Il cloud è una via per uscire dal guado

Secondo il senior Vp di Idc, Frank Gens, per reagire alla crisi l’It deve passare “dalla nuvola”. Un panel fra fornitori e utenti lo conferma

Per tratteggiare il quadro dell’It che ci attende, Frank Gens, senior vice president e Chief analyst di Idc, durante l’Innovation Forum 2009, organizzato recentemente dalla sua società a Milano, ha sgombrato il campo da un dubbio: It non equivale a innovazione. Ne è solo la base. Per fare innovazione ci vogliono persone che abbiano idee e sappiano tradurle in pratica grazie a quelle messe in campo dall’It. E una grossa idea che l’Information technology ha saputo proporre nell’ultimo periodo è il cloud computing, o meglio, i servizi che ne derivano.

Per comprenderne il valore, secondo Gens, bisogna fare luce su alcuni elementi. In primis, i servizi cloud si usano in tempo reale su Internet. Ciò significa che devono essere condivisi, virtualizzati e basati sugli standard del Web. In tal modo l’infrastruttura tecnologica può diventare essa stessa un servizio cloud: server, piattaforme, storage, strumenti di gestione, applicazioni, tutto può essere virtualizzato. Al pari, si trasmette l’effetto della virtualizzazione anche alle aree di applicazione, dal retail al finance, dalla supply chain al Crm.

Stando a quanto percepito dagli utenti, i servizi cloud sono importanti perché, sostanzialmente, più veloci da creare e implementare nonché meno costosi, nella misura in cui si può riuscire a pagare solo quel che si utilizza.

Qualche dubbio rimane sui fronti della sicurezza, delle effettive prestazioni (la pietra di paragone è l’infrastruttura residente in azienda) e della disponibilità. Oggi si usano principalmente per gestire le applicazioni (di business, di gestione, collaborative e personali) ma, guardando la curva di adozione, secondo Gens, siamo ancora nella fase pionieristica di introduzione della tecnologia (spiccano alcuni nomi noti, come Allianz, Nasdaq o Sanofi). Ai fornitori è sostanzialmente chiesto di praticare prezzi bassi, fornire livelli di servizio adeguati e comprendere le esigenze dei clienti. Ossia il massimo. Del resto, secondo Gens, oggi i Cio sono alle prese con un problema di “quadratura del cerchio” ed è logico che le loro richieste nei confronti di una metodologia promettente siano elevate. «I Cio – ha detto – sono all’imbocco di un percorso che li porterà all’automatizzazione delle procedure, dopo essere passati dalla fase di consolidamento dei costi di gestione e di virtualizzazione, semplificando le infrastrutture».

Entro il 2012, secondo il senior Vp di Idc, convivranno due tipologie di spesa It, quella per le componenti tradizionali e quella per i nuovi servizi sulla Rete, quest’ultima con un tasso di crescita maggiore, come dimostra una survey fatta da Idc dopo l’esplodere della crisi, che ha rivisto al rialzo la componente di spesa per i servizi on demand.

Nel corso dell’Innovation Forum, poi, sono state messe a confronto alcune opinioni che gravitano sul ruolo reale del cloud nello stabilire un nuovo paradigma abilitante l’innovazione. Il tema, proposto dal presidente di Idc, Roberto Masiero, è stato raccolto da alcuni dirigenti del mondo dell’offerta e da utenti di primo livello.

Proprio in veste di utente, Gianluigi Castelli, Cio di Eni, ha confessato di osservare attentamente il cloud, con qualche distinguo: «In passato il mondo dell’It ha sempre fallito nel definire gli standard veri, e per il cloud sono, invece, necessari. In questo senso l’It dovrebbe prendere esempio dalle Tlc, che gli standard li ha saputi trovare e applicare».

E da uomo di It, Pietro Scott Jovane, Ad di Microsoft, ha ricordato come «l’It d’efficienza fa fare cose nuove in tempi brevi. Il cloud è importante perché riesce a tenere il passo con le richieste di riduzione dei costi che vengono fatte all’It, ma non è una soluzione assoluta. Più praticabile è un mix con l’It esistente».

Per Luigi Freguia, Ad in Italia di Hp e di Eds, il cloud può essere da subito un vantaggio per chi non ha infrastrutture legacy complesse: «Il vantaggio è l’accessibilità. Per esempio per le Pmi, dove le barriere all’accesso alla tecnologia sono ancora alte, può essere una soluzione dirompente. Il cloud però richiede una governance dell’It forte. Bisogna avere una visione end-to-end dei processi».

Provocatoria, con accezione positiva, la posizione espressa da Maria Grazia Filippini, Ad di Sun: «Se ci pensiamo bene, non c’è nulla di particolarmente innovativo nel cloud, logica conseguenza di quanto si sta facendo da tempo». Bisogna, invece, stare attenti alle insidie. «Oltre al beneficio della flessibilità – ha osservato – diamo per scontata anche l’interoperabilità. Ma ci sono anche costi emergenti, come quelli legati alla conservazione dei dati non strutturati. E quando si lavora sulla rete si fanno tante operazioni che andrebbero memorizzate».

E sulle infrastrutture per sostenere il cloud, Giuseppe Verrini, Ad di Adobe, cita per esempio E-gov 2012 ed Expo 2015 come grandi opportunità che, se ben colte, consentiranno di fornire quelle infrastrutture che servono al paese e al nuovo modello di computing.

Secondo Giovanni Rando Mazzarino, senior vice president e Cto di Lottomatica, «quando si parla di livelli di servizio vanno considerati tempi e affidabilità. Poi bisogna pensare che le infrastrutture non sono statiche, ma crescono. Fare innovazione, quindi, è sinonimo di dare sostenibilità. La stessa cosa accade nel paese. Il 2.0 può essere uno stimolo, anche per cambiare la Pa. In questo senso l’It è un fattore di rottura. Ci sono tante best practice isolate che potrebbero, invece, essere coniugate e applicate con la forza dell’It».

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