L’Arte dell’IP

Avventure capitali e leggi draconiane si contrappongono al di qua della frontiera digitale. Oggi né Sun Tzu, né von Clausewitz, ma neanche Ries & Trout avrebbero dubbi: IP è guerra.

Un fremito di modernizzazione del Paese grazie alle nuove tecnologie sta attraversando l’Italia. La speranza che si trasformi in una modifica strutturale c’è, ma è meglio andare con i piedi per terra.

L’ultima grande novità è il processo di venture capital pubblico e privato, come riferito da 01Net nei giorni scorsi. Ai 160 M€ già disponibili per il Mezzogiorno si potrebbe aggiungere a breve una cifra doppia per l’intera Italia, modulata in maniera interessante. Per chi ha seguito i tentativi di accedere a business angels e venture capital degli ultimi due anni (Techgarage, VentureCamp), sulla carta il cambiamento è veramente strutturale: anche in Italia abbiamo porte alle quali bussare per il VC innovativo.

Non è l’unico elemento di novità, anche se certamente è il più importante. In piccolo già altri elementi di modernizzazione erano stati lanciati: il progetto Kublai, che ha offerto consulenza organizzativa a proposte 2.0 in ottica sociale; ma anche l’imminente ForumPA, che ufficializza l’adozione delle non-conferenze dal basso, benché in modalità leggermente pre-organizzata, originatesi dal fenomeno barcamp a rinnovare la convegnistica tradizionale.

Altri esempi di tentativi di modifiche strutturali ci sono e si spera di vederne ancora, ma soprattutto che generino solidi mattoni di nuove costruzioni stabili e sicure.

Non va però dimenticato che la vera guerra dell’innovazione oggi si gioca sul confine dell’indirizzo IP: la nazione di Internet, in tutte le sue manifestazioni, è in lotta contro il vecchio mondo. La situazione è estremamente complessa, ma è in quella direzione che vanno lette tante proposte di legge che in Italia e all’estero vanno contro la Rete.

Quello che ne vediamo nel mondo reale è marketing, che come a suo tempo Ries e Trout teorizzarono, è guerra vera e richiede un’estetica, cinese o prussiana o quale essa sia.

Il più recente tassello di questo mosaico reazionario è senz’altro il cosiddetto “intergruppo parlamentare per il web 2.0”, che sembra un fatto positivo, in qualche modo contrapposto ai DDL negativi dell’immediato passato.

La mia riflessione di base è che non sia così. Poiché lo Stato nazionale (da solo o associato) è minacciato dalla nazione Internet, cerca di usare le sue leggi contro i nativi analogici che vivono da migranti sul confine dell’IP. I nativi digitali non considerano valide le leggi dello Stato, quindi al più possono essere colpiti a posteriori (e il caso Pirate Bay non sembra seguire questo schema), ma non si accapiglieranno per modificare l’iter di un DDL italiano.

Internet non si cura proprio di ciò che avviene nel mondo reale, né ha bisogno di leggi nel mondo di qua. Quindi chiunque se ne occupi lo fa da un punto di vista erroneo.
Ai nativi analogici che non solo non sono migranti nel digitale, ma neanche ci fanno vacanze, propongo almeno un lungo week-end a Sharm-el-Wiki.

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