Internet diventa World Wide Cloud

Un ampio cambiamento marcoeconomico sta ristrutturando il mondo, via via diventando green o cloud nel microcosmo Ict. Le spese diminuiscono, ma aumentano le competenze necessarie. E Conficker…

Expocomm, l’evento sulle reti gemellato con Smau Business Roma, ha organizzato una sessione dal semplice titolo “Virtualization & Cloud“, portando all’attenzione del pubblico alcuni casi interessanti e un quadro generale.
Svariati sono stati gli esempi di applicazione portati con chiarezza e dettaglio.

Attraversando le scelte media-aware della Vision Cloud della Rai, passando all’evoluzione dei sistemi informativi collegati alle ferrovie italiane dopo il recentissimo appalto, per riferire di due approcci di specifico completamente diverso, il panel ha certamente risposto alle esigenze di esemplificazione del pubblico intervenuto.

Internet diventa la World Wide Cloud, cioè un’infrastruttura globale di distribuzione delle risorse It che può rendere possibile la realizzazione di più o meno grandi economie di scala. Le principali domande provenienti dal mercato rispetto all’introduzione in azienda di queste tecnologie sono legate principalmente alle modalità di implementazione e di integrazione con le infrastrutture esistenti, oltre ad una particolare attenzione al rapporto qualità/prezzo e agli approcci green che inducano una riduzione dei costi.


“Quello che oggi chiamiamo cloud computing non è solo una questione Ict”,
ha spiegato Stefano Uberti Foppa, direttore di Zerouno e moderatore dell’evento, “ma una diversa gestione del rischio d’impresa anche a livello macroeconomico”.
“Gli europei in generale, e gli italiani in particolare, non amano partecipare agli organismi standardizzatori”, ha sottolineato Giorgio Betti, Vp EuroCloud Italia, che invece è un punto determinante in una materia internazionale per eccellenza.

Ma la normativa, ieri come oggi, è lacunosa, farraginosa e sovrapposta, e va interpretata con grande attenzione ma con altrettanta decisione.
“Tutta la mail internazionale dell’Ice, Istituto per il commercio estero, è su server Google europei”, racconta Giuseppe Armenia, Ceo di Retitalia; “abbiamo aggiunto un servizio di autenticazione che risiede in Italia e poche altre cose, difendendo il nostro approccio nelle sedi opportune” senza particolari problemi.

L’analisi di convenienza di una trasformazione verso il nuovo approccio viene generalmente inchiodata su vecchie rappresentazioni quali il Roi, per evitare ai manager l’obbligo dell’aggiornamento, ma è un errore.
“Come accaduto in passato con l’open source, anche con il cloud occorre evitare le banalizzazioni, come ridurre l’analisi ad una comparazione Capex vs. Opex”, fa notare Roberto Galoppini, Government It advisor e Vp del Cdti (Club Dirigenti Tecnologie dell’Informazione di Roma).
Il Club intende farsi parte attiva: “anche questa volta, come già fatto in passato, ci candideremo per supportare la pubblica amministrazione nella redazione di eventuali linea guida”.

E terminiamo con una notazione particolare.
Luca Collacciani di Akamai ha presentato alcuni dati, rilevando come l’elevatissima potenza di calcolo di Amazon, e ancora di più di Google (1 milione di Cpu per 1,5 Tbps), sia solamente una frazione di quella teoricamente a disposizione del malware Conficker secondo stime non ufficiali che recitano 18 milioni di Cpu per 28 Tbps.
Usando dati e definizioni in maniera disinvolta, possiamo dire che Conficker è la specialty cloud più potente del mondo. È un gioco, ma serve a ribadire che la rete offre opportunità ma anche rischi.

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