Importazione parallela come combatterla

Alcuni distributori hanno accettato di discutere su un tema delicato e complesso come quello dell’evasione fiscale

Non è la prima volta che Computer Dealer & Var affronta il fenomeno legato al mercato parallelo. Le angolazioni sono molte e non è certo semplice parlare di un argomento che tocca comportamenti, “abitudini”, legalità e varie sfaccettature di evasione fiscale. Ma questa volta abbiamo riunito attorno al tavolo alcuni operatori del mercato per capire se fosse mai possibile proporre una policy per combattere, quantomeno, il malcostume legato all’evasione dell’Iva. In queste pagine vi proponiamo il dibattito che ne è scaturito. Per gli amanti della sintesi possiamo dire che sono emersi principalmente due soluzioni: la prima riguarda una manovra che investirebbe il Governo, il quale dovrebbe impegnarsi ad abbassare l’aliquota dell’Iva (che in Italia è al 20 per cento, mentre in altri Paesi europei scende sotto il 10 per cento). In questo modo le società che lavorano attraverso la lettera d’intenti non avrebbero più interesse a chiedere l’esenzione dall’Iva con la scusa dell’esportazione di prodotto, per poi ricevere il rimborso della tassa. La seconda proposta, invece, di cui Sergio Rossi, amministratore delegato di Microtek, si è fatto promotore, suggerisce di costituire una sorta di Bsa degli operatori che vendono componentistica, e che abbiano come “dovere” la non-commercializzazione a quelle società in “odore” di truffa. Voi cosa ne pensate in proposito? Mandateci i vostri commenti. Saranno raccolti e pubblicati sui prossimi numeri di Computer Dealer & Var.

Il fenomeno dell’importazione parallela è piuttosto diffuso tra gli operatori informatici nel nostro Paese, ma è difficilmente quantificabile. Si tratta dell’immissione sul mercato di prodotti a prezzi inferiori a quelli di base, attraverso la pratica dell’evasione dell’Iva. Coinvolge sia grandi operatori sia quelli più piccoli e spesso si rischia di esservi immischiati senza nemmeno saperlo. Vediamo cosa ne pensano alcuni distributori che hanno accettato di partecipare alla tavola rotonda su questo tema.

Come possiamo definire l’importazione parallela e quali sono i comportamenti che la determinano?
Sergio Rossi: Possiamo dire che l’importazione parallela è proprio un insieme di comportamenti commerciali e fiscali che hanno come risultato finale quello di poter immettere sul mercato dei prodotti con prezzi inferiori a quelli di base. I filoni all’origine di questa pratica commerciale sono tre. Il primo deriva da un fatto tipicamente italiano, generato dalla lentezza del nostro fisco che apre voragini economiche nei rimborsi dell’Iva, consentendo esenzioni che sono rischiose per gli operatori che devono portare il prodotto sul mercato. Un altro filone nasce dalle fittizie esportazioni che hanno come conseguenza fittizie importazioni in cui viene evasa o elusa l’Iva. Infine abbiamo delle importazioni reali, in cui avviene un’evasione dell’Iva da parte di chi importa. Questo avviene in genere all’interno dell’Unione Europea.

Ma su quali prodotti è più evidente questo fenomeno?
S. R.: Dai telefonini alle automobili, dai prodotti alimentari a quelli informatici. Ovviamente il fenomeno si manifesta laddove ci sono movimentazioni di merci e si parla di prodotti a elevato valore specifico, cioè dove il costo del trasporto non incide in maniera rilevante. Il fenomeno si verifica più facilmente nei prodotti a basso valore o nei componenti ad alto valore specifico. Se poi il discorso è puramente cartaceo, ovvero finta esportazione, e riguarda procedure mai avviate, la questione è ancora più diffusa e si applica un po’ dappertutto, ma il nostro settore è uno di quelli più coinvolti. Questo fatto è dovuto alle caratteristiche dell’Ict ed è causato dai margini di guadagno molto bassi che
inducono a recuperare guadagni in tutti i modi, ma anche dalla rapida maturità che raggiungono i prodotti, come avviene nel segmento consumer.

Secondo voi, c’è la possibilità di valutare il mercato parallelo? Si parla addirittura del 30% del giro d’affari…
S. R.: Dipende, è molto difficile valutarne l’entità, proprio perché si tratta di un mercato nascosto. Sembra, comunque, che si stia passando dalla diffusione che coinvolge i grandi operatori a un livello di distributori più piccoli e parcellizzati.

Come sono coinvolti i vari operatori, vendor e distri-
butori?
Matteo Restelli: Il problema è molto complesso; difficile dire cosa fanno i vari operatori. Uno rischia di trovarcisi dentro senza saperlo. Io vendo il prodotto e il cliente lo paga, se poi fa un’operazione truffaldina come posso saperlo?

S.R.: Tutti possono essere coinvolti nell’operazione senza saperlo, basta agevolare una linea d’esportazione con qualche forma di esenzione d’Iva, ad esempio. Per questo non trattiamo più questo genere di cose. È il famoso incauto acquisto di cui tanto si parla… bisognerebbe chiedersi come un operatore può fare prezzi così bassi. Certo gli operatori seri e onesti dovrebbero tutelarsi magari costituendo una specie di equivalente della Bsa per il software, ma dovrebbe essere un organismo “super partes” che raccoglie un pool di operatori.

M.R.: La vera complicazione sta nel fatto che il nostro mercato è così dinamico e risulta molto difficile stabilire quali siano i prezzi di riferimento.

Penso che vi stiate riferendo alla componentistica. Ma per quanto riguarda i consumabili? Qui si aggiunge il fatto che esistono prodotti “taroccati” ovvero prodotti simili o compatibili e altre cose del genere, ma questa non è importazione parallela…
M.R.: Si suppone però che questo rischio l’utente lo eviti nel momento in cui acquista un prodotto di marca.
La complicazione deriva dal fatto che il mercato informatico è talmente variegato e dinamico che diventa estremamente difficile riuscire a dare un prezzo di riferimento su cui basarsi. È un fenomeno che coinvolge un po’ tutti i prodotti informatici, processori compresi. Sarà forse scontato dirlo, ma dal nostro punto di vista, avendo a che fare con un listino composto interamente da brand, la soluzione potrebbe essere quella di comprare solamente prodotti che siano di marca.

Vania Bordin: Il problema, nel caso della componentistica, è che l’utente non sa cosa viene installato all’interno della macchina durante l’assemblaggio.

Chi vende prodotti non di marca cosa deve fare per garantire all’utente finale che non ci sono questi problemi?
M.R.: Per sua definizione il prodotto assemblato si presta a essere composto di diversi componenti ed è difficile controllarli tutti. Così come nella carne in scatola pretendiamo che vengano indicati i componenti, così dovremmo pretendere che ci sia un Ente che tuteli il consumatore.
Mentre anche nel caso dei personal computer si dovrebbero adottare regole simili a quelle che vengono utilizzate per i prodotti alimentari, con l’indicazione degli “ingredienti” necessari per la conoscenza e la tutela dei consumatori.

Si tratta comunque di concorrenza sleale tra gli operatori, ma anche l’utente finale può metterci lo zampino…
M.R.: Spesso si parla di incauto acquisto e l’utente dovrebbe domandarsi perché un prodotto costa così poco.
Chi fa il solito “giro delle sette chiese” per cercare il prezzo migliore, passa dal centro commerciale, dal negozio sotto casa o su Internet, perciò sa su quali livelli si aggira il costo effettivo di un prodotto con determinate caratteristiche. Dovrebbe quindi domandarsi come mai un prodotto, con le tali dotazioni, si discosti così tanto nel prezzo rispetto agli altri.

A volte si sente dire che l’importazione parallela non è
tutta negativa. Vuol dire che quando non si trovano prodotti sul mercato l’importazione parallela può aiutare?
Luigi Lischetti: Il fenomeno dell’importazione parallela è molto diffuso nei periodi tranquilli, perché nei periodi di shortage il fenomeno è limitato. Invece di solito il fenomeno si diffonde nel 2°/3°trimestre dell’anno, quando esplode in maniera pesante e poi va a scemare da metà ottobre fino a marzo.
La possibilità di costituire una sorta di Bsa per combattere il fenomeno in questione è una strada percorribile e chi, secondo voi, dovrebbe prendere questa iniziativa?
S.R.: Sia i vendor che i distributori dovrebbero mettersi insieme per combattere il fenomeno. In questo caso bisognerebbe sottoscrivere un codice di comportamento e rendere pubblica la cosa.
L.L.: Ritengo sia una cosa percorribile la possibilità di costituire una sorta di Bsa per combattere l’importazione parallela, e sia i vendor che i distributori dovrebbero mettersi insieme per combattere quanto accade.
I distributori dovrebbero avere la possibilità di dichiara-
re di lavorare onestamente esponendo una specie di cartello. Per i vendor, però, la vedo molto più difficile.

Altre modalità di intervento sul mercato grigio?
M.R.: Certo se l’Iva non fosse al 20% sarebbe meglio, ci sarebbero meno operatori interessati a evadere e una parte del sommerso emergerebbe.

S.R.: Rispetto alla questione Iva va detto che l’attuale situazione è determinata da una norma transitoria dell’Unione Europea che doveva essere cambiata. L’anomalia del nostro Paese sta nella dichiarazione d’intenti, dovuta alle lungaggini dello Stato nel pagare l’Iva, che consente in seguito di ottenere le esenzioni.
Comunque il fenomeno sta diminuendo o meglio si sta “settorizzando”, nel senso che molti operatori storici del mercato si sono tirati fuori da meccanismi pericolosi.
E i distributori disposti ad accettare le esenzioni d’Iva nel trattare i prodotti stanno diminuendo. Ritengo in ogni caso utile l’idea di costituire una forma di associazione, che può essere pubblicizzata, sull’adesione a regole di comportamento predeterminate. È chiaro che non vogliamo perseguire nessuno, bensì autocertificarci.

V.B.: Non ci sono strumenti per verificare questo tipo di azioni truffaldine.

L.L.: La Guardia di Finanza si sta muovendo ma sta facendo oggi verifiche di cinque anni fa, non credo che verrà a capo della situazione in tempi brevi, anche perché si muove in vari settori.

S.R.: Qualsiasi proposta che va al di là del nostro settore rischia di snaturare l’eventualità di un’associazione che miri a contenere il fenomeno.
Ma non ci sono vie alternative a questa sorta di Bsa degli operatori?
S.R.: Si potrebbe richiedere allo Stato una diversa gestione dell’Iva, ma non credo che modi e tempi siano realistici. Comunque, proporre una discussione di livello istituzionale per risolvere il problema non sarebbe sbagliato.
Con l’arrivo della moneta unica si potrebbe far cadere la normativa transitoria, anche se questo significa non regolamentare la materia, che rimane comunque molto complessa e delicata.

M.R.: Già il fatto che molti distributori si stiano rifiutando di vendere a chi chiede l’esenzione Iva sta avendo dei risultati positivi, e il fenomeno risulta essere adesso, forse, meno frequente che in passato.

Esiste la volontà di creare questa associazione per combattere il fenomeno del mercato grigio? Chi di voi si prenderebbe l’impegno di redarre una lettera d’intenti da far circolare tra gli operatori?
S.R.: Io sono disposto a formalizzare una proposta, attraverso una lettera aperta, ma credo che l’iniziativa dovrebbe essere lanciata da un’entità esterna alle società interessate, che non ha nessuno scopo di lucro.

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