IRES: soggetti, imponibile e imposta

Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza su quanto prevede la legge, evidenziando in particolare a quali soggetti economici è applicabile o meno l’imposta e in che misura.

SOGGETTI PASSIVI E RESIDENZA

PRESUPPOSTO D’IMPOSTA
Presupposto dell’IRES è il possesso dei redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie indicate nell’art. 6 tuir.
Per le società di capitali e per gli enti commerciali residenti, nonché per le società e per gli enti commerciali non residenti in Italia, ma con una stabile organizzazione nel territorio dello Stato, tutti i redditi da qualunque fonte provengano sono redditi d’impresa. Gli enti non commerciali (residenti e non residenti), nonché le società e gli enti commerciali non residenti e privi di stabile organizzazione in Italia, possono avere sia il reddito d’impresa che i redditi delle altre categorie compatibili con la loro attività (redditi fondiari, redditi di capitale, di lavoro autonomo e redditi diversi).
D.Lgs. n. 344/2003; artt. 6 e 72 tuir

SOGGETTI PASSIVI
Sono soggetti passivi dell’IRES:
• le società per azioni, le società in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative, le società di mutua assicurazione, le società europee (di cui al regolamento CE n. 2157/2001) e le società cooperative europee (di cui al regolamento CE n. 1435/2003), residenti nel territorio dello Stato (ivi comprese le società di capitali che svolgono funzioni di pubblico interesse a vantaggio dello Stato e di altri enti pubblici);
• gli enti commerciali, cioè gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;
• gli enti non commerciali, cioè gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;
• le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato.
Le società di persone, le associazioni di professionisti o artisti e i soggetti equiparati quando non sono residenti in Italia sono soggetti IRES (non hanno il regime della trasparenza).

Società fiduciarie
Le società fiduciarie sono soggetti passivi IRES; tuttavia, per i redditi spettanti ai fiducianti si applica il c.d. “principio di trasparenza”, per il quale i redditi derivanti dagli investimenti sono direttamente imputati ai fiducianti qualora le società fiduciarie adempiano agli obblighi di comunicazione dei dati relativi ai soggetti percettori dei proventi (art. 9, L. n. 1745/1962; circ. 10.5.1985, n. 16/9/674).
Società di cartolarizzazione
Non è autonomo soggetto passivo il “patrimonio separato” delle società-veicolo (SPV) costituite nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione di cui alla L. n. 130/1999, poiché il patrimonio “separato” di tali società è destinato a soddisfare i crediti dei portatori dei titoli obbligazionari da esse emessi. Il risultato di gestione che residua dopo avere pagato i creditori
è tassato alla scadenza dell’operazione in capo alla società-veicolo (circ. 6.2.2003, n. 8/E). Nei confronti delle SPV devono comunque essere operate le ritenute alla fonte a titolo d’acconto sugli interessi attivi, che possono essere scomputate all’atto della tassazione del reddito (ris. 5.12.2003, n. 222/E).
Art. 73, c.1 tuir

ENTI DIVERSI DALLE SOCIETÀ
Tra gli enti diversi dalle società soggetti all’IRES si comprendono tutti quelli con personalità giuridica, cioè gli enti pubblici, le fondazioni e le associazioni non riconosciute, i trust, nonché i consorzi e le altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi, nei confronti dei quali il presupposto dell’imposta si verifica in modo autonomo.

Soggettività autonoma: casistica
Sono soggetti passivi:
• le federazioni sportive nazionali (ris. 29.1.1982, n. 11/021);
• le amministrazioni separate di usi civici (ris. 20.7.1996, n. 141/E);
• il Fondo gestione bombole di metano istituito presso l’ENI (ris. 18.6.1976, n. 10/620);
• i comitati direttivi degli agenti di cambio (ris. 18.12.1975, n. 10/50115);
• i convitti svolgenti anche attività di diritto privato oltre che di diritto pubblico (ris. 23.10.1995, n. 252/E);
• i consorzi tra comuni e privati (ris. 23.9.2002, n. 307/E);
• i CAF (in quanto enti commerciali che svolgono l’attività di assistenza fiscale; artt. 32 – 40, D.Lgs. n. 241/1997);
• le aziende speciali di enti pubblici come le Camere di commercio, quando in base alle previsioni statutarie hanno autonomia gestionale, contabile e finanziaria, un proprio patrimonio e organi propri (ris. 23.3.2005, n. 37; nota 3.7.2006, n. 2006/99680).
Non sono autonomi soggetti passivi rispetto all’ente di appartenenza, per difetto del requisito dell’autonomia del presupposto d’imposta:
• le sezioni di credito fondiario delle casse di risparmio (ris. 28.7.1977, n. 11/3378);
• le gestioni autonome previdenziale e assistenziale di un ente (Comm. trib. centr. 26.1.1994, n. 270);
• il fondo di solidarietà dei soci della SIAE (ris. 23.11.1988, n. 11/1298);
• il “patrimonio separato” delle società (SPV) costituite nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione, ai sensi della L. n. 130/1999 (circ. 6.2.2003, n. 8/E).

Sono enti non commerciali gli enti pubblici e privati il cui “oggetto” esclusivo o principale è di carattere non commerciale.
Art. 73, c. 2 tuir

SOGGETTI ESCLUSI
Non sono soggetti all’IRES:
• gli organi e le Amministrazioni dello Stato, compresi quelli a ordinamento autonomo, anche se dotati di personalità giuridica;
• i comuni (ai sensi della L. n. 142/1990, le aziende municipalizzate sono società autonome rispetto al comune di appartenenza e, pertanto, sono soggette all’IRES);
• i consorzi tra enti locali;
• le associazioni e gli enti gestori di demani collettivi;
• le comunità montane, le province e le regioni;
• i fondi pubblici di agevolazione istituiti e regolati da leggi dello Stato o delle regioni (art. 39, L. n. 342/2000);
• le associazioni di donatori volontari di sangue e le relative federazioni per le attività e gli atti svolti per gli scopi associativi (art. 9, L. n. 219/2005);
• le associazioni che operano per la realizzazione o che partecipano a manifestazioni di particolare interesse storico, artistico e culturale, legate agli usi e alle tradizioni delle comunità locali, individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze (per il 2007 e 2008 v. art. 1, D.M. 3.7.2008). I soggetti ammessi all’esclusione sono esonerati dagli obblighi di tenuta delle scritture contabili. Inoltre, le persone fisiche incaricate di gestire le attività connesse alle finalità istituzionali dei soggetti ammessi all’esclusione non assumono la qualifica di sostituti d’imposta e sono esenti dagli obblighi stabiliti dal D.P.R. n. 600/1973. Infine, le prestazioni e le dazioni offerte da persone fisiche in favore delle predette associazioni ai fini delle imposte sui redditi hanno carattere di liberalità (art. 1, cc. 185-186, L. n. 296/2006).
Associazioni per manifestazioni culturali locali – Le associazioni senza fine di lucro, che nelle finalità istituzionali prevedono la realizzazione o la partecipazione a manifestazioni di particolare interesse storico, artistico o culturale, legate agli usi ed alle tradizioni delle comunità locali, sono escluse da IRES, previa individuazione con decreto ministeriale a seguito di apposita domanda (art. 1, c. 185, L. n. 296/2006; artt. 1-6, D.M. 8.11.2007, n. 228). Procedimento – Le predette associazioni, a decorrere dal 20 luglio ed entro e non oltre il 20 settembre di ciascun anno d’imposta, presentano all’Agenzia delle entrate, in via telematica, utilizzando il modello predisposto dall’Agenzia delle entrate (Provv. Dir. Ag. Entr. 14.12.2007), domanda con la quale chiedono di essere inseriti tra i soggetti beneficiari dell’esclusione. La domanda, a pena di inammissibilità, reca una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà con la quale il legale rappresentante dell’organizzazione dichiara: a) l’assenza del fine di lucro; b) gli apporti specifici alla realizzazione e/o alla partecipazione a manifestazioni di particolare interesse storico, artistico e culturale, legate agli usi e alle tradizioni delle comunità locali, espressamente previste tra le finalità istituzionali dell’associazione; c) l’effettiva opera svolta per la realizzazione o partecipazione alle manifestazioni di cui alla lettera b), svolte nell’ambito territoriale di appartenenza dell’associazione, ovvero in altri ambiti territoriali, solo nel caso in cui la manifestazione per ragioni storiche si svolga oltre che nel proprio ambito territoriale anche in altri luoghi; d) il reddito complessivo dell’associazione relativo all’anno precedente la presentazione della domanda; e) da quale anno effettivamente l’associazione svolge in modo continuativo le attività di cui alla lettera b); f) da quale anno si svolgono le manifestazioni di cui alla lettera b).
Nell’individuazione dei beneficiari si tiene conto dei soggetti che da più tempo operano per la realizzazione o partecipano in modo continuativo alle predette manifestazioni e, a parità di tale condizione, alle manifestazioni di più antica istituzione e rappresentative in modo preminente delle tradizioni storico, artistico e culturali di una determinata realtà territoriale e, in caso di ulteriore parità, secondo l’ordine cronologico di presentazione delle domande ritenute idonee.
Altri soggetti esclusi – Disposizioni specifiche di esclusione dall’IRES sono previste per particolari soggetti cui si applicano imposte sostitutive (fondi comuni di investimento e fondi pensione), e per il gruppo europeo di interesse economico, il cui reddito è imputato ai partecipanti.
Art. 74, tuir; art. 39, L. n. 342/2000

RESIDENZA
Mentre per i soggetti residenti l’IRES si applica per su tutti i redditi, indipendentemente dal luogo di produzione (c.d. worldwide taxation), per i soggetti non residenti è imponibile il solo reddito prodotto in Italia. Si considera residente la società o l’ente che per la maggior parte del periodo d’imposta ha nel territorio italiano anche solo uno dei seguenti elementi:
• la sede legale, stabilita dall’atto costitutivo;
• la sede amministrativa, cioè il luogo nel quale gli amministratori esercitano l’attività di direzione della società o dell’ente:
• l’oggetto principale, come definito ai fini della determinazione della commercialità; anche ai fini della determinazione della residenza, l’oggetto principale deve essere determinato in base alla situazione sostanziale (Cass. 10.12.1974, n. 4172).
Pertanto non ha rilievo né il luogo di costituzione della società, né la presenza di meri uffici di rappresentanza o di pubbliche relazioni (ris. 18.5.1978, n. 9/724).
Società esterovestite – Una società o ente che alla data di chiusura del proprio esercizio o periodo di gestione detiene partecipazioni di controllo (ai sensi dell’art. 2359, c. 1, c.c.:  in società o enti residenti in Italia, si presume, salvo prova contraria, con sede amministrativa in Italia, e quindi residente, quando ricorre anche solo uno dei seguenti presupposti:
• alla data di chiusura del proprio esercizio o periodo di gestione è controllata anche indirettamente (ai sensi dell’art. 2359, c. 1, c.c.) da soggetti (persone fisiche, società o enti) residenti in Italia. Al fine di stabilire se una persona fisica abbia il controllo si computano anche i voti dei familiari fiscalmente a carico;
• per la maggior parte del periodo d’imposta (circ. 16.2.2007, n. 11, par. 12.3) è amministrata da un consiglio di amministrazione o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti in Italia.
Società con patrimonio investito in fondi immobiliari chiusi italiani – Salvo prova contraria, si considerano residenti in Italia le società o enti per cui ricorrono entrambi i seguenti requisiti (circ. 3.11.2008, n. 61, par. 3):
• il cui patrimonio è investito in misura prevalente in quote di fondi di investimento immobiliare chiusi (di cui all’art. 37, D.Lgs. n. 58/1998);
• e sono controllati (ai sensi dell’art. 2359, cc. 1-2, c.c.) direttamente o indirettamente, per il tramite di società fiduciarie o per interposta persona, da soggetti residenti in Italia.
Effetti – In presenza dei presupposti per la presunzione la società o l’ente deve applicare la disciplina dei residenti a tutti gli effetti strumentali e sostanziali (e corrispondentemente il controllante residente non deve applicare la disciplina CFC: ovvero, poiché la presunzione è relativa, fornire la prova contraria, cioè elementi di fatto idonei a dimostrare che la direzione della società è effettivamente esercitata all’estero.

Inapplicabilità dell’interpello preventivo
Non può essere richiesta la disapplicazione della presunzione di residenza mediante l’interpello preventivo per la disapplicazione di disposizioni antielusive, poiché quest’ultimo è esperibile solo per la disapplicazione di norme che incidono in maniera diretta e immediata sul quantum dell’obbligazione tributaria, ossia di norme che limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta o altre posizioni soggettive altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario, e che per ciò stesso impattano direttamente sulla determinazione del debito tributario (ris. 5.11.2007, n. 312).

Art. 73 tuir; circ. 4.8.2006, n. 28/E; par. 8

COMMERCIALITÀ DEGLI ENTI

COMMERCIALITÀ DEGLI ENTI
Sono enti non commerciali gli enti pubblici e privati che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di un’attività commerciale, cioè gli enti:
• che non svolgono alcuna attività commerciale;
• o che svolgono una o più attività commerciali in via accessoria rispetto ad una o più attività principali non commerciali.

Impresa sociale
In presenza dei requisiti soggettivi e delle altre condizioni gli enti non commerciali e le ONLUS continuano ad applicare le disposizioni tributarie loro proprie anche se acquistano la qualifica di impresa sociale (art. 17, D.Lgs. n. 155/2006).

Oggetto e scopo dell’ente – Mentre l’oggetto è sostanzialmente l’attività che l’ente si propone di esercitare, lo scopo è il fine a cui tende l’ente. Pertanto, poiché per determinare la natura commerciale di un ente occorre avere riguardo all’oggetto, non assume rilievo il fatto che lo scopo dell’ente sia non lucrativo o di pubblico interesse.

Casistica
Sono stati ritenuti enti commerciali a prescindere dall’assenza del fine di lucro:
• una associazione non riconosciuta che gestiva un club (Cass. 4.10.1991, n. 10409), ovvero un bar-caffè (Cass. 12.10.2005, n. 19840);
• l’Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane (ris. 3.8.1977, n. 11/3031);
• un gruppo folcloristico (ris. 12.9.1981, n. 11/766).

Oggetto esclusivo o principale – Per oggetto esclusivo o principale si intende l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto (circ. 12.5.1998, n. 124/E, ris. 26.9.2001, n. 136/E e 4.3.2002, n. 70/E).
Individuazione – L’oggetto esclusivo o principale degli enti è individuato:
• per gli enti residenti: in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata ovvero, in mancanza di atto costitutivo o statuto redatto in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata, in base all’attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato;
• per gli enti non residenti: in base all’attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato

Società estera di consulenza legale con base fissa in Italia
Una società estera che svolge in Italia soltanto attività di assistenza e consulenza legale mediante una base fissa si considera non commerciale (ris. 26.4.2007, n. 80/E). Tuttavia, indipendentemente dalle previsioni statutarie, anche l’ente residente perde la qualifica di ente non commerciale, se esercita prevalentemente attività commerciale per un intero periodo d’imposta.
Casistica
Sono stati ritenuti enti commerciali:
• l’Ente autonomo acquedotto pugliese (ris. 29.9.1976, n. 9/115);
• gli istituti privati di istruzione (ris. 27.2.1980, n. 11/003);
• gli istituti autonomi case popolari (ris. 9.7.1975, n. 11/906 e 16.11.1976, n. 10/1120);
• gli enti provinciali per il turismo (ris. 1.8.1977, n. 11/3349);
• gli educandati (ris. 28.7.1977, n. 3298);
• l’UNIRE (ris. 27.7.1981, n. 11/714);
• gli enti comunali di consumo (ris. 16.1.1981, n. 52).
Sono stati ritenuti enti non commerciali:
• l’Associazione nazionale combattenti e reduci (ris. 30.6.1975, n. 552/591);
• la Cassa per il Mezzogiorno (ris. 7.6.1976, n. 10/422);
• gli ordini professionali (ris. 22.4.1975, n. 11/571);
• le case di riposo (ris. 24.3.1983, n. 11/350);
• le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (ris. 21.11.1986, n. 11/710);
• una fondazione per l’organizzazione dei giochi olimpici (ris. 26.9.2001, n. 136/E);
• le autorità portuali (ris. 16.3.2004, n. 40; circ. 21.4.2008, n. 41).
Artt. 73, c. 4 e 5 e 74, c. 2 tuir

PERDITA DELLA NON COMMERCIALITÀ
Indipendentemente dalle previsioni statutarie, l’ente perde la qualifica di ente non commerciale qualora eserciti prevalentemente attività commerciale per un intero periodo d’imposta (cfr.: Cass. 4.10.1991, n. 10409; ris. 26.9.2001, n. 136/E). Inoltre, sono previste alcune cause oggettive sintomatiche della perdita della qualifica di ente non-commerciale (le disposizioni non si applicano agli enti ecclesiastici riconosciuti come persone giuridiche agli effetti civili e alle associazioni sportive dilettantistiche). Tali cause sono sottoposte al giudizio degli uffici finanziari, i quali devono valutare la perdita della qualifica di ente non commerciale sulla base di un’analisi complessiva dell’attività, non potendosi limitare a ravvisare la perdita della qualifica dal verificarsi di una sola delle predette “cause” (circ.
12.5.1998, n. 124/E).
Rilevano i seguenti parametri:
• prevalenza delle immobilizzazioni impiegate nell’attività commerciale (materiali, immateriali e finanziarie, circ. 12.5.1998, n. 124/E), al netto degli ammortamenti, rispetto alle restanti attività;
• prevalenza dei ricavi risultanti dalle attività commerciali rispetto al valore normale delle cessioni o prestazioni afferenti le attività istituzionali;
• prevalenza dei redditi derivanti da attività commerciali (intendendosi per tali i componenti positivi del reddito d’impresa, al netto dei contributi percepiti da enti pubblici per lo svolgimento di finalità sociali e dei proventi derivanti da attività considerate non commerciali dalla legge, – circ. 12.5.1998, n. 124/E) rispetto alle entrate istituzionali (intendendosi per tali i contributi, le sovvenzioni, le liberalità e le quote associative);
• prevalenza dei componenti negativi relativi all’attività commerciale rispetto alle altre spese.
La perdita della qualifica di ente non commerciale (e delle agevolazioni connesse a tale qualifica in termini di detassazione di proventi) opera dall’inizio del periodo d’imposta in cui si verifica e comporta l’obbligo dell’ente di iscrivere tutti i beni facenti parte del patrimonio nel registro degli inventari (art. 15, D.P.R. n. 600/73) entro sessanta giorni dall’inizio del periodo d’imposta in cui ha effetto il mutamento.
Con riguardo a tale ultima disposizione, l’Amministrazione finanziaria ritiene che, anno per anno, l’ente debba operare una sorta di “valutazione prospettica” dell’attività da esercitare, provvedendo a istituire la contabilità propria degli enti commerciali (ivi compresa l’iscrizione dei beni nel registro degli inventari entro sessanta giorni dall’inizio del periodo d’imposta), quando sia previsto l’esercizio prevalente di attività commerciale (a pena di accertamento induttivo extra-contabile) (circ. 12.5.1998, n. 124).
Art. 149 tuir; circ. 12.5.1998, n. 124/E.

ATTIVITÀ COMMERCIALI E NON COMMERCIALI
Per gli enti in generale si considerano attività commerciali le stesse attività che si considerano tali per le persone fisiche, cioè:
• le imprese commerciali;
• e le altre attività commerciali.

Economicità
Benché per gli enti valga la medesima nozione di attività commerciale che vale per le persone fisiche, particolare rilievo assume il criterio dell’economicità (Cass. 26.2.1990, n. 1439; ris. 29.9.1976, n. 9/115; 10.5.1980, n. 11/449; 26.3.1981, n. 11/459), nel senso che è più frequente il caso dell’esercizio di attività di mera erogazione di beni o servizi (gratuita o programmaticamente
in perdita), che non si considerano commerciali in quanto non svolte per professione.
Art. 55, c. 3, tuir

FUNZIONI STATALI E ATTIVITÀ PREVIDENZIALI, ASSISTENZIALI E SANITARIE DEGLI ENTI PUBBLICI
Per gli enti pubblici sono previsti casi specifici di attività che non si considerano commerciali, anche se rientrano nella nozione generale di attività commerciali. In particolare, la commercialità è esclusa per:
• l’esercizio di funzioni statali da parte di enti pubblici;
• l’esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine, comprese le aziende sanitarie locali.
Altre attività – L’esclusione della commercialità è limitata alle predette attività; pertanto, le altre attività eventualmente esercitate dagli enti pubblici costituiscono attività commerciali se rientrano nella nozione generale di attività commerciale.

Casistica
Le aziende sanitarie locali possono svolgere anche attività commerciale (circ. 29.8.1991, n. 26/11/562). Allo stesso modo, possono svolgere attività commerciale: le università statali (circ. 2.5.1994, n. 37/E); gli istituti tecnici (circ. 8.8.1995, n. 222/E); i convitti nazionali (ris. 29.10.2003, n. 204).

Effetti dell’esclusione della commercialità – L’esclusione della commercialità per le predette attività rileva ai fini della qualificazione degli enti e ai fini della qualificazione dei redditi.
Qualificazione degli enti – Poiché le predette attività (di norma) costituiscono l’attività principale degli enti che le esercitano, il fatto che non si considerino commerciali comporta che gli enti:
• si qualifichino come enti non commerciali;
• a meno che esercitino ulteriori e diverse attività: a) che sono considerate commerciali; b) e sono svolte in via principale.
Qualificazione dei redditi – Poiché i predetti enti (di norma) si qualificano come enti non commerciali, i singoli redditi si qualificano e sono tassati secondo l’appartenenza alle categorie di redditi (di partecipazione, fondiari, di capitale, d’impresa e diversi: tenendo conto che, i redditi delle attività a commercialità esclusa non sono qualificabili come redditi d’impresa.
Pertanto:
• i redditi delle attività a commercialità esclusa sono soggetti a tassazione solo se sono riconducibili a categorie di redditi diverse da quella dei redditi d’impresa;
• i redditi derivanti da eventuali ulteriori attività seguono il regime loro proprio e quindi si qualificano e sono tassati secondo l’appartenenza alle categorie di redditi (compresi gli eventuali redditi d’impresa derivanti da attività commerciali non esercitate in via principale).
Art. 74, c. 2 tuir

 

(per maggiori approfondimenti vedi Manuale fiscale, Novecento Media)

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