In bilico l’asta sulle licenze LTE

Il Ministero della Difesa si tiene strette le frequenze e si dichiara disposto a cederle solo dietro corrispettivo economico. A rischio lo sviluppo della banda larga mobile?

L’asta delle licenze Lte è forse l’appuntamento chiave di questo 2011, determinante per lo sviluppo della banda larga mobile.

Ne aveva parlato, poche settimane fa, anche Paolo Bertoluzzo, amministratore delegato di Vodafone Italia, indicandolo come passaggio cruciale di una strategia di investimenti già annunciata, per la quale la società è pronta a mettere sul piatto qualcosa come 800 milioni di euro per aggiudicarsi una delle tre frequenze disponibili.

Quel piatto, però, rischia di non esserci se è vero, come è vero, che le frequenze nello spettro a 2.6 GHz sono in mano alla Difesa e se è vero che il Ministero, come già accadde per Umts e WiMax, è disposto a cederle al corrispondente responsabile dello Sviluppo Economico solo in cambio di un corrispettivo monetario.

La questione rischia di avere un impatto piuttosto pesante, soprattutto perché i 2,4 miliardi di euro che lo Stato avrebbe dovuto ricevere dai Telco a seguito dell’asta, sarebbero stati destinati a copertura della legge di stabilità 2011.

Non è tutto, però.
Nella bozza di decreto si parla di uno sblocco, o per meglio dire, di una dislocazione dei canali dal 61 al 69 sulla frequenza a 800 MHz, finora in mano alle tv locali.

Una notizia che, come è facile intuire, non fa certo piacere alle associazioni di categoria, che hanno annunciato battaglia, chiedendo una audizione immediata al ministero per contestare formalmente la riallocazione della banda 790-862Mhz al mobile terrestre per servizi di comunicazioni elettroniche.

Questione aperta, dunque.
E rischi di ulteriori ritardi dietro l’angolo.

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