Home Prodotti Networking e TLC Il multicloud ha cinque fasi e va fatto con semplicità

Il multicloud ha cinque fasi e va fatto con semplicità

Stiamo entrando a grandi falcate nell’era del multicloud e prima si trova il modo di farlo semplicemente, meglio sarà per tutti. Per ora si sa che non sarà facile. Del resto, come diceva Leonardo da Vinci, a indicare che l’astenersi dall’aggiungere orpelli è pratica ostacolata dall’umana vanità, “la semplicità è la massima raffinatezza”.

La citazione leonardesca è servita a Juniper Networks, nel recente incontro di Londra con partner e clienti europei Nxtwork 2018, per sottolineare la propria strategia di avvicinamento al multicloud: engineering simplicity, ossia, l’ingegnerizzazione della semplicità.

Positivi e concreti come Mr. Wolf

Di citazione in citazione, l’intervento del ceo di Juniper Networks, Rami Rahim, è partito con un’involontaria (?) citazione di Pulp Fiction. «Oggi il tema è la crescita, ovunque, in qualsiasi situazione – ha detto Rahim -. La crescita crea progresso ma anche nuove sfide. E noi di Juniper risolviamo problemi difficili (proprio come il concreto, deciso, positivo Mr. Wolf interpretato da Harvey Keitel nel film di Quentin Tarantino). Il mondo è pieno di storie promettenti e iniziative di portata incredibile, che non riescono a superare le sfide che gli si presentano. Il mio lavoro come ceo di Juniper è assicurare che le cose per quanto difficili si possano fare».

Rami Rahim, ceo di Juniper Networks

Multicloud, nuovo capitolo dell’IT

«La complessità delle reti determinata dalla crescita è dunque il nuovo problema che abbiamo – ha continuato Rahim -. E noi abbiamo dichiarato guerra alla complessità».
La parola d’ordine è Engineering Simplicity, perché è iniziata l’era del multicloud.

«Il multicloud non è il nuovo capitolo del networking: è il nuovo capitolo dell’IT intera», ha spiegato Rahim concedendosi una digressione nostalgica e anticipando un tema poi trattato dall’inventore del web, sir Tim Berners-Lee, intervenuto con le proprie opinioni sullo stato del network e dell’uso che se ne fa.

«Sono entrato in Juniper nel 1997 come impiegato numero 32, ma già allora si intravedevano i segni della crescita digitale. Per noi nel corso degli anni si è trattato di avere un nuovo approccio alla scalabilità, al network fabric. Siamo nella scale-out era, quella che ha creato i datacenter convergenti, il cloud pervasivo. Ora dobbiamo passare a quella del multicloud, che è abilitata da software, che consente di creare sistemi scalabili in modo affidabile».
Rahim ha così introdotto il tema del software defined networking, imperniato su Api, programmabilità e automazione.

Le cinque fasi del multicloud

Il multicloud per Rahim è un fatto di operations: «non si tratta di costruire reti migliori, ma di fare meglio il networking, con visibilità su quello che accade, insight e automazione».
Il passaggio al multicloud ha una vita scandita in cinque fasi, per ottemperare alla missione dell’Engineering Simplicity.

Prima vive la fase gestita direttamente dai sistemisti: con intervento umano. Poi c’è quella dai workflow. La terza fase, event driven, è quella in cui secondo Rahim si trovano al momento molti dei clienti (generalmente service provider) di Juniper Networks. La quarta fase sarà quella machine driven e, infine, il multicloud sarà semplificato veramente quando sarà autosufficiente: self driving.

Creare la nuova era delle cloud operations, quindi, è il prossimo passo di Juniper, per rendere la complessità del multicloud accessibile a tutti. «L’enterprise multicloud – ha sintetizzato Rahim – è fatto di server bare metal, macchine virtuali, container, orchestrazione, policy di sicurezza, analytics, intent based automation».

Bikash Koley, CTO di Juniper Networks

L’evoluzione del networking è nel software

Come ha circostanziato il CTO di Juniper, Bikash Koley, citando Rahim le ere del networking sono tre: la prima, la scale up è compiuta. Adesso siamo nella scale out, e il multicloud sarà la prossima era, che sta nascendo.
Adesso si tratta di gestire i dispositivi tenendo conto delle limitazioni fisiche dettate dall’Mtbf (mean time between failure), ossia l’arco temporale in cui c’è la possibilità che un dispositivo si guasti.
Per esempio: se uno switch ha un Mtbf di 30 anni, installato in 300 unità presenterà un failure al mese. E così via (vedi imagine sotto). Chiaro che per tenere in piedi il multicloud bisogna ridurre questo numero. Come? «Con il software, che è la componente che rende il sistema veramente affidabile», ha detto Koley.

L’automazione non è un lusso

Con il software defined networking il sistema diventa una piattaforma comune, astraibile via API e data model, programmabile a tutti i livelli, disaggregata.
«L’automazione non è un lusso – ha detto Koley – ma è la strada necessaria per fare che il multicloud sia veramente semplificato. Servono analytics, telemetria, orchestrazione e management. Noi abbiamo creato la piattaforma che mette tutto questo assieme».

 

Tim Berners-Lee come Leonardo

L’inventore del world wide web, sir Tim Berners-Lee, ora alle prese con il progetto Solid,
intervenuto per solleticare la platea con qualche riflessione in pensiero laterale alla Edward De Bono, ha avvalorato la via della semplicità per fare multicloud, con qualche distinguo.

Dovendo parlare dell’evoluzione del networking ha ripercorso la storia del Www, ammettendo che la sua invenzione ha preso una direzione che non avrebbe immaginato. Ma non per questo bisogna dire che la tecnologia è cattiva.

«La tecnologia è buona per l’uso che se ne fa. Un esempio, semplice, facile: per vincere le disabilità».

Vogliamo parlare di un tema più difficile, come la democrazia del web, che ha messo in discussione la civiltà digitale? Berners-Lee ha allora citato la coda lunga del web con ficcante ironia: «il problema non è dei contenuti che permangono, ma è che la gente li legge e poi il 90% di loro va a votare».

Gli algoritmi hanno un ruolo nella formazione della coda lunga. L’argomento dirimente è che il web non è al servizio della democrazia: «ciò che emerge dal web generalmente abusa della privacy delle persone».
In modo ancora più chiaro e diretto: «io non sono preoccupato di farmi vedere nudo sul web da altre persone. Quello che mi pesa sono i dati che le persone si scambiano dopo averlo fatto e che alimentano gli algoritmi».

Diritto all’oblio, privacy, fake web, Gdpr per Berners-Lee sono tutti dorsi della stessa moneta, che serve a giustificare la distopia esistente fra la parcellizzazione del potere universale consentita da un fenomeno come wikipedia e la centralizzazione del controllo sulle persone che attuano i social network.

Ma il messaggio che lascia è positivo, ottimista: abbiamo di fronte grandi opportunità, a patto che si faccia molta ricerca sulla cybersecurity e che non si tralasci di impiegare quella cosa che naturalmente dovremmo avere e che si chiama buon senso.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome

Se questo articolo ti è piaciuto e vuoi rimanere sempre informato sulle novità tecnologiche
css.php