La ricerca di Intermec dà slancio all’Rfid

Fino a pochi anni fa il settore della raccolta automatica dei dati e del mobile computing contava una ventina di vendor indipendenti, mentre oggi di significativi ne sono rimasti pochi: Intermec, Datalogic, Lxe e Psion Teklogix. Queste prime consideraz …

Fino a pochi anni fa il settore della raccolta automatica dei dati e del mobile computing contava una ventina di vendor indipendenti, mentre oggi di significativi ne sono rimasti pochi: Intermec, Datalogic, Lxe e Psion Teklogix.

Queste prime considerazioni sono di Alessandro Cozzi, country manager Italy di Intermec, che però sottolinea come le potenzialità di crescita del mercato siano interessanti, «per cui è attrattivo per investitori nuovi, che entrano a far parte del settore attraverso acquisizioni. Infatti, è significativo che Motorola abbia incorporato Symbol e che recentemente Honeywell abbia acquistato Metrologic e Hhp. Intermec, in questo momento, è l’unica realtà in grado di offrire ai propri interlocutori una gamma di prodotti completa, in quanto produce e vende terminali, stampanti, scanner e tutto ciò che è legato alla tecnologia Rfid. Siamo, inoltre, solidi dal punto di vista finanziario, in quanto puntiamo a raggiungere nel 2009, o forse anche prima, un miliardo di dollari di fatturato».

Attiva da 40 anni e presente in 80 paesi nel mondo, la società ha sempre puntato sull’innovazione, a iniziare dalle tecnologie barcode per arrivare all’Rfid (Radio frequency identification). «I nostri prodotti, in quanto tali, potrebbero essere visti come delle commodity, – spiega a sua volta Andrea Costi, technical manager della filiale italiana – in quanto sono prodotti industriali fatti per essere resistenti, duraturi e sempre funzionanti. Per questo motivo in Italia abbiamo una struttura tecnica di supporto, proprio per dare ai clienti la garanzia che quello che usano deve sempre funzionare bene. Peraltro, quest’anno abbiamo organizzato dei corsi di formazione ai nostri partner e solo nella prima metà dell’anno abbiamo formato 80 persone di 60 aziende diverse, proprio perché chi meglio conosce le funzionalità e potenzialità dei prodotti può dare utili consigli ai clienti. Tutti questi partner certificati entrano a far parte della Intermec Support Community, dove esiste una elite ulteriore che ha un approccio mirato all’implementazione di nostre soluzioni di Rfid». Inoltre, Costi tiene a sottolineare che tra le varie innovazioni realizzate da Intermec c’è l’Rfid Uhf (Ultra high frequency), cioè le frequenze che consentono di leggere da una distanza di qualche metro. Queste frequenze, che in realtà sono nate un decennio fa, Intermec le ha utilizzate in modo innovativo, realizzando alcuni brevetti che poi ha donato all’EpcGlobal.

Infatti, la tecnologia Uhf contiene numerosi brevetti e innovazioni che Intermec ha sperimentato e aperto al mercato, per cui attualmente con l’Rfid Uhf si possono fare molte più cose rispetto a tre anni fa, in quanto si può leggere anche attraverso liquidi e metalli.

«Oggi, con determinati accorgimenti, si può praticamente fare tutto – prosegue Costi -, però l’Rfid Uhf va usato da persone preparate e che quindi possono consigliarne l’utilizzo nel modo migliore. In definitiva, l’identificazione a radiofrequenza serve per rilevare i dati molto meglio del barcode, perché è più veloce, inoltre, per quanto riguarda le informazioni, queste devono risiedere in un data base del sistema informativo, attraverso il quale è possibile accedere a tutta la storia del singolo prodotto. Tutto questo è più facile farlo con l’Rfid perché dà un tasso di errore decisamente inferiore al codice a barre e consente di velocizzare i processi. Per esempio, se si fa passare un pallet di cartone attraverso un portale rilevatore, con l’Rfid si può verificare se ogni singolo cartone è composto correttamente. I dati rilevati si possono, quindi, trasferire al sistema informativo, che a sua volta sarà in grado di fare una verifica tra l’ordine ricevuto e l’effettivo contenuto».

Inoltre, come osserva Costi, adesso che la tecnologia è stata ampiamente sperimentata, soprattutto nel retail, «ci si è resi conto che ha molte potenzialità in altri campi, soprattutto nella tracciabilità dei singoli asset e a questo punto si possono usare dei tag riutilizzabili, per cui il Roi diventa più vantaggioso. Per esempio, la Boeing per identificare le parti di aereo che dovevano essere sottoposte alla manutenzione, fino a qualche tempo fa doveva smontare fisicamente dei pezzi per riuscire a leggerne i codici di matricola e quindi capire che cosa doveva fare. Questo era un processo che richiedeva qualche giorno. Oggi, con un palmare Rfid, l’addetto alla manutenzione sale su un aeroplano e basta che si avvicini alla parte da identificare che subito sul palmare ha tutte le informazioni che gli servono, per cui in un paio d’ore passa al vaglio l’aereo e ha la visione complessiva della situazione. Quindi, là dove c’è la necessità di leggere tanti dati simultaneamente, anche quelli non visibili a occhio, e di modificarli, l’Rfid è la soluzione ottimale».

«In realtà molta della tecnologia che noi offriamo non è una commodity – tiene a precisare Cozzi – in quanto dietro a molti progetti c’è la necessità di capire esattamente quali sono i bisogni dei clienti, qual è la soluzione tecnologica migliore da adottare e quale quella che dà il miglior ritorno. È chiaro che nella fascia low end si può parlare di commodity, ma quando si parla di soluzioni e di tecnologie in grado di migliorare l’efficienza, la produttività e abbassare i costi, allora serve uno studio mirato fatto da esperti».

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