Il prestito partecipativo, uno strumento ancora poco diffuso

La condizione per accedere a questo tipo di finanziamento è l’impegno dei soci ad un incremento della patrimonializzazione aziendale

Il cosiddetto “Avviso comune” di agosto 2009 che ha coinvolto Abi, organizzazioni datoriali e Governo, oltre ad introdurre la moratoria sui debiti delle Pmi, ha rilanciato in maniera importante uno strumento che fino ad oggi, almeno nel nostro Paese, non aveva ottenuto grandi consensi: il prestito partecipativo. Snobbato dal mondo imprenditoriale, poco conosciuto, sicuramente impegnativo rispetto ad un finanziamento di stampo classico, questa tipologia di debito a medio termine non era riuscita finora a ritagliarsi una propria nicchia di mercato. Ma adesso le cose potrebbero cambiare. Le banche firmatarie dell’accordo si sono impegnate a metterlo a catalogo e conseguentemente a pubblicizzarlo. Aggiungiamoci la difficoltà ad ottenere credito chirografario a medio termine in questo momento per la stragrande maggioranza delle piccole e medie imprese italiane e avremo creato il clima ideale per lo sviluppo di un prestito che preveda come condizione necessaria per la sua concessione un incremento nella patrimonializzazione aziendale. Sul mercato stanno prendendo corpo una pluralità di prodotti, diversi l’uno dall’altro; nella versione più rigida essi prevedono la concessione di un finanziamento pari ad un multiplo dell’aumento di capitale effettivamente versato dai soci, ma esistono anche tipologie di partecipativi che si accontentano di versamenti diluiti nel tempo o di un generico incremento del patrimonio netto aziendale negli anni a venire, sia esso frutto di aumenti di capitale in senso stretto, di utili non distribuiti, di finanziamenti soci in conto futuri aumenti di capitale o della somma di tutti e tre. La necessità da parte dell’imprenditore di mettere mano al portafoglio, magari unita alla garanzia di un confidi potrebbe costituire l’elemento per superare la contrazione del credito (credit crunch) in atto.



Caratteristiche
Si tratta di una particolare forma di finanziamento a medio termine, inscindibilmente correlata ad un impegno da parte dei soci dell’impresa finanziata ad aumentare la capitalizzazione dell’azienda stessa. L’incremento dei mezzi propri, a seconda del prodotto bancario proposto, può essere perfezionata attraverso un aumento di capitale in senso stretto, attraverso un finanziamento soci in conto aumento di capitale o mediante la rinuncia a prelevare gli utili prodotti dall’azienda durante il periodo di ammortamento del prestito. Questa forma di finanziamento rappresenta una prima risposta del mondo bancario ai vincoli stringenti imposti da Basilea 2 riguardo ad equilibrio finanziario e utilizzo appropriato delle fonti di finanziamento.



Destinatari e soggetti coinvolti
Tutte le imprese, purché in contabilità ordinaria, possono utilizzare lo strumento del prestito partecipativo. Non è tanto la tipologia aziendale a costituire una discriminante all’utilizzo del prodotto, quanto la disponibilità della proprietà a mettere in gioco risorse proprie.


I soggetti coinvolti sono l’impresa, la banca finanziatrice, eventualmente un confidi.



Scopo
La motivazione dell’utilizzo di un prestito partecipativo va nella direzione di promuovere il rafforzamento della struttura del passivo, nonché l’ottimizzazione delle fonti finanziarie aziendali tramite l’intervento congiunto della banca e dei soci, in termini rispettivamente di messa a disposizione di risorse finanziarie aventi caratteristica di mezzi stabili e permanenti e di operazioni volte ad aumentare i mezzi propri (da realizzare tramite immissione di mezzi freschi a titolo di aumento di capitale sociale e/o di finanziamento soci infruttifero in conto futuro aumento di capitale). Rappresenta un’ottima opportunità per reperire liquidità a medio termine non finalizzata, a buone condizioni economiche, spostando nel contempo il baricentro del debito dal breve al medio termine, con benefici evidenti in termini di rating aziendale.



Procedura
Si tratta di un finanziamento chirografario a medio termine, subordinato a un impegno da parte dei soci dell’impresa richiedente a effettuare un “conferimento di capitale” nelle forme sopraesposte (aumento di capitale tout court, finanziamento soci in futuro aumento di capitale, rinuncia al prelievo degli utili durante tutto il periodo di rimborso del finanziamento). Il rapporto tra l’importo del prestito e l’ammontare del conferimento può essere mutevole. Il contratto con la banca concedente può prevedere un rapporto di uno a uno, piuttosto che un moltiplicatore superiore (esempio, a fronte di un conferimento da parte dei soci di 100 euro, la banca concede un finanziamento di 200 euro, piuttosto che di 300 euro). La tipologia che maggiormente si riscontra sul mercato e che incontra il massimo favore da parte delle banche è quella contraddistinta da impegni paritari (rapporto uno a uno), ma esistono anche prodotti in cui l’istituto bancario eroga un multiplo dell’apporto di capitale. Solitamente però in casi similari l’imprenditore versa immediatamente l’intera somma di sua competenza, anziché frazionarla negli anni. La caratteristica saliente del prestito partecipativo rimane però proprio la possibilità concessa alla proprietà di diluire il proprio impegno, in termini di conferimento di capitali, lungo tutta la durata del finanziamento. A fronte di un impegno distribuito nel tempo, la banca eroga immediatamente l’intera somma. Durante ogni esercizio i soci dovranno versare un importo pari alle quote capitali del prestito relative all’esercizio in questione. Il loro conferimento verrà diminuito, per alcune tipologie di prodotti, degli utili prodotti nell’esercizio o incrementato, in caso di perdita, per un valore pari alla medesima.


Normalmente un prestito partecipativo contiene all’interno del contratto anche alcuni covenants supplementari, cioè alcuni impegni economico-finanziari da parte della società finanziata. Normalmente questi obblighi contrattuali riguardano il mantenimento di un certo rapporto tra debiti finanziari netti e capitale netto (il cosiddetto leverage o rapporto di leva). Un valore consueto che spesso si riscontra delle tipologie di prestito partecipativo è il mantenimento di un leverage massimo pari a 4. In sostanza significa che l’impresa si impegna a contenere il proprio indebitamento verso il sistema bancario entro quattro volte l’ammontare del proprio patrimonio netto, inteso come sommatoria di capitale sociale, riserve, utili non distribuiti e finanziamento soci in futuro aumento di capitale.


Normalmente un prestito partecipativo può essere sottoscritto a partire da certi livelli minimali (esempio 100.000 euro) e prevede anche dei massimali per operazione. La durata è normalmente quinquennale, ma esistono sul mercato anche prodotti con un minor numero di annualità (ad esempio 36 mesi).


Il tasso d’interesse può essere sia fisso (in tal caso normalmente legato all’Irs) o variabile (euribor di periodo più spread). Normalmente lo spread si fa più interessante se il rapporto tra il finanziamento e il conferimento è di uno a uno, mentre aumenta negli altri casi. Lo spread non diverge in modo evidente da quello di un’operazione a medio termine “vecchia maniera”. Il plus di un’operazione di prestito partecipativo non sta tanto nell’ottenere un tasso migliore a fronte di un impegno ad aumentare la patrimonializzazione della propria azienda, ma piuttosto nell’ottenere della liquidità a medio termine a un buon tasso, senza necessità di ancorarla ad una spesa particolare (esempio investimenti).


È prassi corrente che un’operazione come quella descritta venga supportata da garanzie consortili. L’utilizzo del Confidi permette di abbassare il costo dell’operazione e di aumentare le possibilità di ottenere una delibera bancaria positiva.


Gli istituti bancari, oltre al tasso d’interesse applicano al prodotto in questione anche una variabile di costo supplementare, rappresentata dalle spese di istruttoria, quantificabili in una percentuale fissa sull’ammontare del prestito, di solito limitata da un minimo e un massimo applicabile (esempio lo 0,25% con un minimo di 50 euro e un massimo di 155 euro).


L’impresa interessata all’ottenimento di questa forma di finanziamento dovrà presentare all’istituto bancario una domanda, corredata dai propri bilanci ed eventualmente da un business plan, che ne evidenzi le ambizioni future. All’interno della richiesta i soci espliciteranno il loro impegno a conferire. Ogni anno l’azienda dovrà poi trasmettere alla banca, ed eventualmente al confidi coinvolto, il proprio bilancio e ogni altro documento atto a certificare il rispetto degli accordi (e quindi l’avvenuto conferimento).


La mancata applicazione di quanto concordato (i soci si impegnano a versare a certe scadenze e poi non rispettano i loro impegni; il rapporto di leverage concordato viene sforato…) pregiudica il proseguo dell’operazione, facendo decadere il beneficio del termine e gli accordi in tema di costo del denaro (spread applicato al finanziamento). In questo caso alla banca è concessa la facoltà di richiedere l’immediata restituzione di quanto ancora dovuto o di aumentare entro i limiti espressi nel contratto di finanziamento, lo spread relativo al mutuo.




Esempio 1
Vediamo un esempio numerico relativo ad un prestito partecipativo “restrittivo”, dove il vincolo per ottenere il prestito sia un aumento di capitale in senso stretto. I soci della società A procedono con atto notarile ad aumentare il capitale sociale della società per un importo pari a euro 100. Sottoscrivono l’intero capitale. Per disposizione di legge sono tenuti a versare il 25% dell’aumento di capitale immediatamente. Provvedono di conseguenza a versare nelle casse sociali 25 euro. I restanti 75 euro verranno versati dai medesimi in cinque anni, 15 euro all’anno. La banca conseguentemente eroga un prestito partecipativo all’impresa A per euro 75, durata quinquennale. L’istituto di credito inserisce all’interno del contratto di mutuo due covenant: che gli utili non possano essere distribuiti per i prossimi cinque anni e che i soci debbano tempestivamente coprire le perdite d’esercizio che dovessero verificarsi nei prossimi cinque anni.





Esempio 2
Un altro esempio, questa volta inerente ad un prestito partecipativo più “morbido”, dove i soci si impegnano ad incrementare genericamente il patrimonio netto dell’azienda. L’istituto bancario Beta concede un finanziamento partecipativo all’impresa A pari a 100 euro, durata 5 anni. I soci dell’impresa si impegnano a conferire a titolo di capitale netto altri 100 euro in cinque anni. Il patrimonio netto dell’impresa dovrà in ogni caso incrementarsi ogni anno almeno per 20 euro rispetto all’anno di partenza dell’operazione. Verranno conteggiati nei 20 euro anche gli utili lasciati a riserva.


Ipotizziamo che negli anni l’azienda ottenga le seguenti performance in termini di risultato d’esercizio:





























Anno 1





Utile 7





Anno 2





Utile 3,5





Anno 3





Perdita 3





Anno 4





utile 7,5





Anno 5





Utile 15






Ipotizziamo che la proprietà abbia optato per un conferimento sotto forma di finanziamento soci in futuro aumento di capitale e che si sia impegnata, come già detto, a non prelevare utili nel quinquennio. I versamenti che la compagine sociale dovrà effettuare saranno i seguenti:





























Anno 1





I soci verseranno 13 euro, pari alla differenza tra l’importo dovuto (20 euro) e gli utili lasciati a riserva.





Anno 2





Il versamento sarà pari a 16,5 euro





Anno 3





L’esercizio si chiude in perdita; oltre ai 20 euro i soci dovranno versarne altri 3; totale 23 euro





Anno 4





L’azienda ritorna in utile; i soci verseranno 12,5 euro





Anno 5





I soci verseranno 5 euro.






Complessivamente, nell’arco di cinque anni, saranno lasciati a riserva utili per 33 euro. I soci sborseranno complessivamente 70 euro, 3 per coprire la perdita del terzo anno e il residuo come complemento degli utili a riserva per raggiungere la soglia minima prevista dal contratto di mutuo.


Alla fine del quinto anno l’impresa avrà completamente rimborsato il finanziamento. Contemporaneamente nel suo stato patrimoniale, riclassificato, all’interno del patrimonio netto, apparirà un finanziamento soci pari a 67 euro. Inoltre le riserve si saranno incrementate di 33 unità grazie agli utili a riserva. Il totale delle due voci ammonterà a 100 euro, come da impegno iniziale dei soci, che inoltre, il terzo anno avranno coperto la perdita d’esercizio con soldi freschi. Il patrimonio netto si sarà quindi correttamente incrementato. Il finanziamento soci in conto aumento di capitale verrà trasformato in un aumento di capitale in senso stretto, con relativo atto notarile. L’operazione si sarà conclusa positivamente.







Glossario
Covenant: obbligo a mantenere determinate politiche di bilancio o determinati rapporti economico finanziari all’interno del bilancio d’esercizio


Business plan: analisi economico finanziaria prospettica dell’impresa in virtù di un nuovo investimento o di una manovra che modifichi in modo sostanziale l’attuale situazione dell’azienda


Duration: durata del periodo di ammortamento di un prestito


Leverage: rapporto di leva; rapporto tra i debiti finanziari (debiti verso le banche a medio e breve termine) e il patrimonio netto (capitale sociale + riserve + utili non distribuiti + finanziamenti soci in conto futuro aumento di capitale)



(per maggiori approfondimenti vedi Finanziamenti e credito, Novecento Media)

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