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Intelligenza artificiale vuol dire avere robot al servizio dell’uomo

Ogni giorno si discute su come classi di lavoratori diverranno inutili in relazione al fatto che macchine con intelligenza artificiale si sostituiranno al lavoro delle persone.

Secondo Roberto Chinelli, CTO e Digital BU Lead di Avanade Italia, dovremmo invece approcciare l’argomento cominciando col porci una domanda più significativa: “I lavori esistenti sono svolti al meglio o potremmo in qualche modo migliorarli?

Quasi tutte le occupazioni oggi richiedono mansioni inadatte all’uomo, ripetitive e noiose. Parliamo di attività come prendere appunti, inserire dati, svolgere alcune mansioni amministrative.

L’uomo ha un limite di efficienza

Per quanto una persona possa essere motivata, queste sono attività poco adatte alle nostre caratteristiche, tanto che nel compierle si diventa negligenti, prolissi, approssimativi e si finisce con l’annoiarsi e procrastinare le cose, dimostrando i limiti dell’efficienza umana.

È su questo fronte che per Chinelli i robot possono portare un valore grande, reale ed immediato. E ancora maggiore può essere il contributo della tecnologia che usa intelligenza artificiale per imitare l’apprendimento, il processo decisionale e le attività umane.

Roberto Chinelli, CTO e Digital Business Unit Lead di Avanade Italia

La Intelligenza artificiale può mettere il robot al servizio dell’essere umano facilitando la gestione di attività che anche il professionista più competente non è in grado di svolgere con efficacia.

Tecnologie come i chatbot, il riconoscimento di oggetti/parole, le analisi avanzate e la capacità di esprimersi e comprendere il linguaggio naturale sono già in grado di sostituire molte delle attività a basso valore come trascrivere testi, rispondere sempre alle stesse semplici domande dei clienti, fissare appuntamenti, o analizzare dati destrutturati.

Secondo Chinelli «i lavoratori esperti non verranno sostituiti, ma, piuttosto le loro capacità verranno aumentate, potenziate, dal momento che saranno questi nuovi agenti cognitivi a svolgere tutti gli aspetti robotici nell’ambito lavorativo».

A conferma di questo punto di vista, Chinelli cita l’ultima ricerca di Avanade, che evidenzia che oltre la metà delle più importanti imprese mondiali è sicura che la intelligenza artificiale agirà a supporto dei lavoratori, invece che in sostituzione dei ruoli già esistenti, e che una grande maggioranza (86%) dei partecipanti alla ricerca crede che le rispettive organizzazioni debbano utilizzare intelligenza artificiale nei prossimi cinque anni per mantenere una posizione competitiva nel proprio settore.

Intelligenza artificiale è anche prudenza

Per Chinelli bisogna essere prudenti nell’approcciare queste tecnologie. Innanzitutto, infatti, c’è un concreto pericolo di attribuire all’intelligenza artificiale e alle sue capacità un ruolo eccessivamente importante nella risoluzione di problemi di produttività: non bisogna confondere produttività ed efficienza, «sono due cose diverse ed occorre considerarle come tali».

«Ad esempio – spiega Chinelli – le aziende inglesi faticano a tenere il passo delle maggiori rivali europee, perché hanno accumulato un ritardo di produttività e producono in cinque giorni quello che Francia, Germania e Stati Uniti producono in quattro».

Il rischio, allora, è di non cogliere il corretto ruolo dei nuovi strumenti, quale è la Intelligenza artificiale, e utilizzarli male.

«Queste tecnologie possono apportare incrementi di efficienza, ma in definitiva la produttività migliora solo allineando le decisioni digitali con i giusti obiettivi strategici. L’automazione intelligente deve essere pertanto finalizzata a uno scopo preciso e implementata attraverso una digitalizzazione dei modelli di business pervasiva e ben progettata. Non va quindi adottata come un mero palliativo tecnologico per far risparmiare qualche minuto all’impiegato della contabilità».

Destrezza digitale

Le aziende dovrebbero poi apprezzare il fatto che nuovi mezzi e nuove modalità di lavoro richiederanno ai propri leader di avere nuove capacità e competenze, una nuova destrezza digitale, per realizzare le strategie definite e stimolare l’adesione attiva del personale al progetto di trasformazione.

C’è sempre timore quando si parla di automazione intelligente. Uno dei migliori modi per superare questo limite è quello di dimostrare quanto tutti dipendiamo già dall’automazione intelligente nella vita, sia in quella personale che professionale (pensiamo a Siri, Echo e i chatbot) che già utilizziamo nelle app del telefono in qualità di consumatori di servizi e prodotti.

Facciamo il caso di un attuale posto di lavoro: il call center. I dipendenti non amano gli incarichi ripetitivi e banali come rispondere alle stesse domande ogni giorno riguardanti gli orari di apertura dei negozi; preferiscono utilizzare le proprie conoscenze per risolvere i problemi dei clienti, cogliendo le sfumature ed esprimendo comprensione nei confronti di clienti infuriati, cercando di calmarli e rassicurarli, mettendoli a proprio agio con fare amichevole e con le giuste domande.

«Non trovo ci sia molto valore – dice Chinelli – nel farmi dettare la configurazione giusta del telecomando tv da un operatore del call center rispetto a farmelo scrivere da un bot. Anzi, probabilmente col bot farò prima, quindi ben venga. Tuttavia se la partita sta per iniziare, sono sicuro che vorrei ricevere il supporto di un operatore che sappia anche intuire la mia frustrazione. L’empatia, ecco un elemento estremamente umano che renderà insostituibile il lavoro delle persone».

Equo bilanciamento persone tecnologia

Quindi si tratta di comprendere le differenti capacità delle persone e della tecnologia. Il successo attraverso l’automazione intelligente arriverà trovando il giusto equilibrio tra abilità umane e digitali, così da completarsi a vicenda e dimostrare successivamente il valore che ne risulta, compresa una forza lavoro più contenta, coinvolta e produttiva.

Per Chinelli «abbiamo una sola opportunità ad ogni generazione, o chissà, forse una ogni cent’anni, per trasformare il modo in cui si lavora, offrendo ai vecchi lavori nuovi significati ed alle persone maggiori soddisfazioni. Mettiamo le macchine al lavoro, per noi, non al nostro posto».

 

 

 

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