La scelta del provider

L’elemento fondamentale della contrattazione sono i Service Level Agreement: dovrebbero essere adeguati alle aspettative, ma anche flessibili, nel senso che dovrebbero permettere aggiustamenti periodici, magari definibili a priori all’interno di una sorta di griglia in cui poter far ricadere eventua

Definito che puntare sull’outsourcing potrebbe fornire
all’azienda un reale vantaggio strategico, si deve affrontare l’ostacolo della
scelta del provider. Questo è un passaggio essenziale, a cui la maggior parte
delle volte le aziende arrivano impreparate, non tanto perché è la prima vota
che affrontano una situazione di questo tipo quanto piuttosto che spesso non
hanno a disposizione tutti i dati necessari per valutare se l’offerta
dell’outsourcer è conveniente (sia economicamente sia strategicamente) o meno.

L’analisi interna che porta alla definizione delle reali esigenze deve
coinvolgere tutte le linee di business e gli utenti finali: da una parte questo
permette di sapere quali sono le vere necessità del dipartimento It dall’altra
di avere una più chiara definizione dei costi attualmente sostenuti.


Il passo successivo è la negoziazione: qui solitamente si perde molto tempo
per generare contratti ridicoli, ha detto Diego Lo Giudice. Spesso si perdono di
vista punti importanti per focalizzarsi su aspetti marginali o comunque di
secondo piano. Uno dei fattori fondamentali è la definizione dei Service Level
Agreement (Sla). Dato per scontato che dovrebbero soddisfare al meglio le
esigenze di chi punta ad avere un servizio di outsourcing, dovrebbero inoltre
avere una forma dinamica, nel senso che «dovrebbero poter prevedere un
aggiustamento periodico». Il fatto di poter prevedere delle bande di tolleranza
non è assolutamente da sottovalutare se si considera che in un servizio di
outsourcing il 75% della spesa globale è pertinenza della gestione day by
day.


«Oggi – ha precisato Lo Giudice – la tendenza è quella di pretendere dai
provider Sla sempre maggiori ma con contratti sempre a più breve termine», nella
speranza di avere un ritorno dell’investimento in tempi molto contenuti. È un
ragionamento corretto nell’ambito di una scelta volta al puro risparmio, ma non
è certo una scelta strategica che mira a migliorare il business nel suo
complesso. «L’outsourcing deve crescere in funzione delle strategie di business
dell’azienda», ha sostenuto Lo Giudice -. Deve poterci essere un momento in cui
si può rivedere il contratto per aggiustare il tiro». L’ideale sarebbe prevedere
già in fase di accordi una sorta di griglia in cui poter far ricadere eventuali
aggiunte o eliminazioni.

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