La politica italiana si esprime sui brevetti software

L’Italia si prepara al voto europeo sui brevetti software, che pare essere stato ulteriormente rinviato. Obiettivo: tutelare l’indotto delle Pmi It.

12 settembre 2003

Si tiene oggi, 12 settembre, presso gli Uffici del Parlamento europeo di Roma, un incontro sul tema “Brevetti software: no alla brevettabilità delle idee”, in vista del voto sull’argomento previsto per il 22 settembre al Parlamento europeo di Strasburgo.


In realtà, voci delle ultime ore danno la votazione ulteriormente rinviata (si parla del 4 novembre), in quanto il parlamentare incaricato di preparare il report sulla legislazione, Janelly Fourtou, pare essere in ritardo sui propri lavori. Meglio, per chi, e sono tanti, non concorda sul contenuto propositivo della direttiva.


L’incontro, organizzato dal Club Ti, dai deputati europei radicali e dall’Associazione per il software libero, Assoli, prevede la partecipazione trasversale di esponenti delle forze politiche italiane.


Fra questi, il senatore dei verdi, Fiorello Cortiana, che è anche coordinatore del Comitato Interparlamentare per l’Innovazione Tecnologica, si è già espresso con toni chiari.


A settembre – ha detto Cortiana – il Parlamento Europeo sarà chiamato a votare la proposta sulla brevettabilità delle innovazioni software, la cosiddetta direttiva McCarthy. Ho inviato ai parlamentari italiani un appello rivolto ai nostri colleghi di Bruxelles affinchè questa direttiva venga bocciata, visto il drammatico effetto che l’eventuale approvazione di tale direttiva avrebbe su uno dei comparti più avanzati e strategici del nostro sistema economico, quale l’informatica.


Questa proposta di direttiva – ha proseguito il senatore – con la scusa di armonizzare il sistema brevettuale europeo in materia di software, di fatto sovverte i dettami della Convenzione Europea sui Brevetti, introducendo la brevettabilità del software e dei metodi commerciali


Come già dimostrato negli Stati Uniti – ha concluso Cortiana – il sistema brevettuale, che è stato esteso al software da 20 anni, ha rallentato l’innovazione invece che incoraggiarla, spostando i fondi destinati originariamente a ricerca e sviluppo verso i dipartimenti legali delle grosse multinazionali che si occupano a tempo pieno di costose cause brevettuali. Un tale sistema imporrebbe oneri eccessivi per le piccole e medie imprese europee, vero motore dello sviluppo software continentale, e le renderebbe succubi di quelle poche grosse aziende, in maggioranza extraeuropee, che possiedono grandi portafogli di brevetti software.

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