La privacy “incombe” sulle società di ricerca del personale

La denuncia arriva da Assores, l’associazione di categoria, che punta il dito contro l’eccesso di zelo delle Fiamme Gialle nei controlli sulla gestione dei curriculum vitae.

Il mercato del lavoro, informatico o meno che sia, non attraversa certo un periodo florido. A farne le spese, tra gli altri, sono gli specialisti di ricerca del personale, che si ritrovano con meno materiale “vivo” sul quale lavorare e una concorrenza non soltanto interna alla categoria, ma accentuata dalla recente autorizzazione ottenuta dalle società di lavoro interinale al reperimento anche di personale a tempo indeterminato.

Secondo Assores, associazione che riunisce circa 170 aziende del settore, la situazione si sta aggravando da quando la Guardia di Finanza, pronuba l’Authority della Privacy, ha iniziato controlli a tappeto in tutta Italia per controllare la gestione e la conservazione dei curriculum vitae, che costituiscono il patrimonio informativo di ogni operatore del comparto ricerca e offerta di personale. L’attuale normativa in materia, regolata dalla legge n° 196/03, prevede che su ogni documento contenente informazioni personali sia apposta la dicitura sull’autorizzazione al trattamento dei dati e, laddove non vi sia, obbliga il selezionatore a distruggere il curriculum o a invitare il candidato a inviarne uno corretto. «Molte società – spiega Giovanni Oriani, presidente di Assores – hanno costruito i propri database nei tanti anni di presenza sul mercato. Questo è il loro valore più importante e non sarebbe di alcun interesse per loro farne un uso improprio. Oltretutto, la dimensione media di un’azienda del settore è composta di due o tre consulenti, a fronte di database ricchi di 15-20mila nominativi. È improponibile controllare ogni curriculum e agire di conseguenza».


Il risultato di questi controlli è perlopiù l’emissione di multe dell’importo di circa 20mila euro per le rilevazioni di inadempienze alla normativa vigente. Assores fa notare come le società di selezione di personale abbiano già da tempo adottato un proprio codice comportamentale in materia di riservatezza e come le restrizioni italiane non abbiano corrispettivi in altri paesi europei, laddove, invece, si sta seguendo la via della liberalizzazione delle professioni. «Anche questa volta – conclude Oriani – a rimetterci è la piccola impresa italiana, che da un lato si invita a crescere e dall’altro viene sommersa di prescrizioni che ne prosciugano le ultime forze rimaste».

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome