Iva pagata a seguito di accertamento definitivo, le Entrate rispondono ai quesiti su rivalsa e detrazione

Il cessionario o committente potrà esercitare il diritto alla detrazione dopo aver corrisposto al cedente o prestatore l’Iva addebitatagli in via di rivalsa.

Con la Circolare n. 35/E, l’Agenzia delle Entrate ha fornito una guida pratica che viene incontro alle richieste di chiarimento
dei contribuenti su alcuni aspetti operativi legati alla possibilità di esercitare la rivalsa nei confronti dei
cessionari dei beni o dei committenti dei servizi.

Più in dettaglio, per esercitare la rivalsa dell’Iva pagata a titolo definitivo in sede di accertamento il cedente/commissionario deve emettere, e annotare
nei
registri Iva, una fattura (o una nota di variazione in aumento) con gli estremi
identificativi dell’atto di accertamento che dà titolo alla rivalsa.
Il diritto alla detrazione da
parte del cessionario/committente è, invece, subordinato al pagamento dell’Iva accertata addebitatagli in via di rivalsa, con l’annotazione
nel
registro acquisti. Il
documento di prassi chiarisce che la norma non prevede particolari oneri a carico del committente/cessionario sul riscontro del versamento dell’imposta accertata, purché adempia agli ordinari doveri di diligenza e cautela nel verificare la correttezza
e la
regolarità della fattura ricevuta.

Quando il contribuente
definisce l’accertamento
utilizzando uno degli strumenti deflattivi del contenzioso
tributario, come, per esempio, l’adesione, l’acquiescenza e la conciliazione giudiziale,
può comunque addebitare in via di rivalsa l’Iva relativa all’accertamento. In tutti questi casi, infatti, si tratta di accertamenti divenuti definitivi.

Non è invece consentita
la rivalsa, né l’esercizio del
diritto alla detrazione, dell’imposta versata a seguito di atti non divenuti definitivi, né in pendenza di giudizio sull’avviso di accertamento
.
Ovviamente, a conclusione del
contenzioso, si potrà esercitare la rivalsa nei confronti del cessionario/committente di
quanto già versato nel corso del procedimento tributario.

Il diritto alla rivalsa potrà essere esercitato anche in
caso di rateazione degli importi dovuti al Fisco
, a condizione che la prima rata, che
perfeziona la procedura e rende definitivo l’accertamento, sia stata pagata a partire dal 24 gennaio 2012. In questo caso il diritto alla rivalsa potrà essere esercitato in relazione
al
pagamento delle singole rate. Inoltre, l’Agenzia chiarisce che, anche nell’ipotesi in cui l’Iva contestata sia assolta in parte mediante versamento e in parte mediante compensazione con un credito Iva riconosciuto in sede definizione dell’accertamento, sarà possibile effettuare la rivalsa per l’intero ammontare di imposta accertato.
Anche
l’esportatore abituale, cui il Fisco ha contestato di aver effettuato acquisti senza pagare Iva oltre il plafond disponibile, può esercitare il diritto alla detrazione dell’Iva pagata
dopo l’accertamento
.
Con
riferimento ai tempi, il documento di prassi precisa che
occorre far valere questo diritto, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo
anno successivo a quello in cui ha provveduto a pagare l’imposta,
la
maggiore imposta,
le
sanzioni e gli interessi. Ciò nel rispetto del principio di neutralità
del
tributo, per cui
l’opportunità di detrarre l’Iva a debito pagata dopo l’accertamento è riconosciuta anche
quando chi è tenuto a versare l’imposta non è il cedente/prestatore
ma
il cessionario/committente.

Il nuovo quadro normativo
si applica agli
accertamenti divenuti
definitivi dopo l’entrata in vigore del Decreto liberalizzazioni (24
gennaio 2012)
, che ha
modificato l’art. 60, settimo comma, del Dpr n. 633/1972. In ogni caso, il diritto alla detrazione
può essere esercitato al più tardi con la dichiarazione
relativa
al secondo anno successivo a quello in
cui è stata
corrisposta l’imposta
addebitata in via di rivalsa.

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