La doppia anima dei Cio fra gestione e innovazione

Da un convegno di Club Ti Milano numerosi spunti per la categoria sulle sfide organizzative da affrontare in azienda.

Sul ruolo del Cio, in questi tempi non troppo favorevoli per gli investimenti in tecnologia, si parla molto. Forse troppo. Dai numerosi momenti di incontro e riflessione sul tema, emergono indicazioni che spesso, anziché convergere verso un’unica direzione, moltiplicano le angolature, lasciando ai partecipanti (diretti interessati) più dubbi che certezza sulla natura del loro presente e, soprattutto, del loro futuro.


Lavorando su un taglio il più possibile pragmatico, ClubTi Milano, FidaInform e Assolombarda hanno provato a rispondere ad alcuni degli interrogativi della categoria nell’ambito del convegno "L’Ict per l’innovazione e la competitività dell’impresa”, recentemente tenutosi a Milano. Fra i doverosi distinguo che inevitabilmente separano il Cio della grande azienda da quella medio-piccola, così come chi ha compiti organizzativi da chi lavora sul campo, qualche utile indicazione è comunque emersa in modo chiaro. Paolo Pasini, vice direttore dell’area Sistemi Informativi della Sda Bocconi, dopo aver puntualizzato come il Cio non possa che interpretare differenti funzioni, che vanno dall’elaborazione delle strategie aziendali e delle esperienze sul campo alla gestione dei rapporti con il management, i partner e le risorse interne, ha proposto come snodo evolutivo della categoria il ruolo di garante delle prestazioni Ict. "Così – ha spiegato Pasini – il responsabile dei sistemi informativi si garantisce uno spazio indipendente dalle scelte tecnologiche, robusto e tipicamente manageriale". La strada appare segnata, in contesti dove tutto deve essere misurabile e dove, dalla primaria esigenza di tenere sotto controllo i costi, si può passare a una valutazione puntuale anche di aspetti extracontabili, per quanto altrettanto importanti, come il rapporto con i “clienti” interni dell’It in azienda o l’allineamento al business. "Un performance management dei sistemi informativi, condiviso con gli utenti chiave – ha aggiunto Pasini – può diventare una best practice di Is governance".


Ragionare in quest’ottica serve a fornire al management aziendale una visione più chiara del “valore” prodotto dall’It e, quindi, dare una spinta essenziale verso il tanto auspicato allineamento della tecnologia agli obiettivi di business, che costituisce la vera sfida del Cio per il tempo a venire. Naturalmente, la necessaria visione prospettica non può oscurare la gestione dell’esistente, come ha sottolineato Arrigo Andreoni, chairman It Governance in Telecom Italia. "Quello del Cio, oggi, è un doppio mestiere. Da un lato, deve far leva sui fattori di scala per creare efficienza e variabilizzare i costi e dall’altro deve anche preoccuparsi di innovare. Tutto fa capo alla governance dell’It, da noi certamente meno efficiente che in Europa e men che meno in rapporto agli Stati Uniti. Spostando risorse dall’amministrazione si ricava spazio per gli investimenti". La reattività è diventata un fattore essenziale per rispondere ai bisogni del business e un Cio vincente, nell’opinione di Andreoni, da "follower" si deve trasformare in "innovator", cercando quello che i competitor ancora non stanno facendo, piuttosto che confrontarsi con loro.


Il discorso cambia quando si parla di Pmi. Qui, per innovare, bisogna avere la fortuna di contare su un imprenditore cosciente dei vantaggi dell’Ict, caso ancora piuttosto rarto nel nostro Paese. Paolo Angeletti, Ad di Fabbriche Riunite Metalli, lo conferma:"Nel nostro mondo sono i vertici aziendali che decidono. La cultura é scarsa e la paura di sbagliare molto forte. Il consorzio é la via per smuovere il terreno".

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