Il Cio si avvicina sempre più al Ceo

Primi risultati del Top Circle la comunità dei top manager dell’Ict creata da Hp in collaborazione con la School of management del Politecnico di Milano

Gli it manager stanno
diventando sempre più degli uomini di business, continuano a padroneggiare la
tecnologia ma sono chiamati a gestirla con sempre maggiore attenzione ai
risultati delle imprese. Grazie a questa evoluzione sono entrati
ufficialmente nel gruppo del top management
delle imprese e in larga
misura “riportano” direttamente all’amministratore delegato.
La figura
dell’It manager o Cio (Chief information officier) è per definizione in
evoluzione ma è anche assolutamente strategica per tutti i processi di
innovazione delle imprese e per monitorare i temi caldi di questo processo
evolutivo Hp e la School of management del Politecnico
di Milano
hanno dato vita al Top Circle una comunità
di top Ict manager che sono anche i protagonisti di una ricerca sul nuovo ruolo
dell’It manager.
Nicola Aliperti, amministratore delegato Hp
italiana
ci tiene soprattutto a sottolineare l’importanza del metodo.
«Il ruolo dell’It manager è sempre più strategico ed è sempre più un timoniere e
un gestore dei grandi cambiamenti delle imprese. Top Circle e la ricerca
condotta con il Politecnico hanno prima di tutto lo scopo di individuare un
metodo di indagine che siano in grado di interpretare correttamente questa
evoluzione, anche per poter misurare e parametrare le successive
evoluzioni».
E dall’indagine emergono innanzitutto due fenomeni:
«Innanzitutto – spiega Umberto Bertelè, presidente della School of
management del Politecnico di Milano
il Cio scala la gerarchia
delle imprese e la sua voce si fa sentire regolarmente dal top management, anche
se
– precisa – non sempre a questo fenomeno corrisponde un eguale
potere effettivo
». L’altro aspetto riguarda la fisionomia: «abbiamo
riscontrato una dicotomia tra un Cio “esteso” che allarga le
proprie responsabilità anche ad altre direzioni come ad esempio nell’ambito
della qualità, e un Cio “Change manager” cui viene affidato un
ruolo di guida dei grandi processi di cambiamento delle imprese
». In questa
seconda ipotesi si profila una evoluzione del Cio in direzione Cto (Chief
technology officer) con mansioni e responsabilità che investono tutti i processi
di innovazione, anche quelli non Ict.
Si tratta in questo secondo caso di un
ruolo tipico delle imprese in cui l’Ict è fortemente integrata nei prodotti e
nei processi produttivi, come ad esempio nel mondo Telco dove l’It non è più un
“semplice” supporto ai processi ma è il “processo stesso”. Ora questo fenomeno
inizia a far capolino anche in altri comparti «a testimonianza del fatto che
i processi di innovazione sono sempre più spesso guidati dall’It
».
In
una evoluzione che porta l’It manager ad assumere un ruolo sempre più
manageriale quali sono le competenze che dovranno essere sviluppate per
assolvere ai nuovi compiti? La ricerca indica alcune linee guida: «Serve una
competenza tecnologia meno spinta sui prodotti e più orientata alle
strategie
– spiega Andrea Rangone, professore di strategia e sistemi di
pianificazione del Politecnico – cresce una cultura professionale in grado
di gestire progetti e disegnare architetture. Servono poi maggiori competenze
gestionali, come ad esempio project management, change management, process
reingeneering. Serve poi la capacità di saper internalizzare le competenze dei
fornitori e integrare culture e competenze a vari livelli, non solo It, ovvero
serve una grande capacità di relazione perché l’It manager tende ad affermarsi
come una figura inevitabilmente coinvolta in tutti i processi aziendali con
forti relazioni in tutte le direzioni
».
Cresce in questo scenario il
peso di un tema che da diverso tempo fa ormai capolino sul desk dell’It manager
vale a dire la It Governance. «Agli It manager
spiega Rangone – viene chiesto con sempre maggior intensità di governare
saldamente tutte le decisioni relative all’Ict in modo da tenerle allineate con
il business dell’impresa e dunque con l’identificazione di modelli di relazione
e di modelli decisionali che consentano di attuare e mantenere attivo questo
allineamento
». Il che vuol dire capacità di parametrare tempi e “costi” dei
progetti in funzione delle linee guida disposte dall’impresa e il funzione del
contesto nel quale l’impresa si trova ad operare.
I modelli di riferimento
sono tanti e diversi tra loro e dalla ricerca non emerge uno “stile prevalente”.
«Il quadro è estremamente eterogeneo in funzione di diverse priorità e
diverse sensibilità. La Governance non è affrontata in modo sistemico e
strutturato bensì con un approccio che spesso viene dettato dalla volontà di
risolvere le situazioni più critiche o con una visione incrementale del problema
pensata per agire sul piano locale estendendo poi il modello ad altre
aree
».
Governance vuol dire anche organizzazione ed è su questo soggetto
che l’It manager è chiamato ad accelerare il proprio cammino evolutivo. Il
cambiamento è la regola ferrea che governa la maggior parte delle imprese e il
cambiamento, come più volte sottolineato, passa attraverso l’It o è guidato
dall’It. Per mantenere saldamente in mano questi processi l’It manager deve
esprimere una organizzazione della propria struttura che sia adeguata a questa
missione: «La ricerca ha messo a fuoco che questi cambiamenti sono di fatto
il frutto di un diverso equilibrio tra il “centro” e la “periferia”. Si passa
infatti da casi in cui il centro svolge un ruolo “soft” di indirizzamento e di
indicazione di linee guida a casi in cui il centro gestisce tutto, dalle
decisioni strategiche, alla scelta dei prodotti allo sviluppo. In funzione del
ruolo che l’It centrale intende giocare cambia anche il suo controllo sulle
risorse finanziarie e umane e cambia il “peso” dell’Information technology
d’impresa
».
In termini di macrostrutture la ricerca evidenzia una lieve
preferenza verso le strutture funzionali pure, basate su unità
organizzative di primo livello che corrispondono alle fasi principali del ciclo
di vita di un progetto. Seguono come preferenze le strutture
divisionali
interpretate nella logica di prodotto o di mercato o
ibride. Non mancano comunque esempi misti, matriciali, che
puntano a far coesistere una base funzionale con una sovrastruttura divisionale.
«Molte di queste organizzazioni – conclude Rangone – sono il frutto
dei cambiamenti continui che hanno caratterizzato l’It delle imprese stimolati
sia dalle spinte all’innovazione delle aziende sia dalla evoluzione delle
imprese stesse in termini di fusioni, acquisizioni, integrazioni, tutti processi
che chiedono costantemente all’It di individuare nuovi modelli
organizzativi
».

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