Il vanghetto ai tempi di Internet

La logica delle piccole storie per fare di Internet un asset centrale della comunicazione d’impresa.

Layla Pavone non l’ha presa bene.
L’intervento di Giulio Malgara,
presidente dell’Upa, Utenti pubblicità associati, non è proprio piaciuto alla
responsabile italiana dell’International advertising bureau.

Malgara
aveva detto che secondo lui Internet non crea la marca, va bene soprattutto per
vendere il vanghetto (oggetto sconosciuto, se cercate in rete trovate
soprattutto commenti all’intervento di Malgara) ma che comunque, anche se di lui
della rete ci capisce ben poco, oggi anche Internet deve fare parte del
marketing mix.

Un intervento iniziato male ma concluso meglio che ha
provocato però molte reazioni a partire da quella della Pavone.

Per
questo sul suo blog ha scritto una lettera aperta che Malgara, visto la
confidenza dimostrata con la rete, probabilmente non leggerà mai. Sarebbe stata
meglio un classico foglio di carta infilato in una busta, ma ovviamente non è
questo il punto.

Pavone scrive che “Internet e’ un asset centrale
nella comunicazione d’impresa
per l’azienda che produce il mitico
vanghetto ma anche per nomi un po’ più altisonanti come “Procter & Gamble
che ha deciso di pianificare advertising sui siti di social networking (nella
fattispecie My Space) per promuovere il nuovo deodorante Secret Sparale
”.


Poi ci sarebbe anche Unilever che ha raccolto qualche soddisfazione in
rete con Dove che non è altro che un sapone.

All’inizio la Pavone è un
po’ arrabbiata ma poi vira ci mette un po’ d’umiltà dicendo che si rende
assolutamente conto del fatto che e’ ancora necessario fare cultura ed e’
per questo che Iab e tutti i professionisti di questo settore della
comunicazione interattiva si mettono a totale disposizione del mercato per poter
dimostrare con fatti oggettivi che in un ambiente confortevole com e’ l’online,
c’e’ spazio per tutti e che questo “spazio” puo’ essere sfruttato al meglio con
risultati molto positivi
”.

Probabilmente c’è proprio bisogno di
questo, di pazienza e umiltà di case study che raccontano i successi di big come
Unilever ma anche di piccole storie.
Perché quello che vende il vanghetto è
il tipico imprenditore italiano che probabilmente si convince della bontà del
Web se vede che una cosa l’ha fatta il suo immediato concorrente piuttosto che
la multinazionale.

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