Il valore dello storage definito dal software è la gestione unificata

La ricerca annuale di DataCore evidenzia le difficoltà di gestione e migrazione tra modelli e generazioni diverse di dispositivi di storage e flash.

Coinvolgendo 388 professionisti It di tutto il mondo e di diversi settori, DataCore ha realizzato per il quarto anno consecutivo un’indagine per capire quali elementi stiano spingendo la richiesta di Storage definito dal software (Sds).
Il 57% degli intervistati apparteneva a organizzazioni con meno di 1.000 dipendenti, il 23% a realtà con un numero di dipendenti compreso tra 1.000 e 5.000 e il 20% a organizzazioni più grandi.

La ricerca mostra come lo storage definito dal software sia preso in considerazione per semplificare la gestione delle “isole solitarie” di dispositivi di storage (26%) e per ridurne i malfunzionamenti (30%), per proteggere meglio gli investimenti (32%) e per garantire la compatibilità futura dell’infrastruttura con l’integrazione di nuove tecnologie come quelle flash (21%).

Il passaggio all’Sds è interessante se si considera che quasi la metà degli intervistati ritiene la difficoltà della migrazione tra differenti modelli e generazioni di dispositivi di storage l’elemento che gli impedisce di utilizzare prodotti di storage più economici proposti da altri fornitori.

La ricerca evidenzia fra l’altro che i due principali fattori che impediscono di prendere in considerazione modelli e marchi diversi di dispositivi di storage sono la pletora di strumenti necessari a gestirli (41%) e la difficoltà di migrazione tra differenti modelli e generazioni (37%).

Va notato che il 39% degli intervistati non ha a che fare con queste difficoltà, dato che il software indipendente per la virtualizzazione dello storage permette già alle loro organizzazioni di riunire in pool dispositivi e modelli diversi di produttori fra loro concorrenti e di gestirli centralmente.

Oltre la metà dei professionisti che hanno partecipato all’indagine (il 63%) afferma che meno del 10% della capienza è stata allocata su storage flash.

Quasi il 40% degli interpellati sostiene di non avere preso in considerazione nei progetti di virtualizzazione dei server l’utilizzo di tecnologia flash o di dischi allo stato solido a causa dei costi elevati.

Quando gli è stato chiesto quanto il degrado delle prestazioni o l’incapacità di rispondere adeguatamente alle aspettative prestazionali fossero stati un serio ostacolo alla virtualizzazione dei carichi di lavoro dei server, il 23% degli intervistati li ha messi al primo posto, mentre il 32% ha affermato di considerarli in qualche modo un problema per la virtualizzazione.

Come lo scorso anno, la possibilità di aumentare la capienza senza contraccolpi sull’operatività quotidiana (30%) e il miglioramento delle pratiche di disaster recovery e continuità operativa (32%) si sono posizionate ai primi due posti tra le ragioni che hanno portato all’adozione di software per la virtualizzazione dello storage.

Per il ceo di DataCore, George Teixeira, questi dati significano che «uno dei più grandi problemi It che le organizzazioni si trovano oggi ad affrontare è il compito arduo e difficile di gestire la diversità e la migrazione tra differenti marchi, modelli e generazioni di dispositivi di storage. Lo storage definito dal software non è solo pensato per aiutare a riunire in pool tutti gli asset di storage disponibili, ma anche per gestirli end-to-end e per poter aggiungere qualunque tipologia di storage all’architettura esistente. Il tutto si traduce in maggiore produttività e costi contenuti».

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome