La nuova Oracle e l’hardware che non c’era

Niente dell’eredità Sun andrà perduto, ripete Oracle a clienti e partner.

È una Oracle nuova quella che si è vista in questi giorni all’OpenWorld di San Francisco.
Una Oracle che si è costruita una nuova identità e la dichiara con una altrettanto nuova tagline che lascia poco spazio ai dubbi: “Hardware and Software engineered together”, cita il claim, ed è proprio in quell’hardware anteposto al software che ruota tutto il cambiamento.

Perché il messaggio che Oracle ha voluto dare in questi giorni ai suoi clienti e partner storici, ma anche e soprattutto a quelli da poco acquisiti, è che l’operazione con la quale ha rilevato gli asset di Sun Microsystems non è stata una mossa tattica. Non è stato lo sgambetto fatto a Ibm per bloccare un’operazione che in tanti davano già per conclusa.
Anzi.
L’acquisizione di Sun rientra in un piano strategico e in un percorso evolutivo che vede le infrastrutture integrate e il cloud al centro della nuova proposition.

Niente dell’eredità Sun andrà perduto: né i processori (ecco infatti gli Sparc T3), né il sistema operativo (ecco Solaris 11), né i server, oggi perfettamente integrati nella visione cloud di Oracle.

È un cloud privato, quello in cui crede Ellison, mutuato dal modello di Amazon e declinato in una proposition costruita sull’hardware di Sun e sul middleware Oracle, perfettamente integrata in una filosofia di open standard ai quali Ellison oggi dichiara fede e fedeltà.
Un cloud computing che significa piattaforma, virtualizzazione, fault tolerance, elasticità, sicurezza.
A qualcuno torna in mente il network computing, ma lui, Larry Ellison, non lo ha neppure ricordato.

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