Il diritto d’autore? Anche per i software liberi

Sentenza della Corte Costituzionale. Il fatto che un software sia “libero” non implica che l’utente non debba rispettare alcune regole.

Diamo notizia di un’importante sentenza emessa dalla Corte Costituzionale italiana a proposito di software libero che riporta l’ordine in una materia evidentemente ancora non ben compresa nel nostro Paese.

Con questa disposizione, la Corte ha riconosciuto l’illegittimità costituzionale di alcuni articoli della legge della Regione Piemonte 26 marzo 2009, n. 9 ("Norme in materia di pluralismo informatico, sull’adozione e la diffusione del software libero e sulla portabilità dei documenti informatici nella pubblica amministrazione"). Secondo quanto previsto all’articolo n.1 di tale norma, non si sarebbero dovute applicare le disposizioni a tutela del diritto d’autore per quanto concerne i programmi afferenti alla categoria del "software libero".

Differenze fra software libero e proprietario
Con il termine "software libero" si fa riferimento alla tipologia di licenza prevista per l’utilizzo di un’applicazione. Rispetto ai "software proprietari", le licenze d’uso dei software "liberi" danno la facoltà all’utente di eseguire il programma per qualunque scopo, di consultare il codice sorgente dello stesso ed eventualmente di modificarlo, di copiare e ridistribuire il programma senza alcuna limitazione.

Il fatto che un software sia "libero" non implica però che l’utente non debba rispettare alcune regole. Anche questa specifica tipologia di software, infatti, implica l’accettazione di una licenza d’uso le cui clausole possono essere più o meno restrittive.

La Corte Costituzionale ha quindi sanato un errore commesso dal legislatore ribadendo come le licenze "copyleft" (concedono agli utenti la facoltà di utilizzo, libera diffusione e spesso anche modifica), sulle quali poggiano i software liberi non equivalgono ad una rinuncia del diritto d’autore sull’opera realizzata (in questo caso, un programma per elaboratore).

Piena legittimità è invece espressa nei confronti della preferenza, evidenziata nella legge della Regione Piemonte 26 marzo 2009 n. 9, per quanto riguarda la scelta dei "software liberi". Per la Corte Costituzionale appare quindi legittimo favorire il software libero dal momento che è stato rispettato il principio della libera concorrenza.

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