Il mondo finance stretto fra scadenze e ricerca di efficienza

Analizziamo, con il direttore dell’area Financial Services di Csc Italia, lo stato di un settore che, dal punto di vista It, pare sempre più bisognoso di soluzioni pacchettizzate che non impattino sull’esistente. Per il fornitore di servizi, a livello locale, è la principale fonte di introiti.

C’è un dato che colpisce nella disamina della realtà italiana di Csc. In una struttura organizzativa che indirizza sei mercati verticali (per la precisione, servizi finanziari, moda, industria-commercio & Pa, mercati aperti, sviluppo di business e delivery), il peso preponderante nel giro d’affari complessivo è realizzato dalla divisione finance, con un 40% del totale che, in pratica, raddoppia il valore realizzato a livello corporate. Il dato è, ovviamente, motivo d’orgoglio per Salvatore Anello, direttore di questo ramo d’attività, ma, allo stesso tempo, è fonte di responsabilità particolari, specie in una fase congiunturale non troppo favorevole come quella che stiamo attraversando. Con il manager, abbiamo cercato di comprendere meglio le attuali dinamiche del comparto, ma anche, in prima battuta, le ragioni di un successo “locale” così marcato.


“Csc è oggi il più importante vendor mondiale di package per le banche – rileva, innanzitutto, Anello – abbracciando tutte le aree operative del settore, dallo sportello al back office, fino alle attività di management. Le assicurazioni, invece, hanno una tradizione più orientata alle applicazioni customizzate, ma negli ultimi tempi si stanno a propria volta indirizzando maggiormente verso i pacchetti. Csc può far leva sul fatto di potersi presentare con una filiera completa di prodotti, attirando così i clienti che vogliono affidarsi a un unico punto d’acquisto”. Chiaramente, questo è un approccio valido già a livello corporate, laddove parte un’impostazione di tutte le strategie che non ha mai perso di vista il concetto di industry, cosa che consente all’azienda di presentarsi ai mercati conoscendone le specificità e ai suoi manager locali di poter far leva su soluzioni rifinite a livello di multinazionale.


Per venire agli aspetti più tipicamente locali, la forza di Csc si fonda su specifiche applicazioni, come ad esempio, cita Anello, “nel campo della riassicurazione, che proprio nel nostro Paese sta assumendo un’importanza particolare negli ultimi tempi. Anche qui c’è una tendenza ad accogliere soluzioni meno personalizzate, anche se lo sforzo di implementazione nelle singole realtà dell’utenza resta elevato”. A questo si può aggiungere il peso di una politica di acquisizioni che, a livello locale, è andata ad attingere parecchio nel settore delle applicazioni finanziarie. Infoser, soprattutto, era un’azienda specializzata, con competenze e credenziali particolarmente evidenti nella gestione del portafoglio e nell’area dei crediti. Ma anche la più complessa Informatica, acquisita due anni prima, nel 1999, ha portato in dote un rapporto consolidato con Reale Mutua e una soluzione di application management che aveva trovato riscontro in realtà come l’Istituto bancario S. Paolo o la Banca Nazionale del Lavoro.


L’indotto delle acquisizioni e la strategia a livello multinazionale hanno costituito l’ossatura dell’attuale portafoglio Csc di soluzioni di business, con le quali si è ampliato il mercato interno. “Di recente, abbiamo avviato un rapporto di collaborazione con il gruppo Intesa, tant’è che già ora gestiamo il 40% delle loro applicazioni, più di quanto facciano altri concorrenti nel campo dei servizi”, specifica Anello. Un altro punto forte per Csc è l’offerta di Ict management. “Banche e assicurazioni – riprende il manager – hanno in buona parte portato all’esterno l’informatica, costituendo società specifiche. Questo consente loro di evidenziare e controllare meglio i costi reali dell’It. Le nostre proposte in tema di data warehouse o di gestione del flusso di informazioni sono vincenti se si entra in questo contesto”.

Il core del banking


Di matrice internazionale, ma con una certa rilevanza anche a livello locale, è il tema del rifacimento del core banking. La tradizione, nel nostro Paese, vuole che ci sia stato per molto tempo lo strapotere dei fornitori di hardware, capaci di imporsi nelle scelte degli utenti bancari e di far passare così anche i propri sviluppi applicativi, oltre ai sistemi. Csc dispone di Hogan, una suite applicativa completa equivalente a ciò che Sap propone all’industria. “Ma da noi questo approccio totalitario non ha mai attecchito – spiega Anello – perché implica l’abbandono dell’esistente e il passaggio a qualcosa di completamente rinnovato. Allora, un maggior appeal presenta K 3000, un sistema che incapsula i legacy esistenti, mantiene i front end di sportello e su questa base va a costruire nuove applicazioni verticali”.


Ma quali sono la scadenze e le aree di maggior concentrazione negli investimenti tecnologici per il settore finanziario nel breve e medio termine? Secondo Anello, l’adesione allo standard Ias (International Accounting Standards) è l’elemento di maggior pressione. Entro il 2005, infatti, tutte le società Ue dovranno redigere i bilanci in accordo con i principi contabili internazionali e, quindi, già entro giugno occorrerà essere pronti per il processo di uniformazione, dovendo mettere in conto una fase di test. Poi, c’è Basilea II, la normativa continentale in materia di credito bancario e valutazione d’impresa, che presenta tempistiche analoghe a Ias, ma differite di un anno. “Questi sono appuntamenti inderogabili per il mondo finance – conferma Anello – e per il supporto tecnologico occorrono soluzioni a basso impatto, di tipo package, specifiche per la problematica, ma capaci di sovrapporsi all’esistente. Csc, in particolare, ha a disposizione IasMine, un sistema di gestione dei flussi contabili che si interpone tra i sistemi operazionali e la contabilità generale, rielaborando i dati ricevuti dai sottosistemi e fornendo le informazioni richieste per la stesura dei nuovi bilanci. Con lo stesso principio, viene proposto BaselMine, un database operativo per le problematiche legate a Basilea II”.


Se quelle appena citate sono tappe evolutive obbligate, sembra esserci poco spazio per sviluppi, pure attesi e più volte annunciati, in direzione del Crm o del Web banking. “È molto difficile pensare che, almeno in tempi brevi, partano progetti di questo genere – sostiene il manager di Csc Italia -. Oggi le banche italiane dispongono di un buon livello di automazione, anche perché hanno iniziato presto a convertirsi. L’impennata di investimenti più recente risale alle scadenze per l’Anno 2000 e all’introduzione dell’euro, ma ne stanno arrivando altre, come già visto. Inoltre, anche il mondo finance condivide, con il resto dell’economia, la necessità di contenere i costi. Già la sopravvivenza genera spese crescenti, perché implica maggiori consumi e perché le risorse umane qualificate si trovano con difficoltà. Pertanto, le aziende non possono che intervenire sulle aree discrezionali, perdipiù se queste non danno garanzie certe sui ricavi”.

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