In Fiat è il Cfo che stimola l’innovazione

L’uomo “dei conti” è quello con più responsabilità nel favorire l’evoluzione del business che, però, deve essere spinta da chi in azienda è più all’avanguardia

Il Cfo è sempre più spesso protagonista dell’innovazione in azienda. Sembra un controsenso in termini, perché questo personaggio è molto spesso “tirato per la giacchetta” dal Cda e dai responsabili delle varie unità operative, costretto a fare scelte fondamentali sullo sviluppo futuro dell’azienda quando si tratta di spendere e investire. L’evoluzione del ruolo del responsabile finanziario è stata oggetto di un recente convegno organizzato da Hsm, dal titolo “Reinventing the Cfo”. Testimonianza di pregio nel dibattito che ne è scaturito, quella di Richard Palmer, Cfo di Fiat Group Automobiles. «Il vero problema – esordisce – è che la maggior parte del tempo del Cfo è, oggi, speso in attività a basso valore, come la stesura di budget, il controllo e la reportistica di base, mentre una minima quota del suo impegno è profusa nelle attività più critiche, quali l’analisi delle opportunità di business e il supporto alle strategie».

A peggiorare ulteriormente la situazione, c’è anche la congiuntura economica, basti pensare che, nel corso degli ultimi 10 anni, secondo Beyond Budgeting Round Table, il budget della funzione finanza è stato decurtato, in media, dal 3 all’1% rispetto al fatturato. Inoltre, le criticità proprie dell’ambiente di lavoro generano un alto tasso di turnover delle persone all’interno di questa unit, cosa che non allevia la pressione sul Cfo, anzi, la aumenta. L’ambiente aziendale, infatti, è in continua evoluzione e questa figura manageriale è chiamata a trasformarsi. Non più solo uomo “di numeri”, quindi, anche se la sua attività comprende queste incombenze, ma stimolo attivo all’innovazione consapevole del business. Il responsabile finanziario deve diventare un reale anticipatore delle opportunità, ma con spirito critico, avendo sempre un occhio di riguardo al ritorno economico delle iniziative. «Il Cfo è, al contempo, il problema e la soluzione dell’innovazione – puntualizza Palmer -. Infatti, ha la chiave per far sì che le novità permeino tutta l’azienda, anche se non è mai stato abituato a pensare in modo innovativo. Ecco perché bisogna rompere i vecchi schemi, che imponevano al responsabile finanziario di ragionare solo in termini numerici».

Questo presuppone buone capacità di guida perché «la leadership è cambiamento. Nelle realtà tradizionali, il Cfo è costretto a forzare le linee di business per stimolare l’evoluzione che dovrebbe, invece, essere guidata dalla frontiera». Secondo il manager, infatti, l’innovazione deve obbligatoriamente prevedere la comunicazione cross-funzionale e la misurazione di obiettivi, così come l’anticipazione di opportunità di business «perché l’obiettivo del Cfo deve essere quello di migliorare la qualità del numero, ovvero del risultato ottenuto, grazie alla sua capacità di visione prospettica e trasversale». In realtà, è proprio la carenza di una visione a tutto tondo dell’organizzazione la pecca che i più imputano al ruolo. «La funzione finance non sa comunicare, anche se ha un’importanza fondamentale in azienda. In questo senso, le tecnologie It sono un valido supporto ma nulla possono se il Cfo non è in grado di creare un vero e proprio brand “finance”. Questo marchio dovrà essere trattato alla stessa stregua di qualsiasi altra etichetta dell’azienda, per cercare di infondere quella credibilità nella funzione, intesa come fucina di innovazione, che finora è mancata». Per ottenere questo ambizioso risultato, quindi, il Cfo deve iniziare ad «assumersi più rischi, superando i limiti del controllo finanziario per abbracciare una filosofia che vede nella finanza una funzione realmente votata all’innovazione».

Ecco perché, prima di definire gli obiettivi, il manager consiglia di migliorare la conoscenza delle attività d’impresa, per capire meglio tutte le leve che influenzano i volumi, i costi e la redditività. «La mia esperienza in General Electric mi ha insegnato che, per valutare l’andamento delle attività d’impresa, sono sufficienti poche metriche che, però, siano chiare e valide per almeno 3 o 4 anni. Questa finestra temporale potrà, infatti, permettere di fissare degli obiettivi in chiave evolutiva e, soprattutto, garantirà quel respiro sufficiente a sviluppare internamente i talenti». Il che presuppone che il Cfo debba lavorare sempre più alacremente per affinare quelli che vengono comunemente definiti “soft skill”, ovvero l’integrità morale e la trasparenza del suo operato, la capacità di semplificazione e previsione, così come la leadership e lo stimolo al lavoro di gruppo. «Non siamo dei tuttologi – conclude – e la competenza tecnica è solo una base di partenza, sulla quale innestare e far crescere la capacità di governare in semplicità le situazioni più complesse. È impossibile avere la completa padronanza della materia finanziaria, ecco perché esistono il fiscalista, il tesoriere, il contabile e chi si occupa di consolidamento di bilancio. Il Cfo deve preoccuparsi di guidare tutte queste figure, stimolando lo spirito di squadra per non sprecare i talenti ma, al contrario, motivarli». Ecco perché, a detta del manager, compito del responsabile finanziario è aiutare gli altri colleghi «delle risorse umane o dell’It, così come quelli delle altre unit, a capire i numeri per migliorare le performance, trasferendo questo concetto a tutto l’organigramma aziendale. In questo senso, la cosa migliore è liberare tempo, eliminando i fronzoli e i dettagli. L’utilizzo di Kpi e di altri strumenti tecnici ad hoc, in questo frangente, è utilissimo per affinare il controllo sui processi e la qualità, stimolando il raggiungimento di nuovi obiettivi. Bisogna ridurre le ridondanze, i report e i fogli elettronici, utilizzando strumenti più evoluti che migliorino l’equilibrio tra controllo e conoscenza».

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