La contraffazione costa alle imprese 50 miliardi l’anno

Per gli imprenditori il “made in Italy” è una priorità da difendere soprattutto con la tracciabilità dei prodotti e con maggiori controlli

La difesa del made in Italy è considerata dagli imprenditori del nostro Paese fondamentale. Quasi senza eccezioni  (99%). Si tratta forse di una ovvietà, mentre è meno scontato il fatto che quasi la totalità (94,8%) è anche favore di un “made in” rigoroso, che vada dalla ideazione di un prodotto al suo confezionamento sul territorio della Penisola. Un piccolo 2% ne ha una concezione parziale, che considera solo il confezionamento (2,2%) o l’ ideazione (2,7%).
A rivelare queste opinioni è l’indagine “Oltre il made in Italy” della camera di commercio di Monza e Brianza realizzata su un campione di oltre 1.200 imprese. Sarebbe interessante incrociare tali opinioni con i dati di produzione relativi alla delocalizzazione o con la prassi, di uso comune, di etichettare come “made in” prodotti che invece sono stati da noi semplicemente assemblati. In ogni caso, la difesa del made in “integrale” è un segnale incoraggiante.

Il sondaggio effettuato indica inoltre che alla definizione made in Italy sono associati soprattutto qualità (69,5%) ed eleganza/bellezza (23,9%), mentre gli stessi imprenditori credono meno al binomio Italia-affidabilità (6,6%).
L’indagine indica anche le azioni ritenute più utili dagli imprenditori per attuare la difesa del prodotto italiano: in prima fila c’è la tracciabilità (75,9% degli intervistati), seguita da maggiori controlli (52,6%) e dall’etichetta obbligatoria (38,3%). Azioni che sarebbero da intraprendere con una certa sollecitudine, dato che, stando alle stime della stessa camera di commercio, complessivamente contraffazioni, copie pirata e prodotti “taroccati” costano alle imprese italiane quasi 50 miliardi di euro all’anno (10 nella sola Lombardia), ossia circa 16mila euro a impresa. Una piaga che tocca direttamente o indirettamente circa la metà delle imrpese nostrane. Se si aggiunge il fatto che le imprese investono in media in un anno oltre 7,5 miliardi di euro per registrare invenzioni, marchi e brevetti, la cifra del danno è ancora più netta.

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