La privacy prima di tutto

Incontrare Phil Zimmermann e fare un bagno di politically correct è tutt’uno. Il creatore di Pgp e guru della crittografia, ci ha spiegato perché la tecnologia è nemica della riservatezza. Rischiando l’impopolarità.

Phillipp R. Zimmermann è il creatore di Pretty Good Privacy, uno dei più famosi e antichi software per crittare la posta elettronica, acquistato, con tutta la sua società, nel 1997 da Network Associates, con cui ora collabora.


Zimmermann può essere ritenuto, a buon titolo, un esperto mondiale di crittografia e di tutto ciò che vi ruota attorno, come le tematiche relative alla riservatezza. E che la privacy e la legalità siano temi a lui familiari, lo dimostrano non solo il nome della sua creatura, ma anche le vicissitudini che lo hanno visto protagonista con il governo statunitense, che nel 1991, quando Pgp fu distribuito come freeware, fu oggetto di ripetute indagini tese a stabilire la violazione alle norme vigenti negli Usa sull’esportazione di software.


Incontrandolo non esita a esporre le proprie opinioni in materia di privacy, quella con la P maiuscola. Opinioni che non sono puro filosofeggiare, ma vengono attualizzate al contesto che stiamo vivendo, quello scaturito dall’11 settembre. Sostiene il guru che l’impatto sulla riservatezza del vivere sociale è stato definitivo. E prende a esempio un fenomeno tipicamente americano, come il Superbowl di football che si tiene a fine gennaio, durante il quale, telecamere poste verso il pubblico invieranno immagini in continuazione a computer che analizzeranno i movimenti delle persone (quello che già avviene, peraltro, negli hotel pluristellati, nelle banche e negli aeroporti). Anche se riconosce la commendevolezza del fine e la necessità di combattere nella maniera più efficace possibile il terrorismo, Zimmermann prende questi come segnali di una invasività della tecnologia nella vita sociale, da cui è necessario difendersi. Secondo il creatore di Pgp, è fondamentale non perseguitare la società con privacy violate. E prende a esempio prioprio la crittografia, attorno alla quale si è sviluppato un lungo dibattito, in America, fra comunità tecnologica, industria del software e governo, che ha stabilito che, sebbene possa essere utilizzata anche dai terroristi, alla fine giova alla società.



Il tecnologo “nemico” della tecnologia



Per Zimmermann gli sforzi per combattere la tendenza invasiva della tecnologia devono andare nel senso di leggi limitative. Anche se esistono Paesi, come gli Usa, nei quali l’attività normativa e, soprattutto, quella amministrativa, vengono guardate con atavica diffidenza. L’esperienza di Pgp ritorna a dimostrazione. Per il suo creatore, la grande popolarità di uno strumento simile negli Usa è proprio dovuta al fatto che la gente è portata a diffidare dell’attività del governo, spinta a ciò da casi come il Watergate o quello, più cruento, dell’uccisione di Martin Luther King. In Europa, stando alle opinioni di Zimmermann, saremmo messi meglio, in quanto l’esistenza di commissioni e authority, a livello nazionale e sovranazionale, lasciano presagire un mandato di fondo, da parte della popolazione, ad analizzare continuamente il problema.


E’ quando parla di firma digitale che il guru migliora la propria fiducia nei confronti della tecnologia: come si può provare che qualcuno che firma il documento digitalmente, sia proprio quella persona? Ci vorrebbe una tecnologia, dice, come quella biometrica, che esclude ogni possibile errore di persona. Anche se, proprio sulla biometria, tira subito il freno a mano: se usata male è un pericolo. C’è chi potrebbe usare un database di dati biometrici per controllare indebitamente le persone (un nome a caso, l’Fbi). Piuttosto, suggerisce Zimmermann, andrebbe bene inserita in una smartcard, usandola, perciò, con applicazioni periferiche.



Elogio della frode



I guru sono fatti apposta per lanciare provocazioni che, sedimentando, lascino il vero nucleo del messaggio che le genera. Quella fatta da Zimmermann in chiusura all’incontro, le vale tutte: sarebbe pericoloso concepire un software che sia immune da possibilità di frode. Oltreché antistorico: non è mai esistito e ci sarà un motivo. A rafforzamento: se produci caramelle, avrai delle imperfezioni che ti aiuteranno, in futuro, a farle meglio e che sono funzionali alla catena di produzione, generando scarti. Ancora: durante la seconda guerra mondiale, la possibilità di contraffare passaporti ha salvato migliaia di vite umane. Per estensione, gli effetti collaterali di un software non frodabile sarebbero micidiali: il titolare del suo brevetto potrebbe essere anche quello del controllo sul mondo intero. In sostanza, per far sì che con la tecnologia non ci controllino completamente, è necessario controllare la tecnologia.


Ma qui, purtroppo per Zimmermann, il cane si morde la coda: il controllo lo puoi fare solo delegando a farlo chi già vorrebbe controllarti.


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