Investire di più in Cina, ma occhio alle truffe

L’Ice di Shanghai mette in guardia le aziende italiane dai tranelli di presunti imprenditori cinesi: acquisti anticipati, viaggi commerciali e registrazioni dei domini web

La fretta è cattiva consigliera per le aziende italiane che investono in Cina. Il monito arriva dall’Ice (Istituto per il commercio estero), che mette in guardia i nostri imprenditori impegnati in affari con il gigante asiatico. Raggiri, truffe, merci scadenti, società fantasma, spedizioni mai partite: attenzione agli specchietti per le allodole, che spesso attirano in trappole dannose per il portafoglio. Per non farvi abbindolare da presunti imprenditori cinesi senza scrupoli, l’Ice ha stilato un decalogo con i maggiori rischi da fronteggiare negli scambi import-export con Pechino.

La Cina, ricorda l’Ice, è un partner commerciale generalmente affidabile, come testimonia il crescente volume d’affari con il resto del mondo. Le pratiche truffaldine costituiscono una minoranza sul totale delle operazioni, ma è necessario tenere gli occhi ben aperti. I problemi nascono spesso dalla fretta e dalla scarsa conoscenza della realtà cinese, rimanendo abbagliati da proposte remunerative, prezzi concorrenziali e richieste sospette, a volte camuffate da tradizioni locali.

Trappole in agguato: acquisti anticipati e viaggi commerciali
La regola d’oro è sempre verificare l’esistenza e affidabilità della controparte cinese, così come la validità delle condizioni proposte (dazi, tasse, particolari aspetti contrattuali). L’ufficio Ice di Shangai può fornire consulenza, gratuita e a pagamento, per le imprese italiane. Bisogna diffidare, innanzi tutto, di richieste per pagamenti anticipati su internet, ad esempio con bonifici bancari, per ottenere ordini di prova e campionari. Può accadere che la merce acquistata non arrivi mai a destinazione, senza possibilità di rintracciare il fornitore cinese e dunque di recuperare i soldi (normalmente piccoli importi intorno ai mille euro).

Un tranello molto comune riguarda le missioni commerciali, travestite come indispensabili per chiudere un contratto di vendita. La presenza fisica di entrambi gli attori coinvolti nella trattativa, non è assolutamente necessaria per mettere nero su bianco. Un imprenditore, prima di recarsi in Cina, dovrebbe quindi verificare i reali presupposti del viaggio: è successo che aziende italiane abbiano pagato somme in contanti (fino a 4mila euro), una volta giunte sul posto, per ottenere fantomatiche licenze d’importazione, rimanendo invece con un pugno di mosche. Bisogna drizzare le antenne anche quando una ditta cinese chiede l’invio di una sua delegazione, con spese anticipate per il viaggio e addirittura lettere d’invito per un visto d’affari (spesso è un tentativo per aggirare le leggi sull’immigrazione).

Certificazioni fantasma e truffe sul web
Il web è terreno fertile per imboscate telematiche ad aziende distratte. Ci sono società che spacciano registrazioni fasulle dei domini internet, dietro pagamento di alcune centinaia di euro, sostenendo che la procedura è necessaria per creare un sito col nome del proprio marchio. La registrazione in Cina è invece libera, al costo di circa 20 euro annuali su vari provider. Cautela, infine, per gli acquisti destinati ai mercati europei: è buona regola verificare la merce in loco prima della spedizione, per non trovarsi con prodotti privi delle certificazioni e omologazioni obbligatorie nei paesi occidentali (e quindi invendibili).

I principali consigli dell’Ice si riassumono allora così: controllare l’identità del partner cinese, domandare copia della licenza business e del certificato import-export, recuperare informazioni riservate sulle società (magari tramite l’Ice a Shanghai), stabilire metodi di pagamento sicuri, meglio se dopo aver ispezionato la merce con aziende di fiducia. In questo modo, si potranno ridurre al minimo i rischi di subire truffe con gli occhi a mandorla.

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