I social media fanno crescere l’insicurezza tecnologica

Una ricerca del Ponemon Institute, sponsorizzata da Websense, evidenzia la preoccupazione degli It e security manager di fronte alla diffusione e all’uso in azienda di Facebook,Twitter, LinkedIn e simili. Scarse le strategie di difesa adottate, soprattutto in Italia.

I professionisti dell’It comprendono l’importanza dell’uso dei social media sul luogo di lavoro, ma sono preoccupati dalla consapevolezza di non disporre degli adeguati strumenti (tecnologici e di policy) utili per mitigare i rischi connessi al fenomeno.

Il dato emerge dall’ultimo studio pubblicato dal Ponemon Institute, sponsorizzato da Websense e condotto intervistando 4.640 manager dell’It o della sicurezza a livello mondiale. I professionisti interpellati hanno una media di dieci anni di esperienza sul campo e il 42% appartiene a grandi aziende.
A livello globale, la grande maggioranza ritiene accettabile l’uso dei social media per costruire relazioni e supportare la collaborazione, in un’ottica di business.

Tuttavia, in Italia il 52% ritiene che questi strumenti rappresentino una seria minaccia alla sicurezza aziendale (nel mondo è il 63%). Inoltre, il 30% è consapevole che nella propria organizzazione non ci sono i controlli necessari per ridurre i rischi all’uso dei social media.
I maggiori problemi sorgono dallo scarico di applicazioni che possono contenere malware.
Il timore pare supportato dal fatto che, sempre in Italia, il 47% degli intervistati ha sperimentato un aumento di virus e simili dovuto all’utilizzo dei social media in azienda (51% nel mondo). Antivirus, sicurezza a livello di endpoint e secure Web gateway sono stati indicati come i migliori strumenti per la protezione. A seguire, troviamo identity & access management, gestione dei dispositivi mobili e data loss prevention.

Va però notato come il 49% delle imprese italiane non conosca l’esistenza di policy per l’informazione ai dipendenti sul corretto uso dei social media e un ulteriore 29% ha maggiori informazioni, ma comunque non applica alcuna policy. Solo il 22% ha una policy e questo contrasta con una media mondiale superiore al 35% (il 60% per le imprese tedesche).

Nel 60% dei casi, l’ampiezza di banda è stata aumentata per adeguarsi all’uso dei social media, mentre in Italia la percentuale scende al 49%.
La sensazione diffusa è che in azienda si usino Facebook, Twitter e simili sia per obiettivi di business che per interessi personali, con una media di 30 minuti per ognuna delle due cose. Ne discende che la diminuzione di produttività e l’aumento della banda siano le due conseguenze più negative legate al fenomeno esaminato.

Le conclusioni che si possono trarre da questi dati portano alla necessità di comprendere meglio i rischi che si generano nell’ambiente lavorativo, monitorare l’attività Web e creare policy che indichino le procedure da seguire per l’uso dei social media sul luogo di lavoro. “Resta il fatto che l’evoluzione del malware, certamente legata anche alla diffusione dei siti sociali e della loro consultazione da device mobili rende sempre più inevitabile una protezione che si collochi a livello dei dati e non più solo sul perimetro o sul dispositivo”, commenta Maurizio Garavello, vicepresidente sales Cemea di Websense.

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