditore e all’impresa familiare stessa;
b) nei casi, invece, in cui l’impresa familiare intenda avvalersi del lavoro occasionale accessorio secondo le altre tipologie di attività previste dall’art. 70, c. 1, D.Lgs. n. 276/2003, troverà applicazione il normale regime dei buoni lavoro ordinari (contribuzione pari al 13% da versare alla gestione separata).
In entrambi i casi, resta fermo il limite stabilito dei compensi per singola impresa familiare non superiore, nel corso di ciascun anno fiscale, a 10 mila euro.

Lavoro accessorio nel settore domestico
Il ricorso ai voucher per i lavori domestici è consentito solamente per quelle attività, di natura occasionale e accessoria, fino ad oggi non assistite da alcuna tutela previdenziale e assicurativa. Si tratta quindi, come precisato dall’Inps con la circolare n. 44/2009, di attività non riconducibili a un rapporto di lavoro già disciplinato dalla legge (il rapporto di lavoro domestico di cui alla legge n. 339/1958 comporta lo specifico obbligo assicurativo previsto dal D.P.R. n. 1403/1971) o dal contratto collettivo di categoria.
Pertanto, al di fuori di tali particolari fattispecie, ai rapporti di lavoro domestico caratterizzato da prestazioni non occasionali e con carattere continuativo (anche se prestato con le modalità del lavoro ripartito o per un numero limitato di ore) si applicano le vigenti disposizioni in materia previdenziale ed assicurativa con relativo obbligo di comunicazione riguardante l’instaurazione, la proroga, la trasformazione e la cessazione del rapporto medesimo.

Lavoro accessorio per i percettori di prestazioni di sostegno al reddito
In deroga al criterio generale e fino al 31 marzo 2011 (art. 1, D.L. 29 dicembre 2010, n. 225; un’ulteriore proroga al 31 dicembre 2011 può essere disposta con decreto del Presidente del consiglio dei ministri), i lavoratori beneficiari di integrazioni salariali per sospensione o riduzione dell’attività lavorativa ovvero di prestazioni di sostegno del reddito possono effettuare lavoro accessorio, con il limite massimo di 3.000 euro per anno solare. Istruzioni applicative in materia sono state fornite dall’Inps con la circolare n. 75/2009.
L’indicato limite massimo è riferito al singolo lavoratore, pertanto va computato in relazione all’insieme delle remunerazioni da lavoro accessorio percepite nel corso dell’anno solare, anche se legate a prestazioni effettuate nei confronti di diversi datori di lavoro accessorio.
Resta inteso che la norma non esclude la possibilità dei lavoratori in questione di svolgere, a titolo di lavoro accessorio, ulteriori attività, qualora ricorra una delle fattispecie previste nel primo comma dell’articolo 70, D.Lgs. n. 276/2003.
Le remunerazioni che superino il limite dei 3.000 euro non danno luogo, tuttavia, a cumulabilità totale, bensì all’applicazione della disciplina ordinaria sulla compatibilità ed eventuale cumulabilità parziale di tali remunerazioni con le integrazioni salariali e le altre prestazioni di tutela del reddito, per le quali si rimanda alle istruzioni impartite in precedenza dall’Inps (circolari n. 171/1988, n. 179/2002 e n. 75/2007; per la disoccupazione ordinaria circ. n. 3-275 Prs/1957, punto XI; per la mobilità la circ. n. 16/1997).
Destinatari della disposizione sono i percettori di prestazioni di integrazione salariale o sostegno al reddito. Rientrano in tale seconda accezione le indennità direttamente connesse con uno stato di disoccupazione, quali le prestazioni di disoccupazione ordinaria, di mobilità, nonché i trattamenti speciali di disoccupazione edili. Non vi rientrano invece le prestazioni pagate “a consuntivo” sulla base del numero di giornate lavorate nel corso dell’anno precedente (quali le indennità di disoccupazione in agricoltura e quella non agricola con requisiti ridotti), per le quali il problema di compatibilità e cumulabilità con le attività di lavoro subordinato o autonomo non si pone.
Per quanto concerne la cumulabilità, il lavoratore che percepisce emolumenti da lavoro accessorio nel limite dei 3.000 euro annui, potrà continuare a percepire l’integrazione salariale o l’altra prestazione a sostegno del reddito, per l’intero spettante, senza che questa venga sospesa o ridotta.
Nel caso della mobilità, in particolare non si applica l’istituto della sospensione dell’indennità di cui all’art. 8, c. 7, L. n. 223/1991. Conseguentemente, per il solo caso di emolumenti da lavoro accessorio che rientrano nel limite dei 3.000 euro annui l’interessato non è obbligato a dare alcuna comunicazione all’Istituto.
Se viene superato il limite dei 3.000 euro ad anno solare, il lavoratore ha l’obbligo di presentare preventiva comunicazione. Nel caso di più contratti di lavoro accessorio stipulati nel corso dell’anno e retribuiti singolarmente per meno di 3.000 euro per anno solare, la comunicazione va presentata prima che il compenso determini eccedenza e superamento del predetto limite dei 3.000 euro se sommato ad altri redditi per lavoro accessorio.

 

(per maggiori approfondimenti vedi Manuale lavoro, Novecento Media)

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