Lavoratori italiani da impiegare o trasferire all’estero

La disciplina che tutela il lavoro italiano all’estero.

L’art. 35 della Costituzione tutela il lavoro italiano all’estero e riconosce la libertà di emigrazione. In virtù di tale principio è stata dettata una particolare disciplina contenuta nel D.L. n. 317/1987conv. L. n. 398/1987.

Procedura
I lavoratori disponibili a prestare lavoro all’estero sono tenuti ad iscriversi in un’apposita lista di collocamento presso la Direzione regionale del lavoro del luogo di residenza,la quale rilascia il nulla osta all’assunzione che può avvenire con richiesta nominativa.
Per svolgere la propria attività lavorativa in Paesi comunitari non sono previsti particolari adempimenti amministrativi, salvo il rispetto delle norme di pubblica sicurezza.
Per l’assunzione o il trasferimento di lavoratori italiani in Paesi extracomunitari occorre invece un’apposita autorizzazione rilasciata dal Ministero del lavoro.

Domanda di rilascio dell’autorizzazione
La domanda di rilascio dell’autorizzazione deve essere inviata al Ministero del lavoro -Direzione generale del mercato del lavoro e, in copia, al Ministero degli affari esteri (art. 1, c.2, D.M. 16.8.1988; art. 2, D.P.R. n. 346/1994).
Se residenti all’estero, i datori di lavoro possono presentare la richiesta all’ufficio consolare competente.
Una ulteriore copia deve essere spedita anche alla Direzione regionale del lavoro competente secondo la sede del richiedente.
Ai sensi dell’art. 1, c. 6, del citato D.M. 16.8.1988, la domanda deve contenere l’indicazione:
– della persona fisica o giuridica per la quale ricorre l’obbligo dell’autorizzazione;
– della consistenza numerica dei lavoratori interessati con i corrispondenti livelli e trattamenti economico-normativi;
– della località dove questi ultimi vengono inviati, comunicando l’eventuale programmazione delle assunzioni e/o dei trasferimenti;
– dell’impegno ad adempiere gli obblighi derivanti ai soggetti richiedenti dalle norme di cui al D.L. n. 317/1987.
La domanda di autorizzazione deve inoltre essere corredata:
– del certificato di iscrizione alla camera di commercio o al registro delle società di data non anteriore ad un mese e, per le organizzazioni nazionali non governative, del certificato di idoneità di cui agli artt. 28 e 29 della L. n. 49/1987 (art. 1, c. 3, D.M. 16.8.1988);
– di copia del contratto di appalto (qualora l’attività da svolgere non sia oggetto di un tale tipo di contratto, occorre specificare la fattispecie contrattuale o il titolo giuridico inerente all’esercizio dell’attività medesima) e, per quanto riguarda le associazioni italiane non governative, una dichiarazione corrispondente rilasciata dal Ministero degli esteri.
Inoltre, per i datori di lavoro non aventi sede nel territorio nazionale, alla domanda di autorizzazione va altresì unita la documentazione relativa al conferimento del mandato ad una persona fisica o giuridica residente in Italia e la corrispondente accettazione del mandatario con obbligazione solidale per l’adempimento di tutti gli obblighi di cui al D.L. n. 317/1987. Il conferimento e l’accettazione del mandato devono risultare da atto pubblico e, qualora la domanda sia presentata direttamente, essa va corredata di documentazione equipollente, tradotta in lingua italiana e autenticata dalle autorità consolari italiane.
Ai fini del rilascio dell’autorizzazione, ai sensi dell’art. 2, c. 4, del D.L. n. 317/1987, il Ministero del lavoro accerta che:
– il contratto di lavoro, ove preveda espressamente la possibilità, dopo il trasferimento all’estero, che il datore di lavoro destini il lavoratore assunto a prestare la propria attività presso consociate estere, garantisca le condizioni di lavoro di seguito riportate;
– il trattamento economico-normativo offerto sia complessivamente non inferiore a quello  previsto dai contratti collettivi di lavoro vigenti in Italia per la categoria di appartenenza del lavoratore e sia distintamente prevista l’entità delle prestazioni in denaro o in natura connesse con lo svolgimento all’estero del rapporto di lavoro;
– i contratti di lavoro prevedano, qualora le autorità del paese di impiego pongano restrizioni ai trasferimenti di valuta, la possibilità per i lavoratori di ottenere il trasferimento in Italia della quota di valuta trasferibile delle retribuzioni corrisposte all’estero, fermo restando il rispetto delle norme valutarie italiane e del Paese d’impiego; – sia stata stipulata, a favore dei lavoratori italiani inviati all’estero, un’assicurazione per ogni viaggio di andata nel luogo di destinazione e di rientro dal luogo stesso, per i casi di morte o di invalidità permanente;
– il contratto stabilisca il tipo di sistemazione logistica;
– il contratto impegni il datore di lavoro ad apprestare idonee misure in materia di sicurezza ed igiene del lavoro;
– il Ministero degli esteri rilasci il proprio parere preventivo favorevole e non comunichi al Ministero del lavoro che le condizioni generali del paese di destinazione non offrono idonee garanzie per sicurezza del lavoratore.
L’autorizzazione è rilasciata dal Ministero del lavoro entro 75 giorni dalla presentazione della richiesta, ovvero entro 90 giorni se presentata all’estero. Decorsi tali termini, l’autorizzazione si intende concessa. Qualora si rendano necessarie modifiche o un’integrazione della documentazione presentata, i termini per il rilascio dell’autorizzazione decorrono dalla data di ricevimento, da parte del Ministero, dell’istanza regolarizzata o integrata.
Nel caso in cui, ai sensi dell’art. 4, c. 3, D.P.R. n. 346/1994, sia necessario il parere del Ministero degli esteri, da rilasciarsi entro 45 giorni dalla data di ricevimento della copia dell’istanza, i termini per l’autorizzazione decorrono dalla data del ricevimento del suddetto parere da parte del Ministero del lavoro. Qualora nei 10 giorni successivi alla fine del periodo di 45 giorni non sia pervenuto il parere del Ministero degli esteri, lo stesso si considera come acquisito in senso favorevole all’espatrio e i termini per il Ministero del lavoro decorrono dall’ultimo dei predetti 45 giorni (art. 4, c. 3 bis, D.P.R. n. 346/1994).

Disciplina del rapporto
Ai sensi dell’art. 57 della L. n. 218/1995, i rapporti di lavoro che si svolgono all’estero sono disciplinati, in assenza di specifica convenzione applicabile, in base a quanto disposto per le obbligazioni contrattuali dalla Convenzione di Roma del 19.6.1980, resa esecutiva con L. n. 975/1984.
Ai sensi di tale disciplina le parti hanno la facoltà di scegliere la legge applicabile al rapporto e, in mancanza di scelta, il contratto di lavoro è regolato:
– dalla legge del Paese in cui il lavoratore, in esecuzione del contratto, compie abitualmente il suo lavoro, anche se è inviato temporaneamente in un altro paese;
– dalla legge del Paese dove si trova la sede che ha proceduto ad assumere il lavoratore, qualora questi non compia abitualmente il suo lavoro in uno stesso Paese, a meno che non risulti, dall’insieme delle circostanze, che il contratto di lavoro presenta un collegamento più stretto con un altro Paese (in quest’ultimo caso si applica la legge di quest’altro paese).
Inoltre nei contratti di lavoro, la scelta della legge applicabile ad opera delle parti:
– non vale a privare il lavoratore della protezione assicuratagli dalle norme imperative della legge che regolerebbe il contratto;
– deve essere espressa o risultare in modo ragionevolmente certo dalle disposizioni del contratto o dalle circostanze;
– può riguardare la legge applicabile a tutto il contratto di lavoro ovvero a una parte soltanto di esso.
La Cassazione (sent. 9.5.2007, n. 10549) ha affermato che il rapporto di lavoro, sorto ed eseguito all’estero, deve ritenersi regolato, secondo i criteri della Convenzione di Roma del 19 luglio 1980, dalla legge del luogo della prestazione lavorativa, a meno che tale legge non risulti manifestamente incompatibile con l’ordine pubblico italiano (nella fattispecie è stata ritenuta manifestamente incompatibile con l’ordine pubblico italiano una legge che in linea generale non prevedeva tutele contro il licenziamento ingiustificato).

Obblighi di informazione
Il datore di lavoro deve fornire al lavoratore invitato a svolgere le prestazioni all’estero per un periodo superiore a 30 giorni, insieme alle informazioni previste per la generalità dei lavoratori, le seguenti ulteriori informazioni (art. 2, D.Lgs. n. 152/1997):
– durata del lavoro da effettuare all’estero;
– valuta in cui verrà corrisposta la retribuzione;
– eventuali vantaggi in denaro o in natura collegati allo svolgimento della prestazione lavorativa all’estero;
– eventuali condizioni relative al rimpatrio del lavoratore.
Gli obblighi di informazione non trovano applicazione, oltre che nei casi previsti per tutti i lavoratori, anche nei confronti del personale assegnato per i posti-funzione delle rappresentanze diplomatiche ed uffici dipendenti all’estero (art. 5, D.Lgs. n. 152/1997).

Sanzioni
È riportata in tabella la principale sanzione concernente l’irregolare impiego all’estero di lavoratori italiani.

Fattispecie

Sanzione

Per aver impiegato fuori del territorio nazionale lavoratori italiani senza l’autorizzazione del Ministero del lavoro
(art. 2 bis, c. 2, D.L. n. 317/1987)

ammenda da € 258 a € 1.032 e, nei casi più gravi, arresto da 3 mesi a un anno
(art. 2 bis, c. 2, D.L. n. 317/1987)
Estinzione mediante diffida/prescrizione: € 258

Fonti – D.L. n. 317/1987 (convertito dalla L. n. 398/1987); D.M. 16.8.1988;
D.P.R. n. 346/1994

(per maggiori approfondimenti vedi Manuale lavoro, Novecento Media)

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