Home Soluzioni Manufacturing Cobot e industria: le conseguenze di una svolta

Cobot e industria: le conseguenze di una svolta

Cobot è una parola che indica i robot collaborativi e fa riferimento ai droidi. I fan della saga di Guerre Stellari conoscono già la differenza tra C-3PO e R2-D2: il primo è un androide intelligente che fa il traduttore mentre il secondo è un robot per la manutenzione progettato per collaborare con colleghi umani. Entrambi sono ascrivibili al mondo cobot.

L’Istituto tedesco per la sicurezza e la salute sul lavoro (IFA) utilizza una definizione chiara: “I robot industriali collaborativi sono macchine complesse che lavorano fianco a fianco con gli esseri umani. All’interno di un processo di lavoro condiviso, offrono supporto e liberano l’operatore umano da alcune mansioni“.

Alcuni sostengono che il primo esempio di cobot impiegato a fianco di esseri umani sia stato quando la società danese Linatex ha collocato una macchina di Universal Robots sulla linea di produzione.

Cobot apprendisti

Quello che è fondamentale per capire la natura dei cobot è che in tutti questi casi le macchine lavorano nello stesso spazio fisico delle persone, il che significa che nel tempo impareranno a integrarsi nelle dinamiche di gruppo umane.

Un documento di ricerca presentato nel 2013 al 44° Simposio Internazionale sulla Robotica proponeva un’ulteriore fusione dei modelli di apprendimento umano/robot per sviluppare robot consapevoli dei rischi, in grado di scegliere le azioni da compiere imparando all’interno dei team umani.

Con un incremento annuo del 50%, i cobot sono diventati il segmento che cresce più rapidamente nel mercato della robotica industriale.

Ci si attendono ricavi per 3 miliardi di dollari già nel 2020. Secondo l’Association for Advancing Automation (A3), solo nella prima metà del 2016 i vendor negli Usa hanno venduto 14.583 robot ad aziende in tutto il mondo.

A3 afferma che le imprese automobilistiche statunitensi sono all’avanguardia nell’adozione dei cobot.

In conseguenza di ciò, secondo Bastian Solutions, la produzione di veicoli statunitensi aumenta di circa il 16% all’anno.

Questi nuovi robot sono prodotti da una serie di aziende, tra cui Universal Robots, Kuka Robotics, Fanuc America e Rethink Robotics, ma ce ne sono altre.

Dalla fabbrica alla sala operatoria

Ford utilizza cobot nella sua fabbrica di Colonia, in Germania. Lavorano insieme a 4.000 operatori umani, facendo lavori ripetitivi e pesanti, come ad esempio attaccare le portiere, dipingere i veicoli o montare i motori.

Delegare questi compiti gravosi permette agli operatori umani di “utilizzare maggiormente la loro creatività e la loro mente per far crescere l’azienda”, ha dichiarato Bruce Hettle, VP manufacturing and labor affairs di Ford.

Un robot Baxter di Rethink Robotics lavora presso una società di modanature su misura, Rudin Group. Fa i lavori che i dipendenti detestano, come ad esempio gettare i pezzi avanzati nelle macchine di riciclaggio, un compito rumoroso e noioso. L’azienda è stata in grado di migliorare la produttività grazie a questi sistemi.

Non solo in fabbrica

Ma come ci dice Bernardo Centrone Country General Manager – Southern & Central Europe at Orange Business Services, sarebbe un errore pensare che i cobot possano essere utili soltanto nelle fabbriche: sono già impiegati per la mungitura delle mucche in Svezia e per il riassortimento degli scaffali in alcuni supermercati in America.

Bernardo Centrone Orange Business Services
Bernardo Centrone di Orange Business Services

Sono addirittura utilizzati in situazioni di vita o di morte. Il cobot per la sala operatoria Kuka LBR Med aiuta i chirurghi durante gli interventi chirurgici, segando ossa, eseguendo endoscopie.

I robot stanno entrando anche nella nostra vita quotidiana. Un crescente numero di ricerche esplora come i cobot possano aiutare gli anziani a vivere in modo più indipendente.

Questa potrebbe diventare una necessità con il cambiamento delle demografiche di popolazione: in Cina e Giappone ci sono già oggi più anziani che giovani.

Anche se questi sistemi collaborativi consentiranno guadagni di produttività, amplieranno i budget per l’assistenza e si faranno carico dei lavori più odiati, è chiaro tuttavia che sostituiranno molti posti di lavoro.

Fastbrick Robotics ha sviluppato Hadrian X, un robot in grado di posare 1.000 mattoni in un’ora. A due muratori è necessario un’intera giornata di lavoro per svolgere lo stesso compito.

Da AMA Plastics, cinque cobot hanno in gran parte sostituito gli operai umani impiegati alla catena di montaggio, con la conseguenza che ai lavoratori umani più esperti sono stati affidati ruoli più impegnativi.

Quale impatto sull’occupazione?

Al World Economic Forum hanno previsto che l’automazione connessa ai robot comporterà la perdita netta di oltre 5 milioni di posti di lavoro in 15 nazioni sviluppate entro il 2020. Parimenti anche la considerazione che lavoratori più esperti e competenti occuperanno ruoli di maggiore responsabilità nel nuovo mondo automatizzato appare sensata.

In ogni caso, con l’evoluzione della tecnologia la gamma di compiti che i cobot sono in grado di gestire crescerà inevitabilmente. Di fatto i lavoratori umani stanno già formando i loro sostituti robot in alcuni settori.

Le domande aperte a questo punto sono: Come dovrebbero rispondere i dipartimenti di Risorse Umane a questo cambiamento? E, ancor più importante,:come faranno i governi ad affrontare la sfida di aumentare le competenze dei lavoratori non qualificati che sono stati sostituiti dalle macchine?

 

 

 

 

 

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