La pirateria satellitare sfrutta i sistemi open source

I broadcaster hanno contenuto il fenomeno delle schede contraffatte, il pericolo arriva dalla diffusione degli emulatori

La pirateria esiste da sempre e in tutti i campi: chi produce un bene qualsiasi, sia esso un oggetto materiale o un servizio, si è sempre trovato a fare i conti con i disonesti di turno, sempre pronti ad approfittare a costo zero del lavoro altrui: più il “mercato” è ampio, maggiore sarà l’interesse economico proveniente da questa spirale di illegalità. Nel campo satellitare si passa dalla modifica del firmware del proprio ricevitore allo scopo di ricevere gratuitamente canali altrimenti a pagamento, per passare alle card e CAM “riprogrammabili” sino ad arrivare all’utilizzo di emulatori e allo sharing, sia casalingo che attraverso la distribuzione remota.

Un passo indietro
 Il segnale satellitare che arriva ai nostri ricevitori tramite l’impianto di ricezione il più delle volte è criptato, ossia codificato affinché a usufruirne siano solamente gli utenti provvisti di un regolare abbonamento. Nella stragrande maggioranza dei casi la chiave per decodificare queste trasmissioni è la smart card, ossia una tessera a chip in grado di colloquiare con il ricevitore, molte volte tramite la Cam, per fornire i dati necessari alla decodifica stessa. Questo, semplificato al massimo, è lo schema con cui la pirateria satellitare si trova a fare i conti: sembra evidente come il nocciolo della questione stia nell’interfaccia tra card e ricevitore ed è proprio su questo aspetto che la pirateria si concentra.

La vecchia pirateria
I più preparati tra gli appassionati di Tv satellitare ricorderanno senza dubbio Markus Kuhn, studente universitario che, in una visione leggermente romantica e utopistica, trovò il modo, grazie a un’interfaccia seriale, di “crakkare” Sky. Che l’invenzione fosse tutta farina del suo sacco o che qualche interesse superiore abbia aiutato la sua opera non influenza comunque il risultato finale, che vede la season utilizzata ancora oggi per spiare il traffico tra ricevitore e card. Ed è anche grazie a una incessante opera di log dei colloqui che la pirateria satellitare ha conosciuto il suo boom negli anni seguenti: prima con le Pic card, prime card con microprocessore, poi con le Mosc (Modified Original Smart Card), card ufficiali scadute e quindi riattivate grazie a un processo di parziale riprogrammazione.  L’avvento del GoldBox offerto in comodato d’uso per il sistema Seca portò ad un fenomeno di pirateria sulle smart card senza precedenti: in pochissimo tempo e con mezzi limitati fu reso possibile clonare una card su un supporto diverso dall’originale, tipicamente una wafer card, così come modificare la smart card stessa.

Cam poco efficienti
Possiamo quindi tirare le primissime conclusioni: la pirateria satellitare è, oggi, un fenomeno commerciale dove interessi economici più o meno consistenti spingono aziende a sviluppare metodi per eludere i sistemi di criptatura. Proprio l’aspetto commerciale implica che debba esserci una vendita di qualche tipo, e infatti assistiamo alla commercializzazione di card dai nomi più svariati che promettono meraviglie, CAM riprogrammabili che a breve distribuiranno anche il caffè e via di questo passo. Millenium, Opos, Titanium e ancora Dragon, Matrix e Joker: nomi che colpiscono la fantasia, card e CAM che funzionano grazie a continue riprogrammazioni del firmware di gestione allo scopo di inserire i file aggiornati. Il più delle volte la visione del programma dura poche ore e poi si deve attendere che il team di sviluppo pubblichi i nuovi file: sfortuna vuole che quando questi vengono messi on line il più delle volte il programma che si stava seguendo con interesse è finito.

Interessi da tutelare
Le prospettive non sono per nulla allettanti per la pirateria satellitare basata su questi metodi, né per i commercianti e neppure per gli utenti: è evidente che l’aumento degli interessi economici spinga i broadcaster ad aumentare gli investimenti in tema di sicurezza, onde evitare di vedere dilapidati i propri guadagni per colpa della visione illegale. Difficile, ai giorni nostri, pensare a una pirateria “casereccia”, fatta di log e di intuizioni e questo fatto induce a non definire pirata, ma solo disonesto, chi utilizza metodi pirata.

Comportamenti illegali
Ma se il livello di pirateria, attenendoci alle smart card e alle CAM, è relativamente poco preoccupante, la situazione precipita se ci si sposta sul discorso emulatori e sharing. Questi termini sono legati a doppio filo con i ricevitori Enigma-based, ossia i ricevitori gestiti da Enigma, vero e proprio sistema open source basato su Linux che permette una gestione molto aperta di questi ricevitori dotati di un hardware superiore. Un ricevitore con Enigma è perfettamente legale, il problema dell’illegalità sorge con l’installazione dei plug-in, ovvero moduli aggiuntivi agganciabili al firmware di gestione direttamente da Internet o, nel peggiore dei casi, con un collegamento a un computer: la vera forza di Enigma, ovvero la possibilità di aumentarne le prestazioni grazie a parti di firmware sviluppate e distribuite esternamente al produttore, è la parte più utilizzata dalla pirateria. Abbiamo voluto fare questa precisazione in quanto, a causa di un’informazione leggera, capita di sentire identificare i ricevitori Linux con la pirateria, come se il possesso di un Cd copiato rendesse pirata il lettore di CD stesso. Gli add-on utilizzati per la pirateria sono gli emulatori: considerato che per il loro utilizzo serve sempre una card ufficiale, la loro illegalità sta nel fatto che non vengono riconosciute le royalty ai fornitori del sistema di accesso condizionato. Supponiamo di possedere un ricevitore con uno slot per le card non compatibile con alcun sistema di accesso: ciò significa che il produttore non ha pagato i diritti ad alcun sistema di criptatura ma, grazie all’installazione di un emulatore, il lettore di card del ricevitore viene reso compatibile con tutti i sistemi di criptatura utilizzati.

Lo spettro dello sharing
È evidente che la cosa non è perfettamente legale come lo sarebbe con l’utilizzo di una CAM, la cui commercializzazione non può prescindere dal riconoscimento delle royalty a chi di dovere. Ma questo mancato pagamento, se pure importante, non è nulla in confronto al devastante impatto dello “sharing”: gli emulatori, infatti, sono costruiti in modo di colloquiare con la card e passare al ricevitore le informazioni necessarie, peccato che la card non sa da chi arriva l’interrogazione e questo consente a più di un ricevitore di interrogare la stessa card tramite l’interfaccia di rete di cui sono dotati i ricevitori Enigma, passando dall’emulatore e dando così la possibilità di “condividere” (share) un abbonamento tra più di un ricevitore. Volendo essere ottimisti si potrebbe pensare che la faccenda non sia grave e gli effetti potrebbero esser ridotti se contenuti tra le quattro mura di casa; il vero problema è che la rete casalinga di ricevitori spesso è collegata in Internet e con poche modifiche di configurazione chiunque può rendere disponibile il proprio abbonamento in rete e usufruire di altri abbonamenti. Quello che per il file sharing è e-Mule o b-Torrent, per il sat sharing sono gli emulatori e, ancora più grave e con portate inimmaginabili, è la commercializzazioni di file di configurazione ai fino di usufruire, tramite il proprio ricevitore, della possibilità di vedere gratuitamente quasi ogni canale ricevibile. Poche, per ora, le contromisure adottate dai broadcaster satellitari, sia per la penetrazione ancora relativamente scarsa del fenomeno che per le difficoltà tecniche nel trovare una soluzione adeguata.

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