La recessione arresta la crescita dell’e-commerce italiano

Il commercio elettronico, segnala l’Osservatorio del Politecnico, registrerà nel 2009 un progresso dell’1% rispetto al 2008

La crescita del commercio elettronico italiano, dopo anni di tassi di sviluppo a doppia cifra, si è sostanzialmente fermata. È questa la notizia fondamentale che emerge dall’analisi dell’Osservatorio e-commerce 2009 del Politecnico di Milano: il totale delle vendite realizzate dai siti italiani nell’anno in corso dovrebbe infatti superare di poco i 5,8 miliardi di euro, per un incremento dell’1% rispetto al 2008. Sul dato aggregato ha pesato la chiusura di alcune importanti iniziative (ovvero Tedomondo e Myair, nonché la riduzione del presidio diretto di Expedia e Venere) ma è evidente come la torta del commercio elettronico italiano non si sia allargata nell’anno in corso, nonostante il 37% degli operatori intervistati nell’indagine del Politecnico dichiari di aver osservato incrementi di fatturato superiori al 20%.

La domanda resta piatta
Il numero dei Web shopper italiani è infatti rimasto sostanzialmente fermo (8 milioni) e anche la domanda di questi consumatori non ha fatto registrare passi in avanti significativi rispetto al 2008: se si sommano le vendite dei siti italiani (ovvero di aziende con almeno una sede nel nostro paese) in Italia (4.865 milioni di euro) agli acquisti dei nostri connazionali su siti stranieri come Amazon (1.735 milioni), si raggiunge la cifra di 6.600 milioni di euro. Questo dato, che in pratica rappresenta la domanda di e-commerce dei consumatori italiani, è rimasto stabile ai valori del 2008 (+1%). Il commercio elettronico italiano, di cui già negli anni di boom si denunciava il netto divario rispetto agli altri paesi occidentali, ha insomma arrestato il suo sviluppo alla prima vera crisi globale.

La riduzione dello scontrino medio
Il legame con la recessione è evidente dalla riduzione dello scontrino medio dei web shopper italiani: la spesa media nel 2009 è stata di circa 800 euro, un valore del 15% inferiore alla media europea e molto distante dai paesi più avanzati come il Regno Unito. In particolare nel turismo, comparto che vale da solo la metà dell’e-commerce italiano, la competizione sui prezzi tra gli operatori è stata molto forte e ha determinato una riduzione dello scontrino medio del 12%, dato solo parzialmente compensato dal buon incremento del numero degli ordini (+10%). Anche i venditori di prodotti fisici on line, nonostante un felice andamento complessivo, hanno registrato una riduzione, seppur limitata (-1%), dello scontrino medio.

Il boom dell’abbigliamento
Le notizie positive comunque non mancano: il comparto merceologico che ha brillato maggiormente è stato l’abbigliamento, passato dai 235 milioni di euro del 2008 ai 335 del 2009, per una crescita del 42%. Il tasso di penetrazione dell’e-commerce nel settore moda rimane comunque ancora piuttosto basso (0,5% sul totale del fatturato) se paragonato ad altri paesi (circa il 5% negli Usa) e potrebbe quindi conoscere nei prossimi anni un ulteriore sviluppo. Buone performance sono state ottenute anche da informatica ed elettronica (+7%), editoria e musica (+17%) e assicurazioni (+2%). Per quanto riguarda i pagamenti, appare superata la diffidenza degli utenti italiani nei confronti della carta di credito (70% delle transazioni), mentre le frodi on line restano un fenomeno marginale (circa 10 milioni di euro, pari allo 0,2% del giro d’affari dell’e-commerce) che colpiscono tra l’altro più gli operatori che il consumatore finale.

La lenta crescita della distribuzione
La distribuzione tradizionale rimane invece sostanzialmente ai margini dell’e-commerce italiano: qualche segnale positivo nel 2009 è arrivato dagli operatori della filiera non alimentare, con l’ingresso di nomi del calibro di Cisalfa, Decatlhon e Artemide. Attualmente il 33% di queste insegne (+6% rispetto al 2008) è dotato di un sito attrezzato per il commercio elettronico: la percentuale cala invece drasticamente (appena 6%) nella distribuzione alimentare. Secondo il Politecnico i motivi dello scarso appeal del commercio elettronico nella Gdo sono abbastanza chiari: innanzitutto il timore di cannibalizzazione con il canale tradizionale, seguito dalla quasi totale mancanza delle competenze necessarie. Nel canale alimentare devono inoltre essere considerati anche i costi logistici particolarmente elevati sia per l’allestimento dell’ordine che per la consegna al cliente.

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