Italia scarsa nell’innovazione

L’European innovation scoreboard piazza la Penisola al 12° posto in Europa. POchi laureati ingegneria e scarsa attenzione delle Pmi all’Ict

“L’economia italiana sta diventando gradualmente meno competitiva”. Inizia così la sezione dell’European innovation scoreboard dedicata all’Italia che nella classifica stilata dalla Commissione europea si trova al 12° posto con dietro Spagna, Grecia e Portogallo oltre ai “nuovi” Paesi europei.

La Penisola si piazza poi al 21° posto negli input di innovazione e al 20° per quanto riguarda innovazione e imprenditorialità.
Secondo gli esperti della Commissione europea abbiamo pochi laureati in ingegneria e materie scientifiche, una “relativamente” solida struttura produttiva di piccole e medie imprese che però non cooperano per quanto riguarda l’innovazione, l’offerta di venture capital è scarsa così come basso è il livello di investimenti in tecnologie per l’informazione e la comunicazione.

“L’innovazione – spiega il rapporto – è spesso percepita come processo di modernizzazione e non come un’attività strategica”. Inoltre la maggior parte delle piccole e medie imprese italiane non ha un’attività di R&D e la sua capacità di innovare è strettamente legata alla capacità di learning by doing.
Qualche luce il rapporto la intravede nell’azione di governo. “L’Italia ha sviluppato un accurato set di misure per stimolare innovazione e tecnologia. Alcuni di questi strumenti (Tecno-Tremonti, ndr) sono abbastanza avanzati e innovativi”.
Affermazioni che permettono al ministro dell’Innovazione Lucio Stanca di commentare con tono positivo il rapporto.
“Ombre già note, ma soprattutto diverse luci, che non possono essere assolutamente ignorate” è il parere di Stanca che prosegue.
“Dal Rapporto emergono elementi che ci penalizzano, ma che vengono da lontano”, ha detto ricordando che “tra i fattori che pesano di più ci sono quelli strutturali, come la bassa percentuale di popolazione laureata ed in particolare di laureati in materie scientifiche; la questione della ridotta dimensione delle nostre imprese, in gran parte piccole e medie; la bassa spesa per ricerca e sviluppo da parte delle piccole imprese e la carenza del ricorso al venture capital nel nostro sistema finanziario. Tutti fattori che possono essere migliorati solo nel lungo periodo di tempo”.
In generale, ha spiegato, “l’Italia è il Paese con un tasso di crescita dell’indice di innovazione nella media europea, davanti a Svezia, Francia e Gran Bretagna, e si pone subito dopo il novero dei paesi più avanzati, non di quelli in retrocessione, come Spagna e Belgio”.

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