Il software contraffatto costa 1 miliardo e mezzo di ore all’anno

Microsoft lancia la sua campagna Play It Safe, sui rischi dell’utilizzo di software contraffatto. Matteo Mille, Direttore della Business Unit a tutela del Software genuino, parla di Software Asset Management e della situazione italiana.

I numeri, presi nella loro essenzialità, fanno effetto da soli.
1,5 miliardi di ore destinate ogni anno alle attività identificazione, riparazione e ripristino dei malware e delle loro conseguenze sui computer di consumatori e aziende.
1,5 miliardi di ore, il cui impatto economico si traduce in 114 miliardi di dollari di spesa.
1,5 miliardi di ore, che significano 62,5 milioni di giorni, oltre 171.000 anni di tempo.
E probabilmente è questa la cifra che fa più effetto, tanto più in un’epoca in cui il tempo vale quanto se non più del denaro.

La cifra è uno dei risultati più evidenti della ricerca sulla pirateria informatica, “The Dangerous World of Counterfeit and Pirated Software”,condotta da Idc per conto di Microsoft, dalla quale emerge tra l’altro che chi utilizza software contraffatto ha maggiori probabilità che la sua macchina venga infettata da malware: si parla infatti di un consumatore su tre e di tre aziende su dieci.

La ricerca è stata presentata in questi giorni, in occasione del lancio della campagna Play It Safe, attraverso la quale la società intende creare consapevolezza in tutto il mondo sui problemi relativi alla pirateria informatica.

Se le cifre citate all’inizio dell’articolo sono eclatanti nel loro aspetto dimensionale, la realtà che emerge dall’indagine non è certo tranquillizzante.
L’utilizzo di software contraffatto ha creato problemi agli utenti, che nel 45 per cento casi hanno dovuto sottoporre le loro macchine a onerose procedure di disinstallazione, esponendoli per altro sia al rischio di perdita di dati, sia al rischio di furto di identità.

C’è ancora un deficit di consapevolezza, sia da parte degli utenti finali, oltre la metà dei quali installa software personali nei pc aziendali, sia da parte dei responsabili It, il 35% dei quali non sembra rendersi ancora conto di come e quanto i software installati dagli utenti aumentino i rischi per la sicurezza dell’organizzazione.

A margine della presentazione della ricerca e dell’iniziativa Play It Safe, Matteo Mille, Direttore della Business Unit a tutela del Software genuino di Microsoft, propone una riflessione più specifica sulla situazione italiana, anche se la ricerca non presenta dati di dettaglio sul nostro Paese.
Facendo riferimento agli ultimi dati disponibili di Bsa, di cui è anche presidente, Mille sottolinea come il tasso di pirateria software nel nostro Paese sia nettamente superiore alla media europea: si parla infatti di una penetrazione del 48% laddove nel resto della regione ci si attesta su un ancora importante ma decisamente più esiguo 33%, con una perdita per l’industria pari a 1.398 milioni di euro.
”La situazione è paradossale – sostiene Mille – . Abbiamo un tasso di pirateria pesantissimo, sia sul consumer, sia sulle imprese di qualunque dimensione, nonostante siamo tra i Paesi che dispongono di una legislazione che favorisce l’uso del cloud e del software a consumo: due possibilità che possono essere sfruttare anche in un’ottica di riduzione dell’illiceità in azienda”.
Tra gli strumenti che la società rende disponibili alle imprese, oltre al sito dedicato, rinnovato proprio in occasione della campagna Play It Safe, particolamente importanti sono le attività Sam – Software Asset Management, attraverso le quali l’azienda offre alle imprese, in collaborazione con i suoi partner, un censimento completo della dotazione software aziendale.
”I riscontri – prosegue Mille – sono particolarmente positivi anche perché con questa attività mettiamo in luce l’importanza di tenere sotto controllo la situazione dell’installato software in azienda, sottolineando nel contempo come l’apparente risparmio originato dall’utilizzo di software pirata può essere completamente annullato da una singola violazione della protezione del network aziendale o da una singola perdita dei dati”.
Negli ultimi tre anni Microsoft ha registrato crescite a tre cifre nell’adozione di programmi Sam, tanto che oggi Mille si dice convinto che nel giro di pochi anni l’iniziativa avrà coinvolto tutti i clienti di dimensioni medio-grandi.

Per molte aziende, racconta ancora il manager, aderire al Sam significa pendere consapevolezza dell’importanza di un parco software censito e gestito in modo efficace, in contrasto con situazione spesso fuori controllo precedenti.
Attraverso Sam è possibile dare coerenza alle incongruenze che inevitabilmente vengono alla luce, apportando miglioramenti anche in termini di gestione e aggiornamento.

Certo, l’approccio non è lo stesso tra una piccola e una grande impresa.
”Con le piccole imprese – prosegue Mille – è importante fare leva sui timori che più le toccano da vicino, come la perdita di dati e informazioni. Con le aziende di più grandi dimensioni il focus è sulla conformità normativa e sui vantaggi del software a consumo”.
Per tutti, poi, c’è la leva della competitività.
Mille ricorda come l’Italia sia ancora inserita nella Watch List americana per la scarsa tutela della proprietà intellettuale: questo significa attrarre meno capitali stranieri, non certo a vantaggio del sistema Paese.

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